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Diritto Giurisprudenza Luigi De Simone NOTIZIE

DETENZIONE DI UN’INGENTE QUANTITA’ DI SOSTANZA STUPEFACENTE: OCCORRE COMUNQUE DIMOSTRARE LO SPACCIO, Luigi De Simone

Una ingente  quantità non basta da sola  a ritenere colpevole il detentore per spaccio di droga

Luigi De Simone

Abstract: Ai fini della configurabilità del reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, spetta alla pubblica accusa l’onere di dimostrare la finalità dello spaccio, nonostante il sequestro di un’ ingente quantità di droga e il possesso di un bilancino di precisione.

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Ai fini della configurabilità del reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 731, spetta alla pubblica accusa l’onere di dimostrare la finalità dello spaccio.

Questa è la conclusione a cui è giunta la Corte di Cassazione con una recente sentenza della VI sezione penale2.

La stessa sentenza richiama altra precedente pronuncia della stessa sezione VI del 20203, che faceva riferimento all’orientamento nomofilattico secondo il quale, ai fini della configurabilità del reato di illecita detenzione di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, la destinazione all’uso personale della sostanza stupefacente non ha natura giuridica di causa di non punibilità e non è onere dell’imputato darne la prova, gravando invece sulla pubblica accusa l’onere di dimostrare la destinazione allo spaccio.

Veniamo al caso recentemente affrontato dagli Ermellini.

Il condannato ad un anno di reclusione ed euro duemilacinquecento di multa dal Tribunale di Agrigento, condanna poi confermata dalla Corte di Appello di Palermo,  per il delitto di cui al comma 5 del predetto articolo 73, ricorreva in Cassazione. Tra i motivi di ricorso, deduceva la violazione della legge processuale per difetto assoluto di motivazione della sentenza, in quanto la sussistenza del reato era stata ritenuta provata unicamente in ragione del valore ponderale della sostanza rinvenuta, in assenza di ulteriori indici sintomatici di una possibile immissione nella stessa nel mercato, fermo restando che l’unico strumento trovato era stato un bilancino di precisione che assume valenza neutra, difettando ulteriori indici dimostrativi in merito all’offensività della condotta.

I Giudici, partendo dalla citata sentenza del 2020, di annullamento senza rinvio di una sentenza di condanna con la quale non si era ritenuta dimostrata la detenzione per l’uso personale, nonostante l’imputato fosse tossicodipendente, fosse stata rinvenuta una quantità minima di sostanze stupefacenti e non vi fossero specifici elementi dai quali desumere la destinazione delle stesse alla cessione a terzi, concludevano che non era stata in alcun modo provata la finalità di spaccio, mentre la condotta dell’imputato appariva essere compatibile con l’acquisto ad uso personale della sostanza stupefacente, anche a mò di scorta. La Corte proseguiva affermando che “il dato ponderale della sostanza ha, infatti, solo valore indiziario, e l’impostazione argomentativa dei giudici di merito, nella quale è ravvisabile un erroneo impiego di massime di esperienza, permette di rilevare la mancanza assoluta di prova circa l’esistenza di un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice contestata”. Nel caso in esame era stato sequestrato un  involucro di carta stagnola, custodito all’interno del frigo, contenente marijuana, quantità corrispondente a circa 45 dosi medie singole e un bilancino di precisione.

Quindi, 45 dosi e un bilancino di precisione, tra l’altro compatibile con l’utilizzo da parte di un consumatore abituale, non sono stati sufficienti a dimostrare il possesso della sostanza ai fini dello spaccio.

Ma l’orientamento secondo il quale è la pubblica accusa a dover dimostrare la finalità di spaccio, non essendo bastevole la sola detenzione di un considerevole numero di dosi di sostanza stupefacente, è risalente nel tempo: è, infatti, giurisprudenza costante e ricorrente, a partire dalla celebre sentenza delle SS.UU. del 19974. Secondo l’orientamento consolidato nel tempo:

  •  la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione5;
  • la destinazione della droga al fine di spaccio può essere dimostrata in base ad elementi oggettivi univoci e significativi, quali il notevole quantitativo della droga, il rinvenimento dello strumentario che lo spacciatore tipicamente utilizza per il confezionamento delle dosi e le modalità di detenzione della droga6 (caso relativo a grammi 791,24 netti di hashish utilizzabili per la preparazione di 1702 dosi, in parte nascosti nel cruscotto dell’autovettura, in parte addosso al soggetto, in parte in casa di questi, ove venivano rinvenuti cartine e bilancino di precisione);
  • il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto e l’eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dall’art. 73, comma 1 bis, lett. a), del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 3097, non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione, fermo restando però che il possesso di un quantitativo di droga superiore ai predetti limiti tabellari, se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spaccio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione8 (caso in cui la Corte ha rigettato il ricorso avverso la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto di condannare per la detenzione dell’equivalente di 27,5 dosi di eroina, anche in considerazione della accertata incapacità economica dell’imputato ai fini della costituzione di “scorte” per uso personale);
  • il considerevole numero di dosi ricavabili, ben può essere ritenuto un indizio della destinazione della droga ad un uso non esclusivamente personale  e, se tale quantitativo è accompagnato da altri elementi come il possesso del bilancino, la pluralità e diversità di sostanze detenute, la sproporzione tra le possibilità economiche dell’imputato ed una siffatta scorta, ciò costituisce valida motivazione per escludere l’utilizzo dello stupefacente, in tutto o in parte, ad uso esclusivamente personale9.

Appare, quindi, acclarato che, affinchè il possesso di una quantità anche considerevole di sostanza stupefacente possa integrare gli estremi del reato di illecita detenzione,  occorre dimostrare altri elementi che nel loro complesso qualifichino la condotta come penalmente rilevante. Tra gli elementi da valutare troviamo la presenza di bilancini di precisione, di somme di denaro non compatibili con lo stato economico del detentore, di una quantità di scorte di sostanze non compatibile con l’incapacità economica del presunto spacciatore, di diverse tipologie di sostanze, anche in considerazione delle modalità di occultamento delle stesse etc.


NOTE

  1. D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73 (Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope) «1. Chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall’articolo 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000. 1-bis. Con le medesime pene di cui al comma 1 è punito chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene: a) sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute emanato di concerto con il Ministro della giustizia sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell’azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale; b) medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope elencate nella tabella II, sezione A, che eccedono il quantitativo prescritto. In questa ultima ipotesi, le pene suddette sono diminuite da un terzo alla metà. 2.Chiunque, essendo munito dell’autorizzazione di cui all’articolo 17, illecitamente cede, mette o procura che altri metta in commercio le sostanze o le preparazioni indicate nelle tabelle I e II di cui all’articolo 14, è punito con la reclusione da sei a ventidue anni e con la multa da euro 26.000 a euro 300.000.  3.Le stesse pene si applicano a chiunque coltiva, produce o fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di autorizzazione. 4. Quando le condotte di cui al comma 1 riguardano i medicinali ricompresi nella tabella II, sezioni A, B, C e D, limitatamente a quelli indicati nel numero 3-bis) della lettera e) del comma 1 dell’articolo 14e non ricorrono le condizioni di cui all’articolo 17, si applicano le pene ivi stabilite, diminuite da un terzo alla metà. 5. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329. 5-bis. Nell’ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai reati di cui al presente articolo commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, su richiesta dell’imputato e sentito il pubblico ministero, qualora non debba concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi previste. Con la sentenza il giudice incarica l’ufficio locale di esecuzione penale esterna di verificare l’effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità. L’ufficio riferisce periodicamente al giudice. In deroga a quanto disposto dal citato articolo 54 del decreto legislativo n. 274 del 2000, il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata. Esso può essere disposto anche nelle strutture private autorizzate ai sensi dell’articolo 116, previo consenso delle stesse. In caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, in deroga a quanto previsto dal citato articolo 54 del decreto legislativo n. 274 del 2000, su richiesta del pubblico ministero o d’ufficio, il giudice che procede, o quello dell’esecuzione, con le formalità di cui all’articolo 666 del codice di procedura penale, tenuto conto dell’entità dei motivi e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della pena con conseguente ripristino di quella sostituita. Avverso tale provvedimento di revoca è ammesso ricorso per cassazione, che non ha effetto sospensivo. Il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena per non più di due volte. 5-ter. La disposizione di cui al comma 5-bis si applica anche nell’ipotesi di reato diverso da quelli di cui al comma 5, commesso, per una sola volta, da persona tossicodipendente o da assuntore abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope e in relazione alla propria condizione di dipendenza o di assuntore abituale, per il quale il giudice infligga una pena non superiore ad un anno di detenzione, salvo che si tratti di reato previsto dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale o di reato contro la persona. 6. Se il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro, la pena è aumentata. 7.Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti. 7-bis. Nel caso di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti, a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, è ordinata la confisca delle cose che ne sono il profitto o il prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, fatta eccezione per il delitto di cui al comma 5, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto».
  2. Cassazione penale, sezione VI, sentenza n. 26216 del 14 marzo 2023 e depositata il 16 giugno 2023.
  3. Cassazione penale, sezione VI, sentenza n. 26738 del 18 settembre 2020 e depositata il 25 settembre 2020.
  4. Cassazione SS.UU., n. 4 del 28 maggio 1997.
  5. Cassazione penale, sezione IV, sentenza n. 7191 del 11 gennaio 2018 e depositata il 14 febbraio 2018.
  6. Cassazione penale, sezione IV, sentenza n. 36755 del 4 giugno 2004.
  7. D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 art. 73 «1-bis, …omissis… a) sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute emanato di concerto con il Ministro della giustizia sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell’azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale»,
  8. Cassazione penale, sezione VI, sentenza n. 11025 del 6 marzo 2013.
  9. Cassazione penale, sezione IV, sentenza n. 16180 del 5 aprile 2022 e depositata il 2 maggio 2022.

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