LA RICOSTRUZIONE DELLA STRAGE DI CAPACI, DOPO 30 ANNI, PER RICORDARE IL SACRIFICIO DEGLI EROICI SERVITORI DELLO STATO
Abstract: Nel 30° anniversario (1992-2022), la ricostruzione degli ultimi istanti di vita dei magistrati Giovanni Falcone, che aveva 53 anni, e di Francesca Morvillo, che aveva 46 anni, e dei poliziotti della scorta Vito Schifani di anni 27, Antonino Montinari di anni 29, Rocco Dicillo di anni 30. Il grande attentato sull’autostrada siciliana nei pressi dell’uscita di Capaci, deciso dalla Commissione interprovinciale di Cosa Nostra, presieduta da Salvatore “Totò” Rina, riunita nei presi di Enna tra settembre e ottobre 1991. Con la strage di Capaci cominciano le c.d. “stragi del 1993”, l’avvento del terrorismo mafioso che portò l’attacco allo Stato per costringerlo alla c.d. “Trattativa Stato-Mafia”.
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La strage di Capaci del 23 maggio 1992
Autostrada A29, nel territorio comunale di Isola delle Femmine, nei pressi dell’uscita di Capaci, alle ore 17:57 del 23 maggio 1992, mentre transitava l’auto che trasportava i giudici Giovanni Falcone (1939-1992) di 53 anni e Francesca Morvile (1945-1992) di 46 anni, coniugi ed entrambi magistrati, con altre due auto di scorta, venne fatta esplodere una miscela esplosiva con potenza pari a 500 kg. di tritolo che uccise i due giudici e tre uomini di scorta.
Il pulsante che causò l’esplosione fu premuto da Giovanni Brusca (1957), soprannominato “u’verru” [il verro ossia il maschio del maiale] noto anche come “scannacristiani” per la sua criminale ferocia, diventato in seguito collaboratore di giustizia, con lui c’era Antonino Gioé (1948-1993), suicida nel carcere di Rebibbia a pochi mesi dall’attentato, impiccato alla grata della sua cella lasciando una lettera in cui tentava di smentire le dichiarazioni per le quali era stato intercettato, temendo una vendetta trasversale sui suoi parenti.
Il gruppo assassino era appostato su una collinetta dalla quale poteva vedere bene lo scenario dell’attentato, poco prima del quale era stato abbandonato un frigorifero che serviva da mirino per attivare il teelcomando calcolando il ritardo di attivazione dell’esplosivo in funzione del movimento delle macchine del corteo che trasportava Falcone.
La partenza del corteo e l’avviso al gruppo di fuoco
Il 23 maggio Falcone e la moglie Francesca Morvile atterrarono alle 17:45, puntualissimi, all’aeroporto di Palermo-Punta Raisi provenienti da Roma, dal Ministero di Grazia e Giustizia dove lavoravano chiamati dall’allora guardasigilli Claudio Martelli, che poi si scoprirà essere anche lui uno dei bersagli degli attentati mafiosi.
Domenico Ganci (1958), detto Mimmo, figlio del boss Raffaele che aveva votato per l’omicidio del giudice, che sta scontando l’ergastolo a Rebibbia, come vide muovere le auto della scorta avvisò prima Giovan Battista Ferrante (1958), che erano appostato in auto nei pressi dell’aeroporto con Salvatore Biondo (1956), detto “u’lungu” per distinguerlo da suo cugino, che sta scontando l’ergastolo in regime di 41-bis a Rebibbia, e poi Gioacchino La Barbera (1959), che in seguito diverrà collaboratore di giustizia e per questo gli fu ucciso il padre.
Appena il corteo composto dalla macchina che portava i giudici e delle due di scorta arrivò sull’A29, Gioacchino La Barbera lo seguì con la sua macchina su una strada parallela all’autostrada restando in contatto telefonico per 3-4 minuti con Antonino Gioè, che era appostato con Giovanni Brusca su una collinetta sopra Capaci, dalla quale si vedeva bene il tratto autostradale interessato e che oggi, con la scritta sul muro “NO MAFIA” è diventato un monumento antimafia.
L’esplosione
Alla vista del corteo delle blindate, Antonino Gioè che osservava con il binocolo diede l’ok a Giovanni Brusca, che però ebbe un attimo di esitazione, avendo notato le auto di scorta rallentare a vista d’occhio, era successo infatti che Giuseppe Costanza, autista giudiziario che era nella vettura con i due giudici, aveva ricordato a Falcone che guidava che avrebbe dovuto restituirgli le chiavi dell’auto e lui le rimosse e cercò di dargliele, ma l’autista gli chiese di reinserirle per evitare il rischio di incidente.
Dopo questa breve esitazione, Giovanni Brusca premette il pulsante e la tremenda esplosione sollevò la strada.
La prima auto del corteo, una Fiat Croma blindata marrone, saltò in aria sbalzata dal manto stradale in un giardino di olivi ad alcune decine di metri di distanza, uccidendo sul colpo gli agenti di scorta Vito Schifani (1965-1992) di anni 27, agente della Polizia di Stato, Antonino Montinaro (1962-1992) di anni 29, assistente della Polizia di Stato, Rocco Dicillo (1962-1992) di anni 30, agente scelto della Polizia di Stato.
La seconda auto, una Fiat Croma blindata bianca, guidata da Giovanni Falcone con accanto la moglie Francesca Morvillo e l’autista Giuseppe Costanza seduto sul sedile posteriore, si schiantò contro il muro di asfalto e detriti improvvisamente innalzatisi per via dello scoppio, proiettando violentemente il giudice e la moglie, che non indossavano le cinture di sicurezza, contro il parabrezza.
Si salvò la terza macchina di scorta che seguiva, una Fiat Croma azzurra, con i poliziotti Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.
La morte di Giovanni Falcone e Francesca Morville
Gli agenti di scorta sopravvissuti riuscirono a estrarre l’autista Giuseppe Costanza, che si trovava sul sedile posteriore vivo in stato di incoscienza.
Anche il giudice Falcone e Francesca Morvillo erano ancora vivi e coscienti, ma versavano in gravi condizioni, grazie all’aiuto degli abitanti della zona intervenuti dopo aver sentito l’esplosione , si riuscì a tirare fuori la moglie del giudice dal finestrino, ma per per liberare Falcone dalle lamiere accartocciate fu invece necessario attendere l’arrivo dei Vigili del Fuoco.
A causa dei gravi traumi e delle emorragie interne, Giovanni Falcone morì in ospedale alle 19:05 tra le braccia di Paolo Borsellino, Francesca Morvillo morì poco dopo le 22:00 mentre era sottoposta a intervento chirurgico per tentare di strapparla alla morte.
I misteri irrisolti
- L’attentato fu realizzato mentre il parlamento era in seduta comune per l’elezione del presidente della Repubblica, era favorito Giulio Andreotti e, in seguito a questo attentato, contro ogni previsione fu eletto immediatamente il magistrato Oscar Luigi Scalfaro.
- Non si è mai chiarito se la scelta di realizzare l’attentato in quello specifico momento fosse casuale.
- Nessuna certezza si è raggiunta “in sede processuale sull’identità della fonte che aveva comunicato alla mafia la partenza di Falcone da Roma e l’arrivo a Palermo per l’ora stabilita“.
- Sono state aperte nuove indagini sui mandanti occulti della Strage di Capaci, ma sono state archiviate definitivamente nel 2013.
- Con quella di Capaci iniziò il periodo delle “Stragi del 1993”, il terrorismo mafioso che voleva ingenerare un terrore diffuso per conseguire un risultato politico costringendo le istituzioni a realizzare la c.d. “Trattativa Stato-Mafia”.
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