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IL DOLO SPECIFICO PREVISTO NEL REATO DI FURTO PUÒ CONSISTERE SOLO NELLA RICERCA DI UN VANTAGGIO ECONOMICO? Luigi De Simone

Le Sezioni Unite la pensano diversamente!

Luigi De Simone

Abstract: Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ritenuto di ampliare i casi in cui è configurabile il dolo specifico nel commettere il delitto di furto al fine di perseguire un qualsiasi vantaggio e, quindi, non solo economico, risolvendo un contrasto giurisprudenziale sul punto.

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Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione pochi giorni fa1 alla domanda: «Se il fine di profitto del reato di furto, caratterizzante il dolo specifico dello stesso, sia circoscritto alla volontà di trarre dalla sottrazione del bene una utilità di natura esclusivamente patrimoniale, ovvero possa consistere anche in un fine di natura non patrimoniale», hanno risposto affermativamente alla seconda opzione, mettendo fine ad un contrasto giurisprudenziale esistente da tempo, sentenziando che nel delitto di furto, il fine di profitto, che integra il dolo specifico del reato, va inteso come qualunque vantaggio anche di natura non patrimoniale perseguito dall’autore.

Il ragionamento delle SS.UU., che ha portato alla decisione di sposare un orientamento più datato,  è molto interessante e appassionante.

Ma andiamo per ordine.

Nel 2020 la Corte di Appello di Palermo2, pronunciando sul gravame dell’imputato, ne aveva confermato la condanna per il reato di cui all’ art. 624-bis c.p.3, emessa dal Tribunale di Marsala4 perché, dopo aver strappato di mano il telefono ad una donna, con cui aveva appena litigato, in segno di ritorsione e dispetto dopo che quest’ultima era riuscita a chiamare i carabinieri, si allontanava dal posto. Il Giudice penale di secondo grado aveva, tra l’altro, escluso la configurabilità del delitto di violenza privata, ex art. 610 c.p.,  perché la condotta dell’imputato non era finalizzata a impedire alla donna di chiamare i carabinieri in quanto già erano stati allertati.

Il condannato presentava ricorso in Cassazione per due motivi: con il primo motivo lamentava l’assenza del dolo specifico dell’agente che, invece,  non aveva nessuna volontà di trarre profitto, ma voleva solo impedire l’arrivo dei carabinieri; con il secondo motivo il ricorrente lamentava un difetto di motivazione in quanto non erano stati presi in considerazione il fatto che la sottrazione si era protratta per breve tempo e che si trattava di un telefono obsoleto e senza valore economico, elementi rientranti nelle circostanze attenuanti di cui all’art. 62 n. 4 c.p., ovvero configurabilità di un danno patrimoniale di speciale tenuità.

La Corte di Cassazione, V sezione penale, investita del ricorso, rilevava l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine alla nozione di profitto nel reato di furto  e, con ordinanza del 18 novembre 2022, rimetteva gli atti alle Sezioni Unite il cui Presidente assegnava il ricorso alle Sezioni penali il 18 gennaio 2023.

Effettivamente il contrasto giurisprudenziale sulla nozione di profitto, elemento caratterizzante il dolo specifico richiesto dalla norma, va avanti da tempo.

Secondo un primo orientamento maggioritario5 ma più datato, si ritiene che la nozione di profitto sia svincolata dalla natura economica del fine perseguito dall’agente e consiste, invece,  in qualsiasi utilità, anche non patrimoniale, atta a soddisfare un bisogno con diverse finalità come, per esempio, la vendetta, la ritorsione, l’ emulazione, il dispetto etc.

Secondo il predetto orientamento, una diversa interpretazione, evidentemente più restrittiva, determinerebbe una eccessiva riduzione della tutela penale, lasciando fuori condotte come, per esempio, la sottrazione di un bene per successiva distruzione, la sottrazione nell’interesse della vittima come il furto di alcool a danno dell’alcolizzato, oppure la sottrazione di un bene non commerciabile.

Un diverso orientamento più recente ma minoritario, ritiene, invece, che la nozione di profitto debba essere intesa in maniera più restrittiva, ovvero considerare il profitto solo di natura patrimoniale evidenziando che, diversamente, si trascurerebbe il dato letterale e sistematico dell’inserimento del reato di furto nei delitti contro il patrimonio (Libro II, Titolo XIII, Capo I “Dei delitti contro il patrimonio mediante violenza alle cose o alle persone”). Si tradirebbe, inoltre, la funzione selettiva e garantistica della tipicità penale ampliando a dismisura la sfera di punibilità del delitto di furto.

In applicazione di tale orientamento non è stato riconosciuto il dolo specifico in un caso di sottrazione di una borsa, effettuata solo per dispetto e per mantenere il contatto con la parte offesa6, oppure in un caso di sottrazione di telefono e occhiali per evitare la richiesta di intervento delle forze di polizia da parte della vittima7 o, ancora, la sottrazione di un rilevante numero di cani di razza a fini dimostrativi contro il regime di segregazione all’interno di un canile8.

Per dirimere tale contrasto le SS.UU hanno statuito che “Nel delitto di furto il fine di profitto che integra il dolo specifico del reato di furto, va inteso come qualunque vantaggio anche di natura non patrimoniale perseguito dall’autore” aderendo, quindi, al primo orientamento maggioritario, ancorché più risalente nel tempo.

Infatti secondo le SS.UU. la nozione di profitto non può che essere calibrata sul vantaggio che l’autore intende trarre dall’impossessamento: il profitto rilevante è quello che, indipendentemente dalla sua idoneità ad essere apprezzato in termini monetari, viene tratto immediatamente dalla costituzione dell’autonoma signoria sulla “res” e non quello che può derivare attraverso ulteriori passaggi dall’illecito. Le SS.UU. prendono spunto dal significato della parola “profitto” dal linguaggio comune e dalla sua esplicazione nei dizionari di lingua italiana ove si evidenzia che profitto significa “vantaggio o giovamento, sia fisico che intellettuale o morale o pratico”, per poi giungere alla conclusione già citata. Quindi il carattere non direttamente lucrativo dell’obiettivo avuto di mira (nel nostro caso la disponibilità esclusiva del telefonino da parte del condannato) non vale ad escludere il fine di profitto richiesto dalla fattispecie di delitto de quo. Per tutto quanto fin qui esposto, entrambi i motivi di ricorso venivano rigettati.


NOTE

  1. Cassazione SS.UU. penali, sentenza 12 ottobre 2023, n. 41570.
  2. Corte di Appello di Palermo, 23 novembre 2020.
  3. Codice Penale, art. 624-bis c.p. (Furto in abitazione o furto con strappo) – “1. Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da quattro a sette anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500. 2. Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, strappandola di mano o di dosso alla persona. 3. (omissis)”.
  4. Tribunale di Marsala, composizione monocratica, 3 dicembre 2018.
  5. Cassazione, sez. IV, 6 ottobre 2021, n. 4144; Cassazione, sez. V, 16 gennaio 2019, n. 11225; Cassazione, sez. IV, 18 settembre 2012, n. 30; Cassazione, sez. II, 12 febbraio 1985, n. 4471
  6. Cassazione, sez. V, 23 gennaio 2018, n. 30073.
  7. Cassazione, sez. V, primo luglio 2019, n. 40438.

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