E se non scappa ma omette il soccorso?
Abstract: La Corte Costituzionale conferma la legittimità costituzionale dell’art. 590-ter del Codice Penale, in quanto la pena minima di tre anni di reclusione, prevista per la fuga in caso di lesioni stradali gravi, è ragionevolmente proporzionata alla gravità della condotta ed al disvalore sociale della stessa.
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La Corte Costituzionale è stata compulsata da due Tribunali1, per verificare la legittimità costituzionale, rispetto agli articoli 3 e 27 della Costituzione, dell’art. 590-ter del codice penale2, nella parte in cui stabilirebbe, per le lesioni personali stradali gravi di cui all’art. 590-bis, primo comma, del codice penale3, aggravate dalla fuga del conducente, «la pena minima e fissa» di tre anni di reclusione.
Si ricorda che le lesioni personali gravi si configurano se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, oppure ne derivi una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni o ne derivi l’indebolimento permanente di un senso o di un organo4.
I fatti esaminati dal Tribunale di Milano riguardavano un conducente con patente sospesa che aveva investito un pedone su un attraversamento pedonale e che poi si era dato alla fuga. Pertanto si procedeva per i reati di cui agli articoli 590-bis, primo e sesto comma, e 590-ter codice penale, aggravati da recidiva specifica e infraquinquennale. Evidenzio che già l’art. 189, ai commi 6 e 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada), punisce rispettivamente chi omette di ottemperare agli obblighi di fermarsi (comma 6) e chi omette di prestare assistenza alla persona ferita (comma 7); queste ultime due ipotesi di reato rimangono distinte, seppur contenute nello stesso articolo del Codice della Strada ed, eventualmente, concorrenti con l’applicazione del concorso materiale, che spesso genera confusione dovuta all’utilizzo come sinonimi di “fuga” e di ”omissione di soccorso”.
La difesa dell’imputato ha chiesto l’intervento del Giudice delle Leggi in quanto, in considerazione del fatto che il reato più grave tra quelli contestati fosse quello di lesioni personali, la pena da irrogare sarebbe, per forza di cose, pari a tre anni di reclusione, in virtù della previsione del già citato articolo 590-ter c.p., senza, quindi, dare la possibilità al giudice di scendere al di sotto di tale misura, e senza prevedere un massimo al quale fare riferimento, dal momento che, anche aumentando di due terzi la pena prevista per le lesioni personali stradali gravi, si perverrebbe alla misura di un anno e otto mesi, che non può essere applicata in quanto obbligato ad infliggere una pena “fissa” di tre anni di reclusione.
Secondo il Tribunale di primo grado, tale previsione sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost. poiché impedirebbe al giudice di adeguare la sanzione alla concreta gravità del fatto, in violazione non solo del principio di uguaglianza, ma anche delle finalità di rieducazione del condannato e del divieto di trattamenti contrari al senso di umanità, che ricomprenderebbe la possibilità di trattamenti sanzionatori individualizzati e proporzionali.
L’Avvocatura dello Stato, chiamata a difendere la Presidenza del Consiglio dei Ministri, respingeva tale tesi evidenziando che la severità del trattamento sanzionatorio, di cui all’art. 590-ter c.p., esprime proprio il giudizio di precipua riprovevolezza dell’ordinamento riguardo alla fuga, sintomatica di mancanza di resipiscenza e di insensibilità rispetto ad ogni più elementare dovere di solidarietà sociale, ancora più pregnante a seguito della modifica del Legislatore nel 2016, con la Legge 23 marzo 2016, n. 41.
Successivamente anche il Tribunale di Monza, sollecitato dalla difesa di un imputato del reato, ex articolo 590-bis c.p., aggravato dalla fuga, richiedeva l’intervento della Corte Costituzionale per il contrasto con gli stessi articoli 3 (principio di uguaglianza) e 27 commi 1 e 3 (ragionevolezza della pena) della Carta Costituzionale. In particolare il Giudice di primo grado metteva in evidenza che con questo meccanismo il Legislatore punirebbe, per assurdo, in modo identico, con tre anni di reclusione, fatti di disvalore diverso, ovvero lesioni stradali aggravate dalla fuga, sia gravi che gravissime e, addirittura, per l’ipotesi più grave (lesioni gravissime) avrebbe comunque previsto una cornice edittale, consentendo al giudice di differenziare la sanzione per fatti diversi, cosa non consentita per le lesioni gravi.
Seppur irrilevante per i due casi affrontati, occorre evidenziare che tra la prima (22 settembre 2022) e la seconda (28 aprile 2023) ordinanza di rimessione dei due Giudici di primo grado è intervenuta la riforma Cartabia5, che prevede che il delitto, ex articolo 590-bis c.p., è perseguibile a querela della parte offesa, in assenza di circostanze aggravanti previste dal medesimo articolo.
Al fine di meglio comprendere la decisione della Corte Costituzionale occorre effettuare un rapido excursus storico sulla normativa di riferimento che ha subito numerose e sostanziali modifiche.
Con il nuovo Codice della Strada6, l’art. 189, rubricato “Comportamento in caso di incidente”, prevede l’obbligo dell’utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, di fermarsi al fine di consentire l’identificazione completa (comma 6) e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona (comma 7). In particolare il comma 6, strutturato come reato doloso commissivo di pericolo, punisce l’allontanarsi dal luogo dell’investimento così da impedire o anche solo da ostacolare l’accertamento della propria identità personale, l’individuazione del veicolo investitore e la ricostruzione della dinamica del sinistro.
L’aumento del numero delle vittime di incidenti stradali ha portato, poi, il Legislatore ad emanare la più volte citata Legge n. 41/2016 con l’introduzione dell’omicidio stradale, ex articolo 589-bis c.p., e delle lesioni stradali gravi e gravissime, ex articolo 590-bis c.p., nella doppia versione di lesioni semplici e lesioni aggravate.
Il Legislatore poi ha previsto un’ulteriore circostanza aggravante per entrambi i delitti di nuovo conio, con l’introduzione dell’art. 589-ter c.p. (Fuga del conducente in caso di omicidio stradale) e all’art. 590-ter c.p. (Fuga del conducente in caso di lesioni personali stradali), quest’ultimo oggetto degli interventi, qui esaminati, della Corte Costituzionale. Infatti tale aggravante prevede che in caso di lesioni gravi la pena non può essere inferiore a tre anni, oltre ad essere “privilegiata ” in quanto presidiata dalla clausola di esclusione della comparazione con le attenuanti (art. 590-quater c.p.).
Dopo questo breve riepilogo storico veniamo ora ai fatti. In sostanza, ipotizzando l’inapplicabilità dell’articolo 589-ter c.p., il Giudice dovrebbe applicare, in caso di incidente stradale con fuga e lesioni stradali gravi, una pena, all’interno della cornice edittale che va da 4 mesi ad 1 anno e 8 mesi, in virtù dell’aumento proporzionale «da un terzo a due terzi», previsto dal censurato art. 590-ter, applicato alla pena base della reclusione da 3 mesi ad un anno prevista dal primo comma dell’art. 590-bis c.p. Ma in realtà tale cornice edittale è inapplicabile proprio per il contestato articolo 590-ter c.p. nella parte in cui prevede, appunto, che comunque la pena non può scendere al di sotto dei tre anni.
La Corte pur ribadendo che, in linea generale, le previsioni sanzionatorie rigide non appaiono in linea con il volto costituzionale del sistema penale, ha deciso che, nel caso della fuga del conducente, la pena minima di tre anni di reclusione che la norma censurata richiede comunque di applicare, «non può non essere riconosciuta ragionevolmente proporzionata», respingendo la tesi della illegittimità costituzionale.
Secondo i Giudici delle Leggi la scelta di approntare una soglia minima di tre anni da applicare per il pirata della strada trova anche giustificazione in termini sistematici nel quadro del complessivo intervento realizzato dalla legge n. 41 del 2016, volto a inasprire il trattamento sanzionatorio per le condotte che, attraverso la violazione delle regole della circolazione stradale, offendono l’incolumità personale e la vita.
Secondo la Corte Costituzionale non bisogna sottovalutare che la scelta legislativa si struttura secondo il modello del reato complesso, ex articolo 84 c.p.7, ovvero lesioni stradali gravi e fuga, unendo in una stessa figura criminosa più condotte già autonomamente punite. La previsione della pena minima (e unica) fa acquisire alla circostanza aggravante della fuga un significato senza dubbio peculiare, in quanto condotta umana da un disvalore intrinseco grave, che imprime un particolare disvalore all’intera vicenda, anche in considerazione del fatto che mentre il reato di lesioni è un delitto colposo, la fuga è invece un delitto doloso e, quindi, meritevole di una giusta punizione, senza dimenticare che la fuga è legata a lesioni superiori a quaranta giorni e quindi di una certa gravità.
Disvalore confermato dal fatto che, anche a seguito della citata riforma Cartabia, essendo riconosciuta quale fattispecie aggravata rimane ferma la procedibilità d’ufficio.
Illuminante è la riflessione dei giudici delle leggi secondo la quale in mancanza della soglia minima dei tre anni, il “calcolo” di convenienza potrebbe indurre il conducente a scegliere la fuga, sia nella fattispecie base delle lesioni (perché a fronte del modesto aumento di pena, da un terzo a due terzi, si sarebbe potuto evitare l’identificazione e quindi il coinvolgimento nell’incidente), sia addirittura nell’ipotesi di lesioni gravi aggravate dalla guida in stato di ebbrezza alcolica oltre una certa soglia di tasso alcolemico o dalla guida sotto l’effetto di stupefacenti.
In sostanza si potrebbe correre il rischio di darsi alla fuga, per tentare di evitare le conseguenze del sinistro, a fronte di una pena leggermente più alta in caso di successivo rintraccio. Proprio per evitare questo è stata prevista la pena minima di tre anni, come, tra l’altro, emerge anche dai lavori preparatori della proposta di legge nel 2015.
A questo punto una domanda nasce spontanea. Come mai il Legislatore nell’inserire nel nostro ordinamento giuridico l’articolo 590-ter c.p. (e anche l’articolo 589-ter c.p. in relazione all’omicidio stradale), ha parlato solo della condotta di fuga e non anche dell’omissione di soccorso?
Come noto il delitto di fuga è previsto dal già citato articolo 189 comma 6 del Codice della Strada a tutela della necessità di individuare l’autore del sinistro. Come abbiamo appena visto tale delitto è assorbito dai delitti di cui agli articoli 589-ter c.p. e 590-ter c.p., rispettivamente in caso di omicidio stradale e di lesioni stradali gravi8.
Di contro il delitto di omissione di soccorso, previsto dal comma 7 dallo stesso articolo 189, non è stato preso in considerazione dal Legislatore nel 2016, quando è stata inserita la circostanza aggravante della fuga in caso di omicidio stradale o di lesioni stradali gravi e gravissime.
Si ha la netta sensazione che sia stata una svista anche in considerazione del fatto che il disvalore della condotta presa in esame dal comma 7 sia maggiore della condotta del precedente comma 6. Infatti la pena minima per il delitto di omissione di soccorso è il doppio della pena minima prevista per il delitto di fuga (un anno contro 6 mesi) ed, inoltre, il comma 7 tende a difendere la vita e l’incolumità fisica, valore sicuramente superiore al bene giuridico difeso dal comma 6. Anche la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida prevista per l’omissione di soccorso (da 18 mesi a 5 anni) è superiore a quella prevista per la fuga (da 1 a 3 anni).
Possibile mai che dopo otto anni dalla Legge n. 41/2016 il Legislatore non abbia posto rimedio? Stranezza ancora più evidente leggendo il ragionamento della Corte Costituzionale che ha difeso la pena minima (e massima) di tre anni di reclusione prevista in caso di fuga nel caso di omicidio stradale o di lesioni stradali gravi e gravissime, proprio valutando il disvalore della condotta del conducente che scappa senza farsi identificare. E chi, invece, omette il soccorso mettendo a repentaglio la vita altrui? Evidentemente si applicano le due fattispecie in concorso tra loro (589-bis c.p. o 590-bis c.p. e 189 comma 7 cds) con pene decisamente più basse. Resta, comunque, il dilemma.
NOTE
- Tribunale ordinario di Milano, undicesima sezione penale, in composizione monocratica, con ordinanza n. 128 del 22 settembre 2022 e Tribunale ordinario di Monza, sezione penale, in composizione monocratica, con ordinanza n. 73 del 28 aprile 2023.
- Articolo 590-ter c.p. (Fuga del conducente in caso di lesioni personali stradali e nautiche) “Nel caso di cui all’articolo 590 bis, se il conducente si dà alla fuga, la pena è aumentata da un terzo a due terzi e comunque non può essere inferiore a tre anni”. Articolo inserito dall’art. 1, comma 2, Legge 23 marzo 2016, n. 41, a decorrere dal 25 marzo 2016, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, comma 8, della medesima legge n. 41/2016 e poi modificato dall’art. 1, comma 4 della L. 26 settembre 2023, n. 138.
- Articolo 590-bis c.p. (Lesioni personali stradali gravi o gravissime) – Comma 1. “Chiunque cagioni per colpa ad altri una lesione personale con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o della navigazione marittima o interna è punito con la reclusione da tre mesi a un anno per le lesioni gravi e da uno a tre anni per le lesioni gravissime”. Articolo inserito dall’art. 1, comma 2, L. 23 marzo 2016, n. 41, a decorrere dal 25 marzo 2016, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, comma 8, della medesima legge n. 41/2016.
- Articolo 583 comma 1 c.p.
- decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 rubricato “Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”.
- Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, articolo poi modificato più volte ed, in particolare, con la Legge 9 aprile 2003 n. 72, con il Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92, dalla Legge 29 luglio 2010, n. 120 e dalla Legge 23 marzo 2016, n. 41.
- Comma 1. Le disposizioni degli articoli precedenti non si applicano quando la legge considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti di un solo reato, fatti che costituirebbero, per se stessi, reato. Comma 2. Qualora la legge, nella determinazione della pena per il reato complesso, si riferisca alle pene stabilite per i singoli reati che lo costituiscono, non possono essere superati i limiti massimi indicati negli articoli 78 e 79.
- Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 28 giugno-27 luglio 2023, n. 32669); Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 21 aprile-5 luglio 2023, n. 28785; Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 7 luglio-7 ottobre 2022, n. 38015.
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