Il dia-logos sociale ed emotivo di Daniele Dell’Uomo
Abstract: Le cose buone sono anche belle e quelle belle sono buone, quindi l’etica è bellezza e viceversa. Questo perché il concetto di bellezza greco è qualcosa di ben più profondo di un canone mutevole e fugace come le mode. L’arte di Daniele Dell’Uomo esprime la bellezza e l’etica in maniera indissolubili, come nell’accezione greca, dell’endiade kalòs kai àgatòs [bello buono].
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La cultura greca ha posto la bellezza e l’etica come una endiade(1) “bello buono” che, nella lingua originale, era una triade fusa, man mano, in una sola parola indissolubile: καλοκἀγαθός [kalokagathìa], frutto dell’unione per crasi(2) dei termini καλός καί ἀγαθός [kalòs kai àgatòs=buono e bello].
Le cose buone quindi sono anche belle e quelle belle sono buone. L’etica è bellezza e viceversa perché il concetto di bellezza greco è qualcosa di ben più profondo di un canone mutevole e fugace come le mode. Per la società greca la vera bellezza ha sia una valenza individuale, includendo il concetto di onestà e nobiltà, in quanto la vera bellezza, oltre l’ammirazione, deve suscitare rispetto, e sia una dimensione collettiva, comprendendo quindi anche il concetto di giustizia sotto ogni accezione, perché non c’é bellezza nei conflitti.
L’arte di Daniele Dell’Uomo (Alatri 1954) interpreta proprio questo concetto etico di bellezza. Le sue figure coloratissime, che partono da forme figurative per evolvere in sfumate immagini oniriche, affascinano indubbiamente e attirano lo sguardo anche quando sono in sfumature di grigio, confuse nella nebbia del sogno.
Poi c’é un piano inscindibile dalla bellezza emergente, gli sguardi personaggi, i contesti delle figure umane,che fanno riflettere, costringono a pensare, a porsi domande su noi stessi e sugli altri, sui grandi temi sociali così come sui principi della nostra vita.
Gli stessi paesaggi, spesso così ampi da costituire il soggetto del quadro, altre volte talmente essenziali ed ideali da annichilirsi in macchie di colore sullo sfondo, assumono una dimensione concettuale che sintetizza quel concetto di kalokagatia, di buono e bello con un’accezione di giustizia e idealità, in senso sociale e individuale.
Bellezza è anche equilibrio e armonia, αισθησις [aisthesis=percezione, sensazione, sensibilità]. Il bello può essere imitato dalla natura, attraverso l’osservaziono oppure i ricordi dell’artista, ma Daniele Dell’Uomo ha una visione che appare platonica(3) della natura e nelle sue raffigurazioni cerca quindi l’idea [εἶδος, eidos=forma], quel principio astratto e ideale sito nell’iperuranio(4), e la cerca dentro di sé stesso, negli arché (5) [ἀρχή, archè=principio, origine] piuttosto che la sua imitazione come appare nella realtà sensibile.
Il circo dei clown, che caratterizza, inscindibilmente dalla sua storia, i tratti fondamentali della sua arte, quasi una firma implicita, sia quando assumono forme definite e nette e sia quando si idealizzano nella vividezza dei colori delle sue opere, ne sono un esempio.
Daniele Dell’Uomo infatti non descrive immagini, piuttosto le racconta estraendole più che dai suoi ricordi dalla sua creatività, dalle sue emozioni, dai suoi ideali. Tutto ciò espresso con discrezione, come una proposta rispettosa, mai ingombrante, che allo stesso tempo è uno stimolo che costringe a riflettere, sempre!
I suoi paesaggi e i suoi personaggi, anche quando è più figurativo, non hanno mai un luogo, un tempo e un contesto reale, proprio perché non nascono dalle sue esperienze reali eppure, anche quando è più astratto, le emozioni che esprime e comunica non sono mai idealizzate ma reali, concrete e presenti.
(1) Endiade è una voce formata dai grammatici latini sull’espressione greca ἕν διὰ δυοῖν=endiadys o hendiady con il significato di “uno per mezzo di due“.
(2) La crasi è un procedimento linguistico per cui due parole, una terminante e l’altra iniziante per vocale, si fondono in una parola sola.
(3) Platone, Dialoghi, a cura di C.Carena, traduzione di F.Ac ri, Giulio Einaudi Editore, Torino 2020; Platone, Ippia Maggiore. Sul bello, a cura di C.Carena, a cura di G.Reali, Bompiani editore, Milano 2015.
(4) L’Iperuranio, è il mondo, al di là del cielo, dove risiedono le idee immutabili e perfette, raggiungibile solo dall’intelletto, non tangibile dagli enti terreni e corruttibili. Questo Concetto è stato espresso da Platone nel Fedro sulla base di principi espressi nella Repubblica. Nella cultura classica la volta celeste rappresentasse il limite estremo del luogo fisico, quindi la definizione di “oltre la volta celeste” porta l’iperuranio in una dimensione metafisica, aspaziale e atemporale, ossia puramente spirituale.
(5) Emanuele Severino, La filosofia dai Greci al nostro tempo, I vol., Rizzoli, Milano 2004, «L’arché dunque non solo è ciò che vi è di identico nelle cose diverse, e non solo è la dimensione da cui esse provengono e in cui esse ritornano, ma è anche la forza che determina il divenire del mondo, ossia è il “principio” che, governando il mondo, lo produce e lo fa tornare a sé».
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