Intervista al famoso giornalista de Le Iene, noto per le sue inchieste contro il malcostume e meno noto per il suo impegno sociale
Abstract: non solo giornalista d’inchiesta famoso sul piccolo schermo come inviato della trasmissione “Le Iene” in onda su Italia1 e arrivata al 26° anno di attività, ma anche scrittore, attore, sceneggiatore, conduttore televisivo e radiofonico ma, soprattutto, Iena! Castigatore di furbi e irriverente verso i poteri forti, famoso per aver scoperto le false restituzioni dei parlamentari del Movimento 5 stelle, o quelle riguardanti la compravendita dei voti degli italiani all’estero o per le aggressioni dell’attore Luca Barbareschi, al quale aveva chiesto conto delle assenze in Parlamento. Meno noto per il suo impegno sociale, come il sostegno all’associazione Sarcos.
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Scrittore, attore, giornalista, sceneggiatore, conduttore televisivo e radiofonico ma, soprattutto, Iena! Filippo Roma, una laurea nel cassetto, un fisico atletico, lo sguardo buono ma che sa ben assumere, in un lampo, l’aspetto da impertinente provocatore, è presente a Sarkrace anche quest’anno, manifestazione sportiva per finanziare le attività di Sarknos, “Associazione pazienti sarcomi dei tessuti molli”, garantendo alla manifestazione una enorme dose di simpatia e di solidarietà. La stessa solidarietà che, però, non prova da professionista dell’informazione verso i poteri forti, come dimostrato dai suoi numerosi servizi d’inchiesta prodotti per “Le Iene”, la popolare trasmissione di Italia1 arrivata al 26° anno di attività. Memorabili restano le sue incursioni a proposito delle false restituzioni dei parlamentari del Movimento 5 stelle, o quelle riguardanti la compravendita dei voti degli italiani all’estero. Diverse volte subisce anche atti di mancata tenerezza, come quando l’attore Luca Barbareschi, al quale aveva chiesto conto delle assenze in Parlamento, lo bistratta malamente. O come quando, nel denunciare la banda che pescava indebitamente le monetine nella Fontana di Trevi, viene spinto nella sua acqua pur non assomigliando ad Anita Ekberg. Approfittando del suo fermo umano per la stanchezza dovuta alla corsa di beneficenza appena effettuata, gli abbiamo rivolto qualche domanda, non senza una provocazione ad hoc, per lui che ne è maestro.
Da 26 anni “Le Iene” costituiscono un format di spettacolo collaudato. Il modello comunicativo è ancora valido o potrebbero esserci in futuro dei cambiamenti?
«Il modello di “Le Iene” è diventato ormai un genere quasi manieristico ma si è sempre evoluto cambiando continuamente pelle dal 1997 in poi e tirando la volata ad altri programmi che ci hanno inseguito».
Qual è il segreto della longevità della trasmissione?
«Quello che funziona del nostro meccanismo è l’inchiesta sul campo e quel porsi nei confronti dei personaggi che intervistiamo non in maniera accondiscendente ma cercando di fare domande scomode per scavare su argomenti di interesse pubblico. Il nostro modo di fare è di agire a sorpresa, quando arriviamo noi le persone oggetto della nostra attenzione si stupiscono e si preoccupano. Tutto questo è la nostra linfa e non invecchierà mai. Per il resto… la forma del programma cambia come cambia la società».
Mediaset, la proprietà della televisione per la quale lavora, notoriamente centro di potere mediatico tradizionalista e conformista, ha mai interferito nelle trasgressive inchieste di Italia1?
«No, perché la libertà di informazione e le inchieste fruttano profitti. La libertà passa attraverso la moneta: sembra un discorso bieco ma in fondo è sano. Noi portiamo tanti soldi alla proprietà di Mediaset perché facciamo interessanti inchieste seguite da un pubblico numeroso che attira gli sponsor. Il mercato è la formula più sana per rappresentare le proprie idee e l’editore ci dà spazio non perché sia un benefattore ma perché vede che la libertà d’informazione rappresentata dal nostro modo di fare le inchieste dà profitto».
A proposito di libertà d’opinione, che pensa del libro del generale Roberto Vannacci (“Il mondo al contrario”, Independently published, 2023)?
«Sinceramente non l’ho letto ma dalle recensioni, e quindi parlandone in modo superficiale, penso che abbia un contenuto molto banale. Proprio per questo ha sprigionato delle forze latenti nella società, forze che volevano liberarsi del politicamente corretto, principio che ormai è egemone da tanti anni nella comunicazione più disparata. Ha avuto una funzione liberatoria verso modelli ormai consolidati che se inizialmente erano giusti, poi, spinti all’eccesso sono diventati un modello oppressivo. Se non avesse suscitato tante polemiche probabilmente avrebbe venduto poche copie».
In che rapporto stanno “Le Iene” con il politicamente corretto?
«Noi siamo un programma “scorrect” per definizione, ruvido, anche se cerchiamo di non far sfociare questa tendenza nell’aggressività. Non posso dire che ciò avvenga sempre… ma tutto ciò che facciamo è per non diventare schiavi del pensiero unico dominante che ci rende schiavi soprattutto con la falsa informazione».
A microfono spento ci confessa di “beccarsi 4 o 5 denunce l’anno” ma, dal sorriso sornione, capiamo quanto siano inefficaci contro un maestro della provocazione, un fine giornalista d’inchiesta e un campione di solidarietà!
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