ETHICA SOCIETAS-Rivista di scienze umane e sociali
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IL FENOMENO BABY GANG, Rossana Mongiardo

Diritto e sociologia di una forma di criminalità organizzata giovanile che sta dilagando

[Ethica Societas anno 1 n.2]
Rossana Mongiardo

Abstract: Inquadramento sommario delle baby gang sul piano sociologico e sul piano giuridico, in una visione d’insieme che permetta di attribuire risalto processuale all’elemento associativo, avendo sempre presente la funzione rieducativa della pena. In contributo di un magistrato che ha giudicato su questi casi.

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Quello delle c.d. baby gang (termine inglese che indica le bande criminali minorili) é un fenomeno tristemente diffuso negli ultimi tempi, soprattutto nei quartieri e nelle zone periferiche più degradate delle grandi città, tanto da avere assunto le caratteristiche di una forma di microcriminalità organizzata, ove i minorenni, riuniti in un gruppo, composto, solitamente, da 3 o più soggetti, pongono in essere svariate attività delittuose, talvolta anche con l’utilizzo di armi da taglio o di semplici repliche (o imitazioni).

Va subito detto, tuttavia, che tale fenomeno non viene inquadrato dalla nostra normativa in una fattispecie di reato specifica, costituendo, come già evidenziato, la manifestazione di singoli e specifici atti di microcriminalità che, a loro volta, sono sussumibili all’ interno di norme incriminatrici specifiche.
Ciò nonostante, è possibile individuare alcune caratteristiche comuni alle condotte rappresentative delle baby gang.

Innanzitutto, va ribadito che la condotta tipica é rappresentata da atti compiuti per cagionare danni a persone o cose.

Gli autori dei reati in esame sono, per lo più, giovani ragazzi minorenni, di età compresa tra i 7 e i 14 anni (dato, tuttavia, puramente statistico), che si riuniscono in gruppo per compiere reati predatori, quali furti e rapine, oppure reati contro il patrimonio, come le estorsioni, o reati connessi alla sicurezza urbana, quali quelli relativi al traffico di sostanze stupefacenti o atti vandalici e danneggiamenti.

Non sono tuttavia infrequenti casi di baby gang che spesso commettono anche risse, assembrandosi in veri e propri schieramenti e fazioni, soprattutto nelle ore notturne, arrecando disturbo alla quiete pubblica e cagionando evidenti problemi di sicurezza urbana.

Allo stesso modo, alcune baby gang non disdegnano anche di realizzare reati anche molto più gravi contro le persone (quali lesioni, stupri, e, in taluni casi, anche tentati omicidi o omicidi preterintenzionali o perfino volontari).

Situazioni queste, che, laddove arginate tempestivamente, possono poi portare- in attesa del processo- all’ applicazione, da parte del Gip e a seguito della richiesta del P.M., in presenza dei presupposti di legge, di una misura cautelare, onde evitare il rischio di reiterazione dei reati.

Le vittime prescelte sono rappresentate, principalmente, da un coetaneo, oppure da persone anziane o affette da disabilità, quindi più facilmente vulnerabili e con maggiori difficoltà a difendersi.

Spesso, inoltre, nei delitti commessi da queste bande, è presente, oltre alla prevalente finalità di assicurarsi un illecito guadagno, anche il fine di dimostrare la loro “potenza” verso gli altri (soprattutto nei riguardi dei coetanei), attraverso l’affermazione, apparente, di una presunta superiorità, compensativa delle situazioni di disagio psicologico e sociale in cui versano i loro componenti, cosí da consentire loro di sentirsi gratificati nel loro individualismo perverso, finalizzato talora a esercitare una violenza gratuita per il puro gusto di farlo.

Del resto, la devianza giovanile è un complesso e mutevole fenomeno sociale, che comprende una serie di condotte che, pur non integrando necessariamente la commissione di condotte antigiuridiche e, quindi, di reati puniti dal codice penale, possono infrangere anche regole sociali, morali e di costume, incidendo sensibilmente sulla percezione di sicurezza di una comunità.

Invero, alla base dei problemi comportamentali tipici delle nuove generazioni, siano essi illegali o semplicemente percepiti come trasgressivi e inurbani, vi sono sempre fattori di rischio individuali (come i disturbi del comportamento e della socializzazione) eambientali (ad esempio, la condizione familiare, il contesto socio-economico, le difficoltà di integrazione dei minori stranieri, il consumo di stupefacenti ealcolici, l’emulazione di modelli negativi diffusi da web, tv, social network, etc).
In ogni caso, si tratta di fattori spesso difficili da contrastare, come comprova anche l’incidenza sempre maggiore dei reati commessi da queste bande.
Invero, nonostante gli enormi sforzi compiuti dalle Forze dell’ordine per il controllo del territorio, non si può non evidenziare che vi è anche un sommerso notevole, poiché molti di questi reati commessi da minori vengono tenuti nascosti alle famiglie e non denunciati perfino dalle vittime (spesso per il timore di possibili ripercussioni).

Se poi le denunce non sono adeguatamente circostanziate, i procedimenti vengono iscritti contro ignoti e questo non favorisce lo sviluppo delle indagini per l’ individuazione del reo, con il rischio di archiviazione del fascicolo.

Il rischio, in questi casi, è che si diffonda il senso di impunità, oltre che una percezione di insicurezza cittadina sempre maggiore, nonostante gli strumenti che vengono utilizzati per il contrasto di questo fenomeno e per la punizione dei colpevoli.

Qualche rapido cenno al trattamento sanzionatorio, attesa la complessità del sistema di giustizia minorile.

Sotto un profilo strettamente giuridico, tenuto conto dei criteri individuati dall’art. 133 c.p., le pene applicate variano a seconda delle fattispecie di reato individuate (laddove non venga contestata la fattispecie del reato associativo di cui all’art. 416 c.p., che comporta un innalzamento della pena), del contributo causale apportato da ciascun singolo correo e di eventuali precedenti posti in essere dagli autori, dovendosi peraltro evidenziare sia che, attualmente, l’età imputabile è fissata dal nostro codice penale, agli artt.97-98, in 14 anni, sia che l’irrogazione di una pena superiore ai 3 anni di reclusione (a mente dell’art. 163, comma 2, c.p., limite edittale applicabile ai soggetti infradiciottenni) costituisce una circostanza spesso ostativa alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

La prova, poi, di aver utilizzato un atteggiamento gravemente bullistico, nel compimento di delitti contro la persona, può cagionare un sensibile aumento della pena irrogabile dal Giudice ai fini dell’applicazione delle circostanze aggravanti comuni di cui all’art. 61 n. 1 del codice penale (ovvero, “l’aver agito per motivi abbietti o futili”) e n. 4 dello stesso (“l’aver adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone”).

Qualche considerazione finale sugli strumenti alternativi di definizione. In un’ottica rieducativa della pena, sarebbe utile ridurre il più possibile il ricorso agli strumenti processuali- riservandoli alle tipologie di reati più gravi- per dare più spazio a pene alternative, che comportino lavori socialmente utili presso enti convenzionati, da svolgere in maniera costante, affinchè il minore comprenda realmente il disvalore di quanto commesso.

Scarica l’articolo: Ethica societas 2 12-13

Link alla rivista ETHICA SOCIETAS anno 1 numero 2.

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