In zona vincolata è legittimo l’ordine di demolizione emesso dal Comune
Abstract: Legittimo l’ordine di demolizione per due gazebo uniti tra loro se non sia fornito alcun concreto elemento in grado di consentire la qualificazione in termini di pertinenza.
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Due gazebo uniti tra loro, alti quattro metri ed estesi per duecento mq., con copertura in pvc e un prefabbricato completo di trentacinque mq., costituiscono nuovo volume nel caso in cui non sia fornito alcun concreto elemento in grado di consentire la qualificazione in termini di pertinenza.
Questa è la conclusione a cui è giunto il Consiglio di Stato1 relativamente al ricorso di un’azienda nei confronti dell’ordinanza di demolizione e ripristino delle predette opere abusive.
Secondo il ricorrente, il giudice di primo grado non aveva tenuto conto della natura pertinenziale delle opere abusive contestate. Infatti adduceva che le opere erano destinate ad un uso precario e temporaneo, per fini contingenti e limitati nel tempo. Inoltre, cercava di dimostrare che l’opera abusiva risultava essere interamente amovibile e smontabile, quindi assentibile con SCIA, senza la necessità di un permesso di costruire.
Sul punto il TAR evidenziava che i gazebo, non precari in quanto funzionali a soddisfare esigenze permanenti, erano a tutti gli effetti manufatti in grado di alterare lo stato dei luoghi, con incremento del carico urbanistico. Inoltre riteneva che la parte ricorrente nessun affidamento legittimo poteva reclamare rispetto alla realizzazione di un illecito permanente che, pertanto, escludeva l’obbligo di motivare puntualmente l’interesse pubblico alla demolizione imposta dall’Ente Locale.
Il Tribunale Amministrativo adito ribadiva, quindi, che il potere di repressione degli abusi non poteva essere soggetto a termine di decadenza o prescrizione, anzi, poteva essere esercitato anche a notevole distanza di tempo dalla commissione dell’abuso, anche se nel caso concreto l’ordine di demolizione era arrivato a soli tre anni dalla realizzazione dell’abuso, concretizzatosi nel 2010.
Nel caso di specie il Consiglio di Stato, con la sentenza citata, ha respinto il ricorso, confermando la demolizione imposta dall’Ente nel 2013, facendo una serie di considerazioni giuridiche in linea con il giudice di primo grado.
In primo luogo, come correttamente precisato dal giudice di prima istanza, gli interventi edilizi hanno determinato, per dimensioni e struttura, un’alterazione dell’aspetto esteriore dei luoghi in una zona paesaggisticamente vincolata e sono stati realizzati senza che si sia provveduto alla necessaria autorizzazione paesaggistica, e, quindi, in quanto opere realizzate in un’area sottoposta a vincolo, hanno una indubbia rilevanza paesaggistica, poiché le esigenze di tutela dell’area sottoposta a vincolo paesaggistico è predominante, anche se trattasi di volumi tecnici o pertinenze.
Già nel 20222 il Consiglio di Stato aveva ribadito che le opere abusive, anche qualora abbiano natura pertinenziale o precaria e, quindi, in linea generale assentibili con mera D.I.A./S.C.I.A., se realizzate in zona sottoposta a vincolo paesistico, devono considerarsi comunque eseguite in totale difformità dalla concessione, o dalla D.I.A., in assenza di preventiva autorizzazione paesaggistica. Nessun rilievo positivo per la parte assume l’eventuale rimovibilità della struttura o l’assenza di opere murarie, atteso che le opere di carattere precario devono essere funzionali a soddisfare una esigenza temporanea destinata a cessare in un lasso di tempo normalmente breve.
Pertanto, in riferimento al primo punto, in virtù dell’art. 27 D.P.R. n. 380 del 20013, in presenza di un manufatto realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, è doverosa la demolizione d’ufficio di tutti gli interventi edilizi realizzati sine titulo, senza la necessità di indicare una motivazione specifica in relazione al tempo intercorso o alla proporzionalità della sanzione ripristinatoria da emettere.
In secondo luogo, secondo i giudici non occorre la comunicazione dell’avviso, ex art. 7 della Legge 7 agosto 1990, n. 2414, atteso che la giurisprudenza ha più volte affermato che l’ordine di demolizione di opere edilizie abusive è un atto dovuto e, in quanto tale, non deve essere preceduto dall’avviso di avvio del procedimento.
Infine, secondo il Consiglio di Stato, il tempo trascorso tra la realizzazione dell’abuso (nel caso de quo anno 2010) e il provvedimento sanzionatorio del 2013, non avrebbe mai potuto generare un legittimo affidamento tutelabile, atteso che in materia di abusi edilizi ci troviamo al cospetto di un illecito edilizio permanente, e che, quindi, in capo al responsabile dell’abuso rimane inalterato nel tempo l’obbligo di eliminare l’opera abusiva; ciò a maggior ragione quando l’abuso è stato realizzato su zone paesaggisticamente vincolate, venendo in rilievo anche la ratio della tutela ambientale, da salvaguardarsi mediante l’applicazione della sanzione ripristinatoria.
NOTE
- Consiglio di Stato, sentenza n. 4667 del 13 febbraio 2023 e depositata il 9 maggio 2023.
- Consiglio di Stato, sentenza n. 8785 del 17 ottobre 2022.
- D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 27 (Vigilanza sull’attività urbanistica-edilizia) «1. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale esercita, anche secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente, la vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi. 2. Il dirigente o il responsabile, quando accerti l’inizio o l’esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi. Qualora si tratti di aree assoggettate alla tutela di cui al regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, o appartenenti ai beni disciplinati dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766, nonché delle aree di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, il dirigente provvede alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi, previa comunicazione alle amministrazioni competenti le quali possono eventualmente intervenire, ai fini della demolizione, anche di propria iniziativa. Per le opere abusivamente realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza di legge o dichiarati di interesse particolarmente importante ai sensi degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, o su beni di interesse archeologico, nonché per le opere abusivamente realizzate su immobili soggetti a vincolo o di inedificabilità assoluta in applicazione delle disposizioni del titolo II del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, il Soprintendente, su richiesta della regione, del comune o delle altre autorità preposte alla tutela, ovvero decorso il termine di 180 giorni dall’accertamento dell’illecito, procede alla demolizione, anche avvalendosi delle modalità operative di cui ai commi 55 e 56 dell’articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662. 3. Ferma rimanendo l’ipotesi prevista dal precedente comma 2, qualora sia constatata, dai competenti uffici comunali d’ufficio o su denuncia dei cittadini, l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità di cui al comma 1, il dirigente o il responsabile dell’ufficio, ordina l’immediata sospensione dei lavori, che ha effetto fino all’adozione dei provvedimenti definitivi di cui ai successivi articoli, da adottare e notificare entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione dei lavori. Entro i successivi quindici giorni dalla notifica il dirigente o il responsabile dell’ufficio, su ordinanza del sindaco, può procedere al sequestro del cantiere. 4. Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, ove nei luoghi in cui vengono realizzate le opere non sia esibito il permesso di costruire, ovvero non sia apposto il prescritto cartello, ovvero in tutti gli altri casi di presunta violazione urbanistico-edilizia, ne danno immediata comunicazione all’autorità giudiziaria, al competente organo regionale e al dirigente del competente ufficio comunale, il quale verifica entro trenta giorni la regolarità delle opere e dispone gli atti conseguenti.”.
- Legge 7 agosto 1990, n. 241, art. 7 (Comunicazione di avvio del procedimento) «1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento. 2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell’amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari.».
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