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27 LUGLIO 1993: TERRORISMO MAFIOSO A VIA PALESTRO Massimiliano e Francesco Mancini

L’assalto alla Stato dei boss di Cosa Nostra arriva a Milano e colpisce anche la Polizia Locale

di Massimiliano Mancini

Abstract: L’attacco diretto allo Stato portato da Cosa Nostra nel corso del 1993, per costringere lo Stato a trattare con la mafia per cambiare, tra l’altro, la normativa sul c.d. “carcere duro” ed ergastolo ostativo che colpiva efficacemente lo strapotere mafioso dopo gli omcidi di Falcone e Borsellino, arrivò a Milano, con un’autobomba che fece 5 morti, tra i quali un agente di Polizia locale, 3 Vigili del Fuoco e un immigrato senzatetto che dormiva su una panchina. Su distrutta anche un’ala del Padiglione di Arte Contemporanea e Villa Reale dove ha sede la GAM-Galleria d’Arte Contemporanea, nello stile del terrorismo mafioso che colpiva indistintamente i cittadini e il patrimonio artistico e culturale, come già era avvenuto due mesi prima nell’attentato a via Dei Georgofili a Firenze.

e di Francesco Mancini

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Il contesto sociopolitico: prosegue l’attacco diretto allo Stato del terrorismo mafioso

L’assalto della mafia allo Stato era iniziato l’anno prima con la Strage di Capaci del 23 maggio 1992, nella quale fu ucciso il giudice Falcone e la moglie assieme alla scorta, e la Strage di via D’Amelio del 19 luglio 1992, nella quale fu ucciso il giudice Borsellino con la scorta.

Nel successivo anno 1993, la mafia passò dal colpire i singoli nemici e i simboli della legalità, come erano i giudici Falcone e Borsellino, per colpire direttamente le Stato con attentati terroristici rivolti verso la cittadinanza e il patrimonio culturale e artistico della nazione.

La pressione da parte della mafia era finalizzata a conseguire non obiettivi tattici e locali, ossia la difesa degli interessi e dei traffici criminali ma, piuttosto, un risultato politico strategico, come avviene in tutte le forme di terrorismo, ossia indurre lo Stato a trattare con la mafia.

Tra gli obiettivi della trattativa Stato-mafia c’era l’eliminazione del c.d. “carcere duro” [1], un provvedimento eccezionale esteso ai reati di mafia dal cosiddetto decreto antimafia Martelli-Scotti ma più famoso come “decreto Falcone” [2], che impediva il passaggio di ordini e comunicazioni tra i criminali in carcere e le loro organizzazioni sul territorio e inoltre aveva introdotto anche il c.d. “ergastolo ostativo“, convertito in legge dopo l’uccisione di Borsellino [3].

La strage di via Palestro seguì, a distanza di due mesi, quella di via dei Georgofili a Firenze e precedette di appena un giorno gli attentati alla Basilica di San Giovanni in Laterano e alla Chiesa di San Giorgio a Velabro a Roma.

La strage

Attorno alle 23.00 del 27 luglio 1993, due vigili urbani che transitavano con l’auto di servizio in via Palestro a Milano furono avvicinati da un gruppo di persone che segnalarono la presenza di un’auto dai cui finestrini usciva del fumo. Richiesero l’intervento dei Vigili del Fuoco che giunsero in pochissimo tempo e notarono la presenza, all’interno del cofano, di un involucro di grosse dimensioni comprendendo che fossse un ordigno esplosivo.

Mentre si stava evacuando la zona, il veicolo esplose uccidendo uno dei vigili urbani, tre vigili del fuoco e uno straniero extracomunitario che dormiva su una panchina dei vicini giardini pubblici. Almeno dodici persone rimasero ferite.

L’esplosione danneggiò, tra l’altro, il sistema di illuminazione pubblica, frantumò i vetri delle abitazioni in un raggio di circa 200-300 metri e lesionò il muro esterno del Padiglione di Arte Contemporanea sito sulla stessa via.

L’esplosione raggiunse la condotta del gas sottostante alla sede stradale che prese fuoco. Per ore i vigili del fuoco non riuscirono a domare l’incendio. All’alba del mattino dopo esplose anche una sacca di gas formatasi proprio sotto il Padiglione.

La seconda esplosione distrusse dipinti e danneggiò anche la Villa Reale, al cui interno aveva sede la GAM-Galleria d’Arte Moderna.

Le vittime

Persero la vita, dilaniati nell’esplosione:

  • Alessandro Ferrari, agente polizia locale di Milano;
  • Carlo La Catena, vigile del fuoco permanente;
  • Driss Moussafir, cittadino del Marocco, di 44 anni;
  • Sergio Pasotto, vigile del fuoco permanente;
  • Stefano Picerno, vigile del fuoco permanente.

Il 22 novembre 1993 il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ha conferito la medaglia d’oro al valor civile alla memoria alle quattro vittime italiane. A Driss Moussafir è stata intitolata una scuola del quartiere Stadera.

Le Responsabilità

I mandanti: sono stati condannati per strage, con l’aggravante dell’aver agito per finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine costituzionale e per agevolare l’attività di Cosa Nostra, i mafiosi:

  • Totò Riina;
  • Bernardo Provenzano;
  • Leoluca Bagarella;
  • i fratelli Graviano;
  • Matteo Messina Denaro.

Gli esecutori: grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Pietro Carra, Antonio Scarano, Emanuele Di Natale e Umberto Maniscalco sono stati condannati come esecutori materiali della strage:

  • Cosimo Lo Nigro;
  • Giuseppe Barranca;
  • Francesco Giuliano;
  • Gaspare Spatuzza;
  • Luigi Giacalone;
  • Salvatore Benigno;
  • Antonio Scarano;
  • Antonino Mangano;
  • Salvatore Grigoli;
  • i fratelli Tommaso e Giovanni Formoso.
  • Cosimo D’Amato, cugino di Cosimo Lo Nigro.

SI accertò che l’esplosivo utilizzato negli attentati terroristici mafiosi era stato estratto da residuati bellici recuperati in mare.

NOTE:

[1] Con il termine “carcere duro” ci si riferisce al regime speciale previsto dall’art.41 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta“, nota anche come legge Gozzini. In origine era applicabile solo a casi di emergenza interne alle carceri, prevedendo: “In casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza, il Ministro della giustizia ha facoltà di sospendere nell’istituto interessato o in parte di esso l’applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati. La sospensione deve essere motivata dalla necessità di ripristinare l’ordine e la sicurezza e ha la durata strettamente necessaria al conseguimento del fine suddetto“.

[2] Con il decreto Martelli-Scotti o decreto Falcone si intende il decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, “Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa” che, tra l’altro, ha esteso il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso di cui all’art.416 bis del codice penale alle ipotesi di scambio politico mafioso e introdotto l’ergastolo ostativo e nuove e più agevoli procedure d’indagini.

[3] L’approvazione definitiva del carcere duro e dell’ergastolo ostativo è avvenuto con la legge 7 agosto 1992, n. 356 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, recante modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalita’ mafiosa.“.

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