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FAKE NEWS STORICHE: SIMONINO DA TRENTO, Massimiliano Mancini

L’omicidio attribuito agli ebrei del bambino proclamato santo e martire fino al 1965

Massimiliano Mancini

Abstract: Simonino da Trento, un bambino di circa 2 anni, scomparso da Trento il giovedì santo del 1475 e ritrovato il giorno della domenica di Paqua è stato proclamato vittima di omicidio rituale ebraico e fu venerato per secoli come beato e ‘martire’ innocente. Nella penosa vicenda del falso beato si intrecciano, sovrapponendosi, sentimenti antiebraici, esigenze devozionali e ambizioni di politica ecclesiastica sino a quando nel 1965 la chiesa ha revisionato il processo e annullato il culto. Questo emblematico episodio spiega i meccanismi di costruzione del ‘nemico’ e il potere della propaganda.

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La scomparsa di un bambino nel giovedì santo 1475

Martirio del Beato Simonino, di Francesco Oradini (XVIII secolo), Palazzo Salvadori, Trento.

Trento, 23 marzo 1475, Andrea, un conciapelli che abitava a Trento nella contrada del Fossato, cercò inutilmente il suo bambino, Simone, detto Simonino, dell’età di 28 mesi.

Il mattino dopo ne denunciò la scomparsa al principe vescovo, il quale fece emanare un bando per invitare chiunque avesse notizie a presentarsi. A fine giornata, il padre riferì di aver sentito dire da molti che il bambino era stato rapito dagli ebrei.

L’antica diffidenza si sommava all’emozione che era stata suscitata, nelle settimane precedenti, dalla predicazione contro l’usura, condotta dai frati francescani, che aveva fra i propri bersagli proprio gli ebrei. Le abitazioni di questi ultimi furono inutilmente perquisite.

La sera di domenica 26 marzo 1475, Samuele da Norimberga, l’esponente più in vista del piccolo gruppo israelita che contava in tutto una trentina di persone, denunciò che il corpo del bambino era stato ritrovato nella roggia che, dalla contrada del Fossato, proseguiva passando sotto la sua abitazione, posta nell’attuale vicolo dell’Adige.

Le indagini sul caso

Due medici chiamati il 27 marzo ad esaminare il corpo furono concordi nel dire che la morte era avvenuta il giorno precedente, e non per annegamento, ma interpretarono diversamente le lesioni che il cadavere mostrava: uno rimase perplesso, l’altro fu certo che si trattava di ferite volontariamente inferte.

In un clima di diffuso antigiudaismo, infuocato dalle predicazioni del frate francescano Bernardino da Feltre, il principe vescovo Johannes Hinderbach sostenne con forza la tesi che il bimbo fosse stato vittima di un un omicidio rituale, l’archetipo di cui erano accusati gli ebrei con lo scopo di reiterare la crocifissione di Gesù, servendosi del sangue di un bambino cristiano per impastare i pani azzimi pasquali, a scopi magici e religiosi.

I quindici ebrei presenti a Trento, dei quali il più giovane aveva quindici anni e il più vecchio novanta, furono torturati insistentemente per mesi sino a strappar loro una confessione e quindi messi a morte con il rogo, tra il 21 e il 23 giugno, Israele di Samuele, Samuele, Angelo, Tobia, Vitale fattore di Samuele e Mohar; Mosè il Vecchio era morto in carcere qualche giorno prima; Bonaventura, cuoco di Samuele, e Bonaventura di Mohar, che si erano convertiti per evitare il rogo, furono invece decapitati. I loro beni furono confiscati.

Solo una donna, di nome Bruna, resistette più a lungo degli altri all’interrogatorio, ma si insistette tanto che la donna morì sotto tortura, confessando proprio in punto di morte e dichiarandosi pentita; fu quindi assolta dal peccato e sepolta in terra benedetta.

La prudenza del papa e l’azione politica del principe vescovo Hinderbach

Martirio di Simonino, Palazzo Grataroli di Oneta (BG)

Esposto nella Chiesa di San Pietro, Simonino venne subito considerato un martire e diventò subito un oggetto di intenso culto e devozione popolare.

Il legato di papa Sisto IV (1414-1484), il domenicano vescovo di Ventimiglia Giovanni Battista de Giudici, Incaricato di indagare sulla loro veridicità e sulla correttezza del processo, l’inviato del papa fu oltremodo ostacolato e nonostante si fosse apertamente espresso contro l’infondata accusa agli ebrei non riuscì a salvarli.

Nel mentre, il principe vescovo di Trento Johannes Hinderbach, che governò su Trento dal 1466 al 1486, regista dell’intera operazione, avvia un’impressionante campagna mediatica di promozione della devozione a Simonino e si diffonde, artatamente, la voce che compia numerosissimi miracoli, nonostante lo stesso papa Sisto IV proibì, sotto pena di scomunica, di venerare Simonino come martire.

La prudenza e i dubbi della Chiesa non riuscirono ad opporsi ad una venerazione tributata per via di fatto e costruita utilizzando due potenti mezzi di comunicazione e propaganda: le immagini e il nuovissimo strumento della stampa tipografica.

La macchina della propaganda vince

Nonostante le proibizioni pontificie, in virtù del talento organizzativo del principe vescovo, il culto di Simonino si diffuse presto non solo nel Trentino ma anche nei territori confinanti, in partcioare nel Bergamasco, grazie anche al predicatore francescano Michele Carcano, alla testimonianza della madre del bambino e a quella di un certo Giorgio che si mostrava come miracolato.

Dalla chiesa dei Santi Pietro e Paolo, in cui era conservato il corpo di Simonino, la devozione popolare si diffuse anche nel Bresciano, dove non si mancò di attribuirgli miracoli e di invocarlo specialmente a protezione dei fanciulli. Oltre all’annuale festa in onore del beato, ogni dieci anni si svolgeva una processione solenne lungo le strade di Trento, nella quale si portava in corteo la salma di Simonino e i simboli raffiguranti i presunti strumenti delle torture da lui subite.

La propaganda e pressione popolare furono tali che dopo 80 anni anche la Chiesa si arrese, con buona pace della verità, e alla fine  papa Sisto V (1521-1590) nel 1588 proclamò Simonino beato, patrono dei bambini, delle vittime di rapimento e delle vittime di tortura, e la chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Trento santuario principale, concedendo l’indulgenza plenaria a chi fosse andato in pellegrinaggio presso le reliquie il giorno dedicato a Simonino.

Simonino strumento dell’odio antisemita e dell’archetipo dell’omicidio rituale

Il 22 febbraio 1755 la bolla papale Beatus Andreas di papa Benedetto XIV ribadiva la validità del processo e confermava la correttezza di dedicare a Simonino “pubblico culto” e riaffermava che il martirio era avvenuto per mano degli “ebrei in odio alla fede di Cristo, il culto di Simonino si impose come prototipo di tutti i presunti omicidi rituali dei secoli a seguire.

Per supportare e diffondere la devozione al piccolo martire si mobilitarono letterati, artisti e predicatori. Alcuni opuscoli manoscritti e a stampa, compilati immediatamente dopo l’omicidio, inventarono e propagarono la passione del bambino martire e le loro illustrazioni offrirono i prototipi iconografici per la la realizzazione di affreschi che, altrettanto velocemente, comparvero in molte chiese.

Si creò così una comunicazione semplice e perentoria, capace di coinvolgere e manipolare sentimenti e malcontenti di un pubblico ampio e variegato, sapientemente costruita per denigrare gli ebrei.

Prima del 1965 il Martirologio Romano ricordava ai fedeli che ogni anno, il 24 marzo, si celebrava a Trento “la passione di san Simone, fanciullo trucidato crudelmente dai Giudei, autore di molti miracoli“.

Monsignor Rogger, la verità ristabilita dopo 5 secoli

Solo nel Novecento la rilettura critica delle fonti ha ristabilito la verità storica, dimostrando l’infondatezza delle accuse di omicidio rituale rivolte agli ebrei, maturate in un clima di radicati pregiudizi antigiudaici.

Sulla base di questi studi la Chiesa il 28 ottobre 1965, negli anni del Concilio Vaticano II, la chiesa ha deciso di abrogare il culto del Simonino, grazie soprattutto a monsignor Iginio Rogger (1919-2014), già direttore del Museo Diocesano Tridentino e coraggioso protagonista della storica revisione del culto di Simonino.

I suoi studi sulle vicende processuali portarono l’arcivescovo di Trento, Alessandro Maria Gottardi, alla cosiddetta “svolta del Simonino“, vale a dire la soppressione del culto e la rimozione della salma dalla chiesa di San Pietro che la ospitava, con la conseguente abolizione anche della tradizionale processione per le vie di Trento.

La cancellazione del beato dall’elenco dei martiri non suscitò grandi rimostranze presso i fedeli, pur con alcune contestazioni della svolta, che furono espresse all’interno del mondo cattolico più tradizionalista.

L’omicidio rituale di Simonino da Trento in una xilografia di area germanica

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