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LO STATO DI “FLAGRANZA” NON SUSSISTE QUANDO L’ARRESTO E’ EFFETTUATO DAL PRIVATO CITTADINO?, Luigi De Simone

La Cassazione sostiene di si! (sentenza n. 33469/2024)

Luigi De Simone

AbstractLa Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha statuito che sussiste la flagranza di reato anche quando le forze di polizia intervengono successivamente all’arresto effettuato dal  privato cittadino

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La Corte di Cassazione1 ha recentemente statuito che l’arresto di un ladro eseguito dalla Polizia Municipale, ma di fatto effettuato dalla parte offesa2 nell’immediatezza del furto subito, è valido, respingendo, così, il ricorso del condannato e confermando anche la misura cautelare, applicata dal Tribunale, del divieto di dimora nel Comune di Roma.

Analizziamo i fatti accaduti: la persona offesa, mentre passeggiava, si rendeva conto che un tizio, poi condannato, stava frugando nella sua borsa; riusciva a fermarlo con l’aiuto di amici e recuperava gli oggetti appena sottratti. Un attimo dopo si rendeva conto che, comunque, mancava il telefonino, probabilmente appreso da un secondo soggetto, che la vittima aveva visto allontanarsi appena prima. Il primo individuo, nonostante tentasse di scappare, veniva bloccato dalla vittima con l’aiuto dei suoi amici, e poi veniva tratto in arresto da una pattuglia della Polizia Municipale in transito poco dopo. Il Tribunale di Roma convalidava l’arresto ritenendo sussistente lo stato di flagranza del reato.

Si premette che anche il privato cittadino, ai sensi dell’articolo 383 del codice di procedura penale, in caso di flagranza di reato, seppure non direttamente coinvolto quale parte offesa, può limitare la libertà personale dell’autore del reato, in caso di delitti perseguibili d’ufficio, per i quali è previsto l’arresto obbligatorio, di cui all’articolo 380 stesso codice (rubricato “arresto obbligatorio in flagranza”).

L’arrestato rivendicava la nullità dell’Ordinanza del Tribunale romano, ai sensi dell’articolo 606 codice di procedura penale, disciplinante i casi di ricorso per Cassazione, in quanto non riteneva sussistente la flagranza di reato e nè tantomeno la quasi-flagranza3, presupposti necessari per poter procedere all’arresto, visto che la Polizia Municipale aveva tratto in arresto il ricorrente trenta minuti dopo il furto del telefono cellulare.

La S.C. rigettava il ricorso in quanto:

  • la vittima non aveva mai perso il contatto con l’autore del furto, commesso in concorso con il complice scappato;
  • non è necessario che la polizia giudiziaria, ove proceda all’arresto di chi è inseguito dalla vittima o da altre persone, abbia avuto diretta cognizione del delitto, essendo sufficiente che essa abbia avuto diretta cognizione dell’inseguimento, ad opera di terzi e immediatamente dopo il reato stesso, dell’autore del delitto che si sia dato alla fuga;
  • è, altresì, rilevante il fatto che colui che esegue l’arresto si determini, indipendentemente dalla condizione personale di appartenenza alla forza pubblica ovvero di privato cittadino, in virtù della diretta percezione del fatto costituente reato e non sulla base di informazioni ricevute da terzi.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha ritenuto sussistente anche l’ipotesi di cui alla seconda parte dell’art. 382, comma 1, codice di procedura penale4, in quanto il condannato subito dopo il reato, è stato bloccato dalla persona offesa, con chiari indizi dai quali è emerso che abbia commesso il reato immediatamente prima.

Certamente non capita tutti i giorni che un privato cittadino arresti un ladro consegnandolo alle forze di polizia. Spesso ci si limita a recuperare la merce lasciando andare il colpevole, evidentemente per evitare di assumersi la responsabilità di trattenerlo o semplicemente perché il ladro è più scaltro a divincolarsi. Nel caso in esame la vittima, grazie all’aiuto di alcuni amici, è riuscita a consegnare il malvivente alla giustizia. Sinceramente non saprei cosa consigliare: limitarsi a recuperare la refurtiva o usare la forza per trattenere il ladro? Nel secondo caso le insidie sono numerose, soprattutto per la resistenza che il malfattore pone in essere, rischiando di procurarsi o procurare lesioni. Si hanno a disposizione pochi attimi per decidere cosa fare. Non essendo previsto nessun obbligo di arresto da parte del privato cittadino, diversamente dagli obblighi in capo alle forze di polizia, esorto a valutare bene la situazione, l’ambiente circostante, la possibilità di chiedere aiuto e l’atteggiamento del reo, prima di decidere. La vita umana vale molto di più di mille oggetti di valore. Nel caso in cui si decidesse di “arrestare” il ladro, non è banale rammentare che bisogna essere certi che sia proprio questi l’autore del reato, soprattutto quando ci si trovi in zone affollate, come in metropolitana, ove regna il monopolio delinquenziale di ladre di etnia rom, o durante lo svolgimento di manifestazione, perché se poi non si dovesse trovare la refurtiva, potrebbe essere impossibile dimostrare la legittimità dell’arresto.

Occorre, infine, essere certi che ci si trovi in presenza di un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio, ex articolo 380 c.p.p., e che lo stesso sia perseguibile d’ufficio. Insomma, non proprio una passeggiata tranquilla.


NOTE

  1. Corte di Cassazione, sezione V, sentenza n. 33469 del 29 maggio 2024 e depositata il 3 settembre 2024.
  2. Ai sensi dell’articolo 383 c.p.p. (Facoltà di arresto da parte dei privati) che recita testualmente: comma 1. “Nei casi previsti dall’articolo 380 ogni persona è autorizzata a procedere all’arresto in flagranza, quando si tratta di delitti perseguibili di ufficio. – comma 2. La persona che ha eseguito l’arresto deve senza ritardo consegnare l’arrestato e le cose costituenti il corpo del reato  alla polizia giudiziaria la quale redige il verbale della consegna e ne rilascia copia”.
  3. Ravvisabile solo in caso di immediata ed autonoma percezione, da parte di chi proceda all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato.
  4. articolo 382 c.p.p. (Stato di flagranza) comma 1 che recita testualmente: “È in stato di flagranza chi viene colto nell’atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima”.

 

 


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