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LA CORTE COSTITUZIONALE INTERVIENE SULLA PROCEDURA DI ACQUISIZIONE AL PATRIMONIO COMUNALE A SEGUITO DI ABUSI EDILIZI, Luigi De Simone

E’ illegittimo non salvaguardare il diritto di ipoteca a favore del creditore non autore dell’abuso!

Luigi De Simone

AbstractLa Corte Costituzionale, chiamata a intervenire su una questione di legittimità costituzionale sollevata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in materia di abusi edilizi, si pronuncia a favore del diritto di ipoteca del creditore non responsabile dell’abuso.

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Con la recentissima sentenza n. 160 del 6 giugno 2024, depositata lo scorso 3 ottobre, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 31, comma 3, primo e secondo periodo, del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (c.d. Testo Unico Edilizia)1, nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire effettuato dall’Ente Comunale.

Si premette che il predetto Testo Unico Edilizia (TUE) nasce dalla fusione di due testi normativi dello stesso giorno, ovvero di un decreto legislativo2 e di un testo regolamentare3. Inoltre l’articolo 31 è stato recentemente modificato dal c.d. “Decreto Salva Casa”4, compreso lo stesso comma 3 (vedi grassetto), attenzionato dal Giudice delle Leggi con la citata sentenza e il comma 5.

Ma andiamo per ordine.

Il caso riguarda la cessione di un credito garantito da ipoteca, iscritta nel mese di gennaio 1994, su di un terreno sul quale i debitori avevano realizzato un immobile abusivo, ad una società che, a seguito del pignoramento dell’immobile e del terreno, aveva previsto la vendita dei predetti beni, in forza di decreto ingiuntivo richiesto dalla stessa società e ottenuto dal Tribunale ordinario di Palermo nel lontano 1993, per un credito pari ad oltre 220 milioni delle vecchie lire. Il creditore iniziava l’esecuzione forzata con atto di pignoramento del mese di luglio 2013, ma il Giudice dell’esecuzione, nel mese di giugno 2017, respingeva l’istanza dichiarando improcedibile l’esecuzione forzata, in quanto l’immobile abusivo e l’area di sedime erano stati precedentemente acquisiti al patrimonio comunale, ai sensi dell’art. 7, terzo comma, della legge sul primo condono5, con provvedimento di trascrizione nel mese di settembre 1994 (ovvero otto mesi dopo l’iscrizione ipotecaria). Il Tribunale adito dalla società per il giudizio di opposizione agli atti esecutivi, in data 9 luglio 2019, confermava la decisione del Giudice dell’Esecuzione, costringendo la società a ricorrere in Cassazione.  La Sezione terza civile della Corte di Cassazione ravvisava, ai sensi dell’art. 374, secondo comma, codice di procedura civile, una questione di massima di particolare importanza e, pertanto, rimetteva il tutto alle Sezioni Unite, in quanto notava che un orientamento prevalente riconosceva all’acquisizione al patrimonio comunale del bene il potere di estinguere eventuali diritti di garanzia, mentre il caso de quo era diverso in quanto l’ipoteca era stata iscritta prima del provvedimento di acquisizione (otto mesi prima).

Anche le SS.UU. ritenevano di non doversi discostare dall’orientamento prevalente, ma valutavano che residuerebbero in capo al creditore soltanto la possibilità di vantare il diritto sulla parte di beni esclusi dall’acquisizione o, in alternativa, la possibilità di richiedere il risarcimento del danno al debitore. Ma le stesse SS.UU. considerando entrambe le strade non percorribili, richiedevano l’intervento della Corte Costituzionale, ipotizzando in primis il contrasto con l’articolo 3 Cost. (tra i diritti fondamentali), reputando paradossale che il creditore ipotecario, il quale non abbia alcuna responsabilità nella realizzazione dell’abuso edilizio e nel conseguente rifiuto di procedere alla demolizione dell’immobile, veda compromesso il suo credito. In secondo luogo ipotizzano il contrasto con l’articolo 24 Cost. (tra i diritti e doveri dei cittadini nei rapporti civili), poiché il creditore vedrebbe gravemente pregiudicata la possibilità di soddisfarsi in via esecutiva sul bene oggetto di una garanzia, che in astratto, gli attribuisce il diritto di far espropriare il bene. Infine, ipotizzano il contrasto con gli articoli 42 (tra i diritti e doveri dei cittadini nei rapporti economici)  e 117 (ordinamento delle Repubblica), primo comma Cost., in relazione all’art. 1 Prot. addiz. CEDU6, laddove nel caso concreto il principio della necessità di realizzare un giusto equilibrio tra l’interesse generale alla regolamentazione dei beni e la salvaguardia dei diritti fondamentali potrebbe subire compromissioni.

Secondo la Corte Costituzionale la censura si focalizza, in sostanza, sull’irragionevole sacrificio imposto al creditore ipotecario, non responsabile dell’abuso edilizio, rispetto al credito garantito da ipoteca che, invece, gode nell’ordinamento giuridico di una protezione peculiare.

I Giudici Costituzionali, citando una vecchissima sentenza7 ritenevano che, qualora il proprietario sia estraneo all’illecito e non abbia la possibilità di ottemperare direttamente all’ordine di demolizione, non essendo il bene nella sua materiale disponibilità, non possono ricorrere i presupposti per l’acquisizione gratuita del bene.

Per tali motivi la Corte Costituzionale dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, terzo comma, della citata Legge 28 febbraio 1985, n. 47 (vigente all’epoca dei fatti), ed anche del citato articolo 31 TUE che dal 2001 ha sostituito la norma anzidetta, rispetto agli articoli 3, 24 e 42 Cost., nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire.

Certamente una pronuncia importante a tutela dei diritti dei creditori, ma arrivata dopo ben trent’anni dal provvedimento di ipoteca (gennaio 1994) e dal provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale (settembre 1994)!!! Sembrano davvero troppi per vedere effettivamente tutelati i propri diritti. Qualcosa deve essere migliorato nel sistema giudiziario civilistico.

E una domanda nasce spontanea. Ma tali principi valgono anche per le procedure di demolizione incardinate presso le Procure della Repubblica presso le Corti di Appello, ovvero le cc.dd. Procedure RESA (Registro Esecuzione Sanzioni Amministrative), che, come noto, rappresentano una procedura parallela e autonoma, mai alternativa alla procedura in capo agli Enti Locali?


NOTE

  1. Articolo 31 comma 3 rubricato (Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali). “Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita. Il termine di cui al primo periodo può essere prorogato con atto motivato del comune fino a un massimo di duecentoquaranta giorni nei casi di serie e comprovate esigenze di salute dei soggetti residenti nell’immobile all’epoca di adozione dell’ingiunzione o di assoluto bisogno o di gravi situazioni di disagio socio-economico, che rendano inesigibile il rispetto di tale termine”.
  2. Decreto Legislativo 6 giugno 2001 n. 378 rubricato “Disposizioni legislative in materia edilizia (Testo B)”. Nel TUE le norme provenienti da questo testo legislativo sono indicate con la lettera “L”.
  3. Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n. 379 rubricato “Disposizioni regolamentari in materia edilizia (Testo C)”. Nel TUE le norme provenienti da questo testo regolamentare sono indicate con la lettera “R”.
  4. Decreto Legge 29 maggio 2024, n. 69 rubricato “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica” convertito con Legge 24 luglio 2024, n. 105.
  5. Legge 28 febbraio 1985, n. 47 rubricata “Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia.
    Sanzioni amministrative e penali”.
  6. Articolo 1 del protocollo addizionale CEDU rubricato “Protezione della proprietà”. Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale. Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.
  7. Sentenza Corte Costituzionale n. 345 del 1991.

 


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