Assange perseguitato per aver svelato crimini di guerra dell’esercito statunitense pubblicando il video [collateral murder] dell’uccisione di civili inermi e dei loro soccorritori
Abstract: 15 anni fa, il 12 luglio 2007, un elicottero Apache degli Stati Uniti sparò su civili inermi a Baghdad, uccidendone 18, scambiando un giornalista per un rivoltoso e la sua macchina fotografica per un’arma, agendo con grande superficialità e commentando con compiacimento l’esecuzione. Julian Assange nel 2010 ha pubblicato il video della strage su Wikileaks e da allora è perseguitato.
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I FATTI
Il 12 luglio 2007 intorno alle 10.30 ora locale, una squadriglia di elicotteri statunitensi sta pattugliando il quartiere di Baghdad al-Amin al-Thaniyah. Uno di essi, un Boeing AH-64 Apache, è insospettito da due civili, che in realtà erano giornalisti, scambiando una grossa telecamera per un lanciarazzi e, dopo un breve confronto audio molto sbrigativo con il caposquadriglia, apre il fuoco su civili iracheni scambiandoli per sovversivi.
Dopo il primo attacco gli elicotteri aprirono nuovamente il fuoco su un minivan che era venuto in soccorso dell’unico superstite, uccidendo lui e i soccorritori.
Furono uccisi 18 civili tra i quali 2 giornalisti dell’agenzia internazionale Reuters e furono anche feriti 2 bambini.
LA PUBBLICAZIONE DEL VIDEO DELLA STRAGE
Nell’aprile del 2010 Julian Assange ha messo online sul sito Wikileaks, che lui stesso ha fondato, il video della strage destando scalpore e indignazione in tutto il mondo.
Oltre alla gravità dei fatti, al numero delle vittime e alla brutalità con cui venne condotta l’operazione, quello che ha creato una forte indignazione nell’opinione pubblica è stata non solo la superficialità dell’operazione e la mancanza di requisiti per sferrare l’attacco (soprattutto quello verso i soccorritori) ma anche i dialoghi dei militari e le reazioni di compiacimento durante l’esecuzione.
Il rapporto dei militari statunitensi ha dichiarato che gli obbiettivi erano in possesso di fucili d’assalto, lanciarazzi e videocamere, ma dal video non emergono chiaramente armi.
IL VIDEO SU WIKILEAKS
LE GIUSTIFICAZIONI E LE INDAGINI
Gli Stati Uniti hanno dichiarato che i giornalisti erano accompagnati da rivoltosi e che non avevano alcun indumento che permettesse ai militari statunitensi di essere riconosciuti come addetti alla stampa. Onde evitare nuovi incidenti hanno consigliato d’indossare indumenti riconoscibili e di comunicare alle autorità i propri spostamenti.
L’agenzia internazionale Reuters ha svolto delle indagini per capire meglio la situazione che ha visto caduti sul campo due dei suoi uomini: Saeed Chmagh (40 anni), autista, e Namir Noor-Eldeen (22 anni) fotografo. I residenti dell’area dell’attacco e i testimoni intervistati da Reuters hanno dichiarato di non aver visto uomini armati nelle immediate vicinanze in cui Noor-Eldeen e Chmagh sono stati uccisi.
Le forze armate statunitensi hanno restituito a Reuters due fotocamere digitali appartenenti a Noor-Eldeen prese dai soldati americani dal luogo dell’agguato. Nessuna foto scattata da Noor-Eldeen il 12 luglio mostra scontri tra militanti e forze statunitensi. Le immagini non mostrano uomini armati, né residenti in cerca di copertura. L’esercito americano ha dichiarato invece di aver chiamato un “rinforzo dell’aviazione di attacco” dopo essere stato colpito da armi leggere e granate a propulsione.
LE CONSEGUENZE DELLA PUBBLICAZIONE
Il video era materiale classificato top secret era stato passato da Chelsea Manning, trangender nata Bradley Edward Manning (1987), analista di intelligence durante le operazioni militari in Iraq, condannata a 35 anni di carcere con l’accusa di reato contro la sicurezza nazionale per aver trafugato documenti riservati e di averli consegnati all’organizzazione WikiLeaks.
Scarcerata, dopo sette anni e quattro mesi, il 17 gennaio 2017 per grazia del presidente uscente Barack Obama, è ritornata in carcere dall’8 marzo 2019 per aver rifiutato di testimoniare davanti a un Grand jury contro WikiLeaks, uscendo nuovamente di prigione il 12 marzo 2020.
Il Regno Unito, che ha imprigionato da anni Julian Assange senza alcuna condanna, ha concesso l’estradizione negli Stati Uniti dove sarà processato per aver pubblicato questi documenti rischiando 175 anni di carcere!
Si stanno moltiplicando proteste in tutto il mondo e anche in Italia (vds.reportage a della recente protesta a Milano del 3 luglio scorso). Si sono mobilitate per Assange numerose organizzazioni internazionali e anche Amnesty Interational, che chiede l’annullamento delle accuse e il rispetto della libertà di stampa, l’Ordine Nazionale dei Giornalisti Italiani lo scorso 6 luglio gli ha concesso la tessera onoraria.
PER APPROFONDIMENTI SI SEGNALA IL SITO DI AMNESTY INTERNATIONAL
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