Malgrado la vittoria di Donald Trump, Canaan continuerà a essere un problema israelo-palestinese
Abstract: Canaan! Questa “Terra” compare nelle storie dei patriarchi Abramo, Isacco, Giacobbe, che vi pongono le loro sedi di pastori nomadi. Tale è ripreso nel racconto dell’Esodo degli Ebrei dall’Egitto e del loro ingresso nella “Terra Promessa” (Torah ebraica), allora abitata dai Cananei e terra assegnata a Canaan, figlio di Cam. Tale è citata anche nel Corano, nel particolare dell’Elevazione del Profeta Maometto nella Surah 18.
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COSA CAMBIERÀ DOPO L’ELEZIONE DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE
La rielezione di Trump alla Casa Bianca sembrerebbe portare ad una rapida soluzione del conflitto in Medio Oriente, in particolare attraverso la riaffermazione degli “Accordi di Abramo”, tuttavia si deve tener conto che esso fu sottoscritto solo da sei nazioni: Egitto, Giordania, Marocco, Bahrain, Emirati Arabi Uniti e Sudan delle 22 aderenti alla Lega Araba della quale fa parte anche la Palestina.
D’altra parte, sin dal precedente mandato l’interesse di Donald Trump per il Medio Oriente è stato caratterizzato da un valore soprattutto economico, in particolare il business sul petrolio, di cui gli Stati Uniti, da non dimenticare, sono i primi produttori al mondo. Quindi, i rapporti nella regione continueranno ad essere di importanza vitale per gli USA, in particolare con sempre importanza con l’Arabia Saudita, che sin dal 2017 Trump stesso scelse per il suo primo viaggio all’estero da Presidente.
I sauditi per l’acquisto di armi nel 2023 hanno speso circa 80 miliardi di dollari, il quinto paese dopo Usa, Cina, Russia e India. Trump terrà sicuramente in debito conto che l’Arabia Saudita ha la seconda produzione mondiale di petrolio, con 11,13 milioni di barili al giorno, e assieme ad altri paesi arabi ha fatto rilevanti investimenti sulle infrastrutture del futuro, molti dei quali con la Cina.
Donald Trump, nel corso della campagna elettorale, ha affermato più volte che le priorità economico-finanziarie per il futuro degli USA volgono indispensabilmente verso i nuovi scenari dell’Indo-Pacifico, dove urge riaffermare la guida saudite e americana. Inoltre, dal punto di vista geopolitico, è da sottolineare che l’Arabia Saudita è il primario esportatore e fornitore di petrolio per la Cina che, in maniera molto faziosa, nel dicembre 2023 ha fatto sedere allo stesso tavolo Arabia Saudita e Iran per tentare di porre fine alla guerra civile in Yemen tra sunniti e shiiti. In questa maniera, per contro, ha lasciato libero campo agli Huthi, mettendo in serio pericolo oltre che la stessa Israele, anche l’intero traffico mercantile per l’Europa transitante nell’area Golfo di Aden – Mar Rosso.
COSA CAMBIERÀ PER ISRAELE CON TRUMP
Israele storicamente ha rappresentato per l’Arabia Saudita un utile contrappeso ai propri rivali regionali, svolgendo indirettamente un ruolo chiave per l’affermazione della leadership di Riad nel mondo arabo. La Stato ebraico si trova l’Iran come principale nemico in questo momento, anche epr aver armato e coordinato in prima persona l’insieme dei brutali attacchi di Hamas ed Hezbollah nei suoi confronti.
La definitiva normalizzazione delle relazioni tra Israele e l’Arabia Saudita risulta quindi indissolubilmente legata a due fattori: concessioni sul fronte securitario ed economico da parte degli Stati Uniti alla monarchia saudita e la formazione di un effettivo Stato Palestinese tanto richiesto dall’Arabia Saudita che, per il suo ruolo di leader del mondo arabo e per l’intera area MENA (Middle East and North Africa), non può permettersi di mancare per normalizzare appieno i rapporti con lo Stato ebraico.
Con ogni probabilità dunque Trump chiederà a Benjamin Netanyahu di porre fine alla guerra a Gaza e nel Sud del Libano, esercitando una forte pressione per favorire la nascita di uno stato Palestinese.
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