ETHICA SOCIETAS-Rivista di scienze umane e sociali
Federica D'Arpino NOTIZIE Scienze Politiche

L’OTTO MARZO ANCHE PER LE DONNE ARABE, Federica D’Arpino

“Chi dice che la chiave della gabbia non possa nascondersi nella gabbia stessa?” (Ziba Mir Hosseini, Islam and the gender, 1999)

Federica D’Arpino

Abstract: La parità di genere è un obiettivo in continua evoluzione, mentre ci sono stati progressi significativi in molti paesi, non possiamo ancora dire di aver raggiunto la parita vera. Ci sono ancora evidenti disparità salariali (il c.d. glass ceiling), discriminazioni di genere nei ruoli di vertice delle istituzioni, dell’amministrazione e della politica e tanta violenza e tante violenze fisiche e psicologiche, ma qualcosa sta cambiando.

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Integrazione e inclusione

Un viaggio nei paesi arabi potrebbe facilmente evocare l’atmosfera fiabesca delle “Mille e una notte”, con il suo mix di lusso, mistero e tradizione. Immaginate di avventurarvi attraverso labirintici souq pieni di colori vivaci e profumi speziati, dove i commercianti vendono tesori artigianali e oggetti antichi. Potreste perdervi tra le stradine delle antiche città, ammirandone le maestose moschee illuminate dal sole e le magnifiche architetture dei palazzi reali. Durante il giorno, esplorare deserti dorati su cammelli o jeep, mentre la notte cadono le stelle su tende berbere, immergendovi nell’atmosfera magica e tranquilla del deserto. Le città moderne poi con i loro grattacieli sfavillanti e le luci scintillanti, vi trasporteranno in un mondo futuristico, mentre le oasi verdi e i villaggi tradizionali vi riporteranno indietro nel tempo. Un viaggio da “Mille e una notte” sarebbe sicuramente un’esperienza indimenticabile, ricca di avventure, scoperte e incantevoli incontri con la cultura e la storia millenaria di questa affascinante regione…. ma, alla fine, non è tutto oro quello che luccica!

Eh sì, a uno sguardo più attento non possono sfuggire piccoli dettagli apparentemente casuali e insignificanti, come gli ingressi separati per uomini e donne nelle moschee, con aree dedicate per le preghiere e con divisori per garantire la privacy. Anche in molti locali pubblici, come ristoranti, caffè e sale per eventi, troverete ingressi separati per uomini e donne o aree riservate. Gli uomini e le donne infatti sono sempre divisi, se non sono famiglie non li vedrete mai insieme in un ristorante o con gli amici a sorseggiare un caffè, quindi o solo donne o solo uomini o solo famiglie! La stessa cosa avviene sui mezzi di trasporto pubblici come autobus, treni o taxi, con zone separate riservate per uomini e donne. Ad esempio, alcuni treni possono avere vagoni separati per donne e famiglie, mentre i taxi potrebbero avere una partizione tra il sedile del conducente e i sedili passeggeri posteriori per garantire la privacy delle passeggere, accompagnate sempre da un uomo. Se mai voleste soddisfare la vostra curiosità di turista per caso sappiate che è molto difficile avere informazioni dai locals, ma dovrete affidarvi alla lettura dei vari cartelli informativi e attenervi alle regole indicate, in particolare le turiste devono indossare pantaloni fino al ginocchio, evitare scollature, vestiti aderenti e indossare il velo nelle moschee. La cultura araba è diversificata e profondamente radicata nella storia e nelle tradizioni, caratterizzata da un forte senso di appartenenza, rispetto per la famiglia, la comunità e la religione. Ma come tante altre culture può presentare delle contraddizioni dovute in modo particolare alla costante oscillazione fra conservatorismo e modernità, alcuni aspetti della società infatti mantengono tradizioni e valori conservatori, altri invece abbracciano idee e pratiche moderne, creando tensioni e conflitti generazionali, influenzati anche dai recenti cambiamenti sociali, tecnologici ed economici. La stessa religione gioca un ruolo significativo nella vita quotidiana delle persone, nonostante la presenza di crescenti movimenti di secolarizzazione e laicità che ne sfidano la tradizionale interpretazione, fondata sulla “Sharia”, il sistema di leggi basate sui principi del Corano.

La donna velata e l’uomo sfrontato

Come donna e cittadina occidentale, sono rimasta particolarmente colpita nell’incrociare ovunque sguardi di donne “nascosti” dietro il velo, dalle varie forme e stili, come lo “Hijab”, che copre la testa e il collo, lasciando il viso scoperto, come il “Niqab” che copre il viso, lasciando solo gli occhi visibili e spesso indossato insieme all’Hijab, e lo “Chador”, un lungo mantello che copre tutto il corpo. Indubbiamente la scelta delle donne di indossare il velo è una questione complessa, per alcune di loro il velo può essere un’espressione della loro fede religiosa, per altre invece una scelta culturale o una manifestazione di identità personale. Tuttavia non si può sottovalutare il fatto che, in alcuni particolari contesti culturali e sociali, l’uso del velo possa essere imposto o soggetto alle pressioni sociali, il che ovviamente suscita interrogativi riguardanti i diritti delle donne e l’autonomia individuale.

C’è stata, sicuramente, una certa evoluzione negli ultimi anni, dalla “Primavera Araba” ad altri movimenti, promotori di una serie di proteste e rivolte popolari che hanno avuto luogo, a partire dal 2010, in diversi paesi arabi inclusi l’Egitto, la Libia, lo Yemen e la Siria, con l’obiettivo di rovesciare i regimi autoritari, la richiesta di riforme politiche, migliori condizioni economiche e maggiori libertà civili. Tuttavia, il risultato delle rivolte non è stato omogeneo in quanto in alcuni paesi, come la Tunisia e l’Egitto, i regimi sono stati rovesciati e si sono avuti cambiamenti politici significativi, mentre in altri paesi, come la Siria e lo Yemen, le proteste hanno portato solamente a conflitti armati ancora in atto. Durante la “Primavera Araba”, le donne hanno giocato un ruolo significativo, contribuendo a portare avanti le richieste di cambiamento sociale e politico, con una particolare attenzione all’uguaglianza di genere. Di conseguenza, attualmente, in alcuni paesi, le donne godono di pari diritti e opportunità, mentre in altri sono ancora costrette ad affrontare restrizioni legali, sociali ed economiche.

La reazione delle donne dell’islam

Federica D’Arpino, Grande moschea di Abu Dhabi (Proprietà riservata))

Il percorso intrapreso dalle donne musulmane per conquistare la parità di genere è ancora lungo e costellato da mille difficoltà e pericoli, ma supportato grazie agli sforzi e alla intensa collaborazione delle intellettuali e delle attiviste del movimento del “femminismo islamico”. Nato nell’Iran della rivoluzione islamica, il femminismo islamico oggi rappresenta un movimento diversificato e dinamico che cerca di adattarsi alle esigenze e alle sfide delle donne musulmane, promuovendo l’uguaglianza di genere, i diritti umani e la giustizia sociale all’interno dei principi e dei valori dell’Islam.

Ci sono diverse figure significative nel movimento del femminismo islamico, ognuna con le proprie prospettive e contributi unici. Fra le principali rappresentanti ricordiamo la sociologa marocchina Fatima Mernissi che è stata una delle pioniere del femminismo islamico moderno. I suoi scritti, come “Beyond the Veil”e “The Veil and the Male Elite”, hanno indagato le questioni di genere nell’Islam e hanno promosso una visione più equa e inclusiva della religione. Amina Wadud è una studiosa americana di studi islamici che ha svolto un ruolo importante nel promuovere una riforma dell’interpretazione dell’Islam per garantire i diritti delle donne, inoltre è stata la prima donna a guidare una preghiera congregazionale mista in una moschea. L’iraniana Ziba Mir-Hosseini è una studiosa di diritto islamico che ha lavorato per promuovere una comprensione più giusta delle leggi islamiche riguardanti le donne, in particolare in ambito familiare e matrimoniale. La studiosa egiziana Leila Ahmed ha scritto ampiamente sull’Islam e sulle questioni di genere, esplorando le radici storiche delle interpretazioni patriarcali dell’Islam e promuovendo una visione più inclusiva e progressista della religione. Infine Haifaa al-Mansour di cui ricordiamo il film “La bicicletta verde”(2012), il primo lungometraggio realizzato interamente in Arabia Saudita e anche il primo film diretto da una regista donna in quel paese. Il film racconta la storia di una giovane ragazza di nome Wadjda che desidera disperatamente una bicicletta per poter gareggiare con un amico maschio. La bicicletta verde diventa un simbolo di libertà e indipendenza per la ragazza, ma nella società conservatrice e tradizionale in cui vive, le donne non sono incoraggiate a guidare biciclette in pubblico. La “rivoluzione gentile” di Wadjda, nel contesto del film, rappresenta il suo desiderio di cambiamento e progresso, ma attraverso mezzi pacifici e non violenti. La ragazza con la sua determinazione e il suo coraggio, sfida le norme sociali e culturali dominanti, dimostrando che anche piccoli atti di “ribellione” possono avere un impatto significativo nella lotta per l’uguaglianza di genere e l’emancipazione delle donne.


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