Una serie di questioni spinose risolte con una sola Ordinanza
Abstract: La Cassazione ha trovato la soluzione per una serie di interrogativi, che spesso affollano gli uffici delle Prefetture e dei Giudici di Pace, riferiti all’obbligo di copertura assicurativa su area privata condominiale, sull’esatta individuazione del luogo dell’infrazione e sull’esatta individuazione dell’agente verbalizzante.
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A fine anno scorso, esattamente lo scorso 28 dicembre, è stata pubblicata un’Ordinanza della Cassazione 1 che quantitativamente è degna di nota. Infatti con una sola pronuncia gli Ermellini si esprimono su una serie di questioni spinose che quotidianamente affollano gli uffici delle Prefetture e dei Giudici di Pace nell’ambito dei ricorsi avverso le sanzioni amministrative irrogate dalla Polizia Stradale per le violazione alle norme del Codice della Strada.
Ma andiamo per ordine. Il Giudice di Pace di Lucca respinse l’opposizione nei confronti di un verbale di accertamento per aver lasciato in sosta la propria autovettura in proprietà privata, priva di assicurazione, ex art. 193 cds. Il Tribunale di Lucca2, a seguito di rituale impugnazione del soccombente, rigettò il gravame. Quest’ultimo ha ritenuto che fosse pacifico il fatto storico della sosta. La tesi dell’appellante in ordine alla circostanza che, trattandosi di un parcheggio privato, non avrebbe trovato applicazione l’obbligo di copertura assicurativa, si sarebbe infranta contro l’evidenza di un luogo comunque aperto alla circolazione veicolare. L’equiparazione delle aree private alle strade di uso pubblico non avrebbe potuto impedire la possibilità di sinistri stradali.
Il ricorso per Cassazione viene proposto per nove differenti motivi, tra cui alcuni molto interessanti in quanto vertenti su situazioni di ricorrente quotidianità che spesso sono pretesti per proporre sistematici ricorsi avverso alle sanzioni elevate da operatori di Polizia Stradale (nel caso di specie Polizia Municipale).
Si premette che otto punti su nove sono stati “rispediti al mittente” mentre l’unico accolto è afferente il valore della controversia che non rileva per questo elaborato.
Esaminiamo alcuni punti di particolare interesse e proviamo a commentare il ragionamento della S.C.
Con il primo motivo , il ricorrente deduceva la violazione e la falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 24 e 111 Cost. e art. 360 n. 4 c.p.c. I giudici di merito non avrebbero fornito una vera ed idonea motivazione circa la validità dei verbali impugnati (verbale per la violazione e verbale di sequestro amministrativo).
La Cassazione respinge le doglianze del primo motivo sostenendo che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non sono più ammissibili nel ricorso per Cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato solo quando la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, riprendendo una sentenza dell’inizio del 20223;
Con il secondo motivo il ricorrente rappresentava la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 111 comma 6° Cost., 200 e 201 CdS., 383 e 385 D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495.
In realtà il secondo motivo contiene due questioni ovvero che non sarebbe stato identificabile con certezza l’agente che aveva proceduto all’accertamento e né il luogo della presunta violazione e che, per tali motivi, il verbale notificato non sarebbe stato perciò idoneo a garantire l’esercizio del diritto di difesa e dunque non avrebbe goduto di alcuna fede privilegiata.
In riferimento alla non identificabilità dell’agente accertatore i Giudici ritengono valido il principio, già enunciato dalla stessa S.C., secondo cui in tema di violazioni del codice della strada, la validità della contestazione, quale che sia la forma usata, dipende unicamente dalla sua idoneità a garantire l’esercizio del diritto di difesa al quale è preordinata e solo tale accertata inidoneità può essere causa di nullità del verbale e della successiva ordinanza-ingiunzione4. Inoltre, ricorda la Corte, che il verbale di accertamento può essere validamente sottoscritto da un agente diverso da quello che ha rilevato materialmente l’infrazione, atteso che l’art. 383 del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, nel disciplinare le modalità della contestazione immediata richiede esclusivamente che l’atto sia redatto da “agente accertatore” ovvero da uno dei componenti dell’organo o della pattuglia abilitata a compiere gli accertamenti di competenza dell’organo stesso, senza distinzione tra chi abbia rilevato direttamente la violazione e chi non abbia partecipato direttamente a tale fase, essendo sufficiente che la sottoscrizione possa essere inequivocabilmente riferibile ad uno degli agenti della pattuglia5. Questa conclusione, a parere di chi scrive, da una prima lettura potrebbe contenere qualche problema di diritto.
In riferimento, poi, alla lamentata mancanza di specificità del luogo, la Cassazione premettendo che il verbale di contestazione della infrazione deve contenere gli estremi dettagliati e precisi della violazione, a norma dell’art. 201 cod. strada, come ribadito dall’art. 383, comma 1, del relativo regolamento di esecuzione, ritiene che, ove sia stata indicata nel verbale la strada, sia rispettato il dettato normativo, a meno che tale dato (il numero civico nel caso di specie) fosse sufficiente e necessario per dimostrare che l’infrazione contestata non fosse stata commessa6. Appare ovvio dedurre che la mancanza di copertura assicurativa sia configurabile indipendentemente dal civico ove fosse in sosta l’auto in questione.
Con il terzo motivo il ricorrente lamentava la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 111 Cost., dell’art. 193 CdS, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., in quanto gli operanti avrebbero omesso di inviare al proprietario del veicolo l’invito ad esibire documenti, ex articolo 180 comma 8°, prima di procedere ad emettere la sanzione. Tale motivo è stato ritenuto dalla S.C. inammissibile per carenza di autosufficienza. Infatti il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare di aver dedotto specificamente avanti il Tribunale la suddetta invocata violazione, cosa che non è stata fatta.
Il quarto motivo riferito alla mancanza di contestazione immediata è stato ritenuto dai Giudici destituito di fondamento. La mancanza del trasgressore, motivo espressamente previsto dal Legislatore, pone gli operanti nella insormontabile impossibilità di contestazione immediata.
Particolarmente interessante è il quinto mezzo d’impugnazione, ultimo affrontato con questo elaborato, che s’incentra sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 200 e 201 CdS., 383 e 385 D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, ex art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., giacché la sentenza del Tribunale impugnata avrebbe omesso di considerare che la sosta era in atto su posti auto realizzati sull’area privata condominiali accessibile solo ai condomini o autorizzati dagli stessi.
La Corte ritiene questo motivo infondato. Il ricorrente assume che l’area dove era alloccata l’autovettura fosse di proprietà privata, ma non ha dimostrato che la strada fosse privata ed inibita al passaggio delle auto di terzi, anche per la sosta temporanea. A tal proposito la Corte cita un’ interessante giurisprudenza già citata dallo stesso Tribunale di Lucca nella sentenza poi appellata “La definizione di “strada”, che comporta l’applicabilità della disciplina del relativo codice, non dipende dalla natura, pubblica o privata, della proprietà di una determinata area, bensì dalla sua destinazione ad uso pubblico, che ne giustifica la soggezione alle norme del codice della strada per evidenti ragioni di ordine pubblico e sicurezza collettiva”7.
Tale conclusione è basata sul ragionamento della Corte secondo cui “…la circostanza di essere i testi escussi proprietari esclusivi di aree adiacenti non elimina la possibilità che l’area fosse comunque aperta al pubblico”, sostenendo che “…si afferma che l’area dove era alloccata l’autovettura fosse di proprietà privata, ma ciò non dimostra che la stessa fosse inibita al passaggio di altri veicoli di terzi“, che condivide le conclusioni del Tribunale prima citato che testualmente scrive “Come si desume dalle fotografie in atti, il parcheggio comunque aperto alla circolazione, ragione per cui non è seriamente contestabile l’obbligo assicurativo, la cui ratio risiede nella esigenza che il veicolo, per quanto in sosta, possa essere coinvolto in sinistri stradali o possa essere causa o concausa degli stessi”.
Come anticipato l’Ordinanza de quo contiene interessanti spunti di diritto, soprattutto quelli appena citati, riferiti all’applicabilità delle norme del codice della strada in una proprietà privata soggetta comunque ad utilizzo indiscriminato e non solo da parte dei proprietari stessi, al concetto di “luogo preciso” ove è avvenuta la presunta violazione ed al concetto di “agente accertatore”.
NOTE
- Ordinanza Cassazione Civile Ord., Sez.II, n. 37851 del 24 novembre e pubblicata il 28 dicembre 2022;
- Sentenza n. 590/2019 depositata il 5 aprile 2019;
- Sentenza Cassazione, Sez. I, n. 7090 del 3 marzo 2022;
- Sentenza, Sez. II, n. 462 del 14 gennaio 2016;
- Sentenza, Sez. II, n. 17753 del 21 agosto 2007;
- Sentenza, Sez. II, n. 9974 del 16 maggio 2016;
- Sentenza Cassazione, Sez. II n. 14367 del 5 giugno 2018.
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