Trascrizione integrale dell’intervista del direttore de La Stampa Massimo Giannini al governatore Vincenzo Visco sul tema “Quale futuro per la globalizzazione”.
Parte 2: Distribuzione dei redditi e salari.
Abstract: Per rendere accessibile a tutti, in un’ottica di #accessibilità e di #inclusività verso il mondo della #disabilità, in partciolare nei confronti dei #sordi e dei #DSA, uno degli scopi principali del nostro editore noprofit Ethica Societas UPLI società cooperativa sociale onlus, abbiamo trascritto integralmente il testo dell’intervista del direttore del quotidiano La Stampa Massimo Giannini al #governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco alla prima edizione del Festival dell’Economia di Torino. Un intervento fondamentale per comprendere appieno il contesto economico, finanziario e sociale del mondo, dell’Europa e del nostro paese e le prospettive offerte dal #PNNR – #NextGenerationUE. Fuori dalla retorica politica e dagli interessi di parte, il capo di #Bankitalia fornisce una mappa lucida e accessibile a tutti per comprendere i grandi cambiamenti in atto e il futuro della #globalizzazione commentando la “Relazione annuale sul 2021. Considerazioni finali del Governatore” presentate lo scorso 31 maggio 2022.
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Massimo Giannini: «…per uscire da questo pericolo di deglobalizzazione disordinata, come lei l’ha chiamata. Come si potrebbe risolvere il problema nel momento in cui gli eserciti continuano a combattere e i Russi continuano a bombardare?».
Ignazio Visco: «Beh, prima di tutto ovviamente non ci occupiamo delle questioni militari. [Giannini: ovviamente no, parlo di economia, di sistemi economici] Possiamo solo condannare al massimo questo perché questo vuol dire un non ammissibile disprezzo della vita umana, una distruzione straordinaria delle infrastrutture, delle residenze, delle città, come sta avvenendo ma, soprattutto, questo significa che finché questo stato di fatto non termina non possiamo discutere di rimettere a posto ciò che si è rotto, anche se in passate occasioni di guerra che la maggior parte delle persone in questa stanza, me compreso, non hanno vissuto, già durante i periodi terminali della guerra si cominciava a discutere di come ristabilire un ordine. Ora quello che io dico in queste considerazioni finali, ma quello che veramente credo e che abbiamo discusso anche in sedi internazionali multilaterali, è che in trenta anni dalla fine della Guerra Fredda noi abbiamo ottenuto risultati straordinari in quella che si chiama globalizzazione accanto, però, a costi altrettanto alti, il bilancio resta positivo in questo caso per, sostanzialmente, un grande effetto: l’apertura dei mercati. La possibilità di trasmettere idee e conoscenze, la possibilità di avere finanziamenti ma anche proprio questo aumento del commercio internazionale che è passato dal 40% del prodotto mondiale al 50% solo per la componente delle catene globali del valore, questa integrazione, questa divisione dell’attività produttiva utilizzando al massimo la riduzione dei costi che derivava da questa specializzazione. Ecco questo ha prodotto dei vantaggi incredibili in termini di benessere. Noi abbiamo avuto nel periodo che va dal 1989/90, la caduta del muro di Berlino, ai giorni nostri uno straordinario aumento della popolazione mondiale che è aumentata di più del 50%, da cinque miliardi e qualcosa a, più o meno, otto miliardi. Avevamo circa due miliardi su quei cinque che erano definiti in povertà estrema, si trovavano in oriente, in Cina, in Indonesia, in India, negli altri paesi del Sud-est asiatico, in Africa, in Sud America. Due miliardi! Adesso siamo tre miliardi in più, i poveri estremi sono scesi a settecento milioni. Beh era un risultato di dimezzare da due miliardi a un miliardo entro il 2015 è stato fatto in tempi ancora inferiori e siamo scesi ancora al di sotto, ovviamente con imperfezioni e danni ancora esistenti, l’Africa subsahariana ha avuto anziché una riduzione un aumento delle persone in questo stato di povertà, però il benessere, per quanto sia materiale e possa essere definito in termini bassi è cresciuto il reddito pro-capite del 75% in questi trent’anni a livello globale, il prodotto adesso è due volte e mezzo quello che era nel 1990, il commercio mondiale è aumentato di quattro volte. Ora questo è un risultato sul piano economico straordinario molto diffuso, non è solo la Cina. Contemporaneamente la Cina è diventata la più grande economia del mondo, nel 1990 penso che fosse più o meno la metà dell’economia Italiana, poi ha superato il Giappone, poi ha superato l’Unione Europea, poi ha superato gli Stati Uniti ed è un dato di fatto, noi non possiamo ignorare i dati di fatto e questo lo è. Contemporaneamente ci sono stati, con questa velocissima convergenza di aree che erano totalmente fuori dall’integrazione economica mondiale -ci si parlava all’epoca del secondo mondo, del terzo mondo, tutta roba che abbiamo dimenticato- [Giannini: superate abbondantemente] oggi parliamo di economie avanzate, di economie emergenti e di economie in via di sviluppo e sono molto limitati i paesi in via di sviluppo. Questo cambiamento è stato accompagnato da fenomeni non positivi. Due fenomeni perlomeno vale la pena osservare e però sono due fenomeni che rispondono anche alla domanda: possiamo deglobalizzare il mondo? Il primo fenomeno è il riscaldamento globale perché sicuramente sul piano ambientale noi abbiamo visto che al crescere del reddito, dei consumi, del benessere materiale si è accompagnato un rischio ambientale sempre più forte. Da li si parla di sostenibilità. Si parla di sostenibilità in realtà dalla fine degli anni ’90 del secolo scorso quindi è un processo molto lento. In realtà già negli anni ’70 quando ho iniziato i miei studi post universitari c’era il club di Roma [Giannini: Aurelio Peccei] che poneva i limiti allo sviluppo e così via, molti economisti criticavano e criticano ancora il modo in cui venivano effettuate quelle previsioni che non tenevano conto degli effetti di feedback degli effetti sui prezzi, la sostituzione e così via. Però nessuno pensava che la popolazione mondiale sarebbe arrivata a otto miliardi oggi e a dieci miliardi nel 2050 e che, ciononostante, che la povertà sarebbe discesa così drasticamente. Quando eravamo giovani noi c’era il Biafra e intere popolazioni che morivano di fame, questo è un fenomeno che si è grandemente ridotto, la mortalità infantile si è dimezzata, la vita media è crescita di 10/20 anni anche nei paesi che un tempo appartenevano al terzo mondo. Ma il clima è peggiorato. La seconda cosa che abbiamo osservato è che, grazie a questa forte espansione dei mercati e delle economie un tempo fuori dal nostro mondo occidentale e del benessere ad esso associato, si sono ridotte le disuguaglianze tra paesi ma sono fortemente aumentate le disuguaglianze all’interno del paese, come diceva un noto economista francese Burguignonne “la disuguaglianza si è internalizzata”. Quello che abbiamo visto è sostanzialmente un peggioramento delle condizioni economiche della classe media e uno straordinario incremento dei redditi e della ricchezza ad esso associata della popolazione in condizioni più agiate. Questo non è tanto avvenuto in Italia. In Italia in realtà la distribuzione del reddito si è mossa poco. L’Italia ha avuto come risultato di questi trent’anni la incapacità di cogliere tutto ciò che di positivo avveniva a livello sia di mercati internazionali sia di possibilità di utilizzare le innovazione tecnologiche per riorganizzare le imprese perché esse facessero investimenti e attraverso questi investimenti si creassero le premesse per occupare più persone in modo permanente per far crescere la produttività e con essa i salari. Questo spiega perché i salari non sono cresciuti [Giannini: adesso ci torniamo]. Ma quello che abbiamo avuto è che in paesi come gli Stati Uniti, quello che un tempo era … la distribuzione del reddito che vedeva l’1% delle persone più ricche avere il 15% del reddito nazionale e abbiamo visto che questo è passato dal 15% al 20% e la classe media sostanzialmente non ha avuto alcun beneficio e in alcuni casi difficoltà. Questo è avvenuto anche in altre aree, c’è una “Curva dell’Elefante” che si chiama così e che è stata inventata negli Stati Uniti da economisti all’epoca in Banca Mondiale, che sostanzialmente hanno osservato in questa fase di grande convergenza economica e di straordinario miglioramento delle condizioni di vita delle economie in via di sviluppo/emergenti che i più poveri non ne hanno beneficiato: l’Africa sub-sahariana. Le classi medie dei paesi emergenti hanno avuto grandi benefici, le classi medie dei paesi avanzati non lo hanno, anzi hanno avuto un aumento dell’incertezza sulle prospettive future. I figli guadagneranno, come sempre è stato, di più dei genitori? No, è possibile che guadagnino di meno. E abbiamo avuto questo grande beneficio per quell’1%, per lo 0,1% che sono le superstar, i CEOs delle grandi società tecnologiche, i grandi giocatori di pallone e di pallacanestro. [Giannini: gli sportivi diciamo in generale]. Qualcosa che sembra sostanzialmente ingiusto. Ecco questo secondo elemento è l’altro elemento che è venuto con questa globalizzazione.».
Massimo Giannini: «Ecco governatore vorrei soffermarmi proprio su questo secondo elemento perché il percorso che lei ha tracciato è straordinariamente chiaro. Possiamo forse tradurlo così: grazie alla globalizzazione abbiamo consentito ad una metà del pianeta che moriva letteralmente di fame di affrancarsi in buona misura, non del tutto, da questo bisogno però gli abbiamo offerto, possiamo dirlo, una paga di sussistenza per continuare a produrre in quelle catene del valore che sono utili anche per noi, per le nostre produzioni e, nel frattempo, intere masse di lavoratori, anche da quei paesi, si sono spostati nella parte ricca del mondo, cioè da noi, e si è innescato un fenomeno di dumping sociale evidentemente, anche quello ha contribuito forse a depauperare il lavoro, non voglio dire i salari, ma il lavoro in quanto tale. Oggi noi ci troviamo di fronte a un mercato del lavoro sempre più povero, anche laddove si parli di lavoro dipendente, a un lavoro sempre più precario ed è quello più diffuso di tutti, e ad aree di vera e propria schiavitù. Allora di fronte a tutto questo, ecco la domanda che voglio farle governatore, poi dopo le chiederò anche che cosa si può fare per impedire e per colmare questo enorme divario tra questa parte di popolazione che si impoverisce e quello 0,1% o 1% che continua ad arricchirsi di più. Ecco di fronte a tutto questo c’è il grande problema dei salari e, anche nelle considerazioni finali, abbiamo sentito la sua voce forte e chiara dire “dobbiamo però interrompere la spirale prezzi-salari”. Allora la domanda che le faccio, molto terra-terra: come li difendiamo questi salari e che vuol dire non innescare la spirale salari-prezzi se il potere d’acquisto comunque è così basso?».
Ignazio Visco: «Dunque, prima di tutto della spirale salari-prezzi parliamo un’altra volta, in secondo luogo non è vero che è la metà del pianeta, questo è molto importante perché noi siamo il blocco occidentale …, è circa un miliardo di persone, un po’ di meno, [Giannini: dividevo il globo a metà] …noi siamo un’area nella quale la popolazione invecchia, per quel riguarda l’Italia, tanto per dare un paio di numeri, nei prossimi 15 anni noi avremo un calo forte, stiamo parlando di milioni di persone, 5.000.000 in meno di quelli che normalmente sono nelle forze lavoro considerate occupabili, che però sono ancora 3.000.000 di quelle che saranno occupabili nel futuro perché avremo 3.000.000 in meno di persone di età compresa tra i 24 e i 70 anni e quindi, di fatto, se c’è una possibilità di assorbire, diciamo forze lavoro che cercano lavoro anche qualificato e vengono da altre parti del mondo credo che c’è tutta la disponibilità per farlo. Non sono loro che levano il lavoro nei nostri paesi ma sono purtroppo le competenze necessarie per l’attività produttiva dei giorni nostri, che sia digitale, che sia tecnologica che sia di organizzazione produttiva che in buona parte manca. In Italia, per esempio, abbiamo tassi di partecipazione soprattutto dei giovani e dei meno giovani anche, donne e, per esempio, nel mezzogiorno che sono straordinariamente bassi. Ci dobbiamo interrogarci delle ragioni per cui sono così bassi che possono essere sociali ma possono essere anche connesse con i servizi pubblici disponibili. … Io non credo che vi sia un problema di precarietà legato alla globalizzazione credo che ci sia un problema di precarietà da noi legato anche al modo in cui si è risposto a quella globalizzazione. Si è risposto con il lavoro precario, tenendo bassi i costi del lavoro e non investendo quanto sarebbe stato necessario per cogliere quelle opportunità. Perché non si è investito tutta colpa delle imprese, sono solo loro? Beh in parte, io nelle considerazioni finali faccio anche un’altra considerazione, le nostre imprese sono molto piccole per la maggior parte [Giannini: troppo piccole] e molte di queste probabilmente non sono state in grado di reggere al cambiamento della tecnologia. Adesso si parla tanto di robotizzazione, con la robotizzazione che succede non si occuperanno più le persone? Gli studi che fanno gli economisti, molti economisti di valore, mostrano che in realtà non c’è questa sostituzione straordinaria. Ma il robot va costruito, va guidato, l’intelligenza artificiale è artificiale ma perché costruita dall’uomo. Ci sono una serie di attività straordinarie che si possono fare e se non le facciamo è solo perché non facciamo abbastanza investimenti, in infrastrutture pubbliche, in servizi per gli investimenti privati. I soldi ci sono.».
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LE ALTRE PARTI DELL’INTERVENTO:
PARTE 1-Incertezza e globalizzazione.
PARTE 2-Distribuzione dei redditi e salari.
PARTE 3-Produttività e salario minimo.
PARTE 4-Tax & transfer e patrimoniale.
PARTE 5-PNNR e politica nazionale.
DOCUMENTI SCARICABILI:
Relazione annuale sul 2021. Considerazioni finali del Governatore 2022 (dal sito Banca d’Italia).
Piano nazionale Ripresa e Resilienza-NextGenerationUE (dal sito MISE).