La scienza e la politica nella gestione delle nuove varianti
[Ethica Societas anno 1 n.1]
Per il secondo anno consecutivo le feste natalizie ci hanno portato un regalo assai poco gradito. È ormai un dato di fatto, infatti, che l’infezione da Sars-CoV-2, dopo la fisiologica riduzione nel coso dell’estate, ricominci gradualmente a diffondersi fino a raggiungere il suo massimo proprio durante le vacanze invernali.
In Europa e in Asia centrale il coronavirus è la prima causa di morte e l’Oms aveva stimato che, entro marzo 2022, nel nostro continente si sarebbero raggiunti i due milioni di morti.
In questi mesi la nuova variante con cui dobbiamo fare i conti è Omicron, anche se è ancora molto diffusa e predominante la sua “antenata” Delta.
I dati sul numero di contagi degli ultimi giorni sono da record, basti pensare che, nel nostro Paese, l’ultimo giorno del 2021 si sono contati quasi centocinquantamila nuovi casi.
Gli ospedali sono tornati a riempirsi di malati Covid, alcuni reparti hanno chiuso per dedicarsi esclusivamente ai contagiati, con tutti i disagi che ne conseguono per i pazienti afflitti da altre patologie.
L’unica buona notizia è stata che Omicron, secondo i più recenti studi, porta con sé una ridotta carica virale e provocherebbe meno danni ai polmoni rispetto alle varianti precedenti.
Inoltre, questa quarta ondata di Coronavirus ha colpito una gran fetta della popolazione vaccinata, anche con tre dosi.
Proprio la terza dose sembra essere stata la miglior garanzia per un minor rischio di contrarre una forma grave di malattia e, in molti casi, evitare il ricovero in ospedale.
Basti pensare che, secondo gli ultimi dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità, un non vaccinato over 80 ha un rischio di finire in terapia intensiva 85 volte superiore rispetto a un suo coetaneo che abbia ricevuto le tre dosi di vaccino previste.
Numeri che confortano anche quando si parla di morti: il tasso di decesso fra gli over 80 non vaccinati è circa cinquantasei volte più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster.
Non ci sono dubbi per l’Iss: “L’efficacia del vaccino (riduzione del rischio rispetto ai non vaccinati) nel prevenire la diagnosi di infezione SARS-CoV-2 è pari a 71% entro 90 giorni dal completamento del ciclo vaccinale, 57% tra i 91 e 120 giorni, e 34% oltre 120 giorni dal completamento del ciclo vaccinale” – si legge nel report diffuso il 14 gennaio 2022[1] – “Rimane elevata l’efficacia vaccinale nel prevenire casi di malattia severa: 95% nei vaccinati con ciclo completo da meno di 90 giorni, 93% nei vaccinati con ciclo completo da 91 e 120 giorni e 89% nei vaccinati che hanno completato il ciclo vaccinale da oltre 120 giorni”.
In questo scenario, dopo quasi due anni di pandemia, risulta davvero difficile accettare che ci siano persone (molte? Poche? Non ha importanza!) che praticamente ogni settimana scendono in piazza urlando slogan contro i vaccini, il greenpass o l’obbligo delle mascherine.
Risulta difficile perché i dati parlano chiaro e ormai, statisticamente, tutti noi abbiamo avuto a che fare direttamente o indirettamente con la potenza devastante di questo virus. Eppure, per queste persone, il virus non esiste, oppure colpisce indistintamente tutti, vaccinati e non.
E il vaccino? Per carità – dicono – chissà cosa c’è dentro, chissà quali crimini contro l’umanità sta tramando Big Pharma.
E invece, mai come ora, è stato ed è fondamentale non abbassare la guardia per non dare nuovo spazio di manovra a questo nemico che ha stravolto le nostre vite.
Sono state quindi giustificate le ulteriori restrizioni che ha stabilito il nostro Governo a partire dal 10 gennaio, come il Super Green Pass anche per consumare nei locali pubblici all’aperto, per svolgere numerose attività ricreative (per esempio utilizzare gli impianti di risalita nelle località sciistiche) e salire sui mezzi pubblici, misure che ora stanno giungendo al termine. Mai come ora sono stati necessari questi sacrifici, perché grazie al vaccino siamo finalmente in una posizione di vantaggio sul virus, che però non dobbiamo perdere per colpa di un ridotto numero di sconsiderati, altrimenti detti “no vax”.
Comprendere l’efficacia del vaccino è fondamentale e si traduce in una vera e propria corsa contro il tempo: il rischio, infatti, è che a lungo andare si selezioni una variante di Coronavirus resistente al vaccino, che potrebbe farci ripiombare del caos di inizio pandemia.
Bisogna agire in maniera strutturata vaccinando a tappeto.
Nell’ultimo periodo il dibattito sui vaccini ha riguardato anche i più giovani: dal 16 dicembre, infatti, anche i bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni hanno iniziato l’iter vaccinale. Purtroppo, però, proprio nei genitori dei bimbi più piccoli sembrano esserci le più grandi reticenze.
All’inizio dell’anno 2022, dopo due settimane, infatti, mancava all’appello ancora l’88% dei soggetti in questa fascia d’età. Con la riapertura delle scuole al termine delle vacanze invernali, questo dato è stato ancor più preoccupante.
È bene ricordare che, seppur in misura minore rispetto alla popolazione più anziana, anche i bambini si ammalano a causa dell’infezione da Sars-CoV-2 e che circa 6 bambini su 1.000 devono ricorrere alle cure ospedaliere, mentre 1 su 7.000 finisce in terapia intensiva.
E questi numeri sono di gran lunga superiori rispetto ai rischi di incorrere in gravi reazioni ai vaccini. Senza considerare che, come ormai è risaputo, i bambini più piccoli sono soprattutto potenziali veicoli di contagio per i loro familiari più anziani e quindi più deboli.
Infine, è di fondamentale importanza volgere lo sguardo anche più lontano, al di fuori dei nostri confini nazionali e continentali. Il virus, infatti, viaggia e non conosce confini, e questo ci obbliga a sentirci, ancor di più, parte di un tutto.
Non possiamo quindi ignorare le enormi difficoltà che attualmente ci sono, sempre in tema vaccini, nei paesi sottosviluppati del cosiddetto “Terzo Mondo”.
La variante Omicron, ad esempio, è stata individuata per la prima volta il 29 novembre 2021 in Sud Africa, ed è bastato veramente poco perché dilagasse in tutto il resto del mondo.
Nel pieno della quarta fase della pandemia, il 23 dicembre scorso, risultava vaccinato completamente solo il 47,83% della popolazione mondiale: l’Europa era al 60,35%, gli Stati Uniti al 61,14% e l’Africa solamente all’8,57%.
Se questi dati non cambiano, se non si trovano al più presto i mezzi per garantire un’adeguata copertura vaccinale a livello mondiale, il pericolo di non raggiungere definitivamente la luce in fondo al tunnel resterà una chimera. E, ripeto, è di fondamentale importanza agire in fretta, prima che gli attuali vaccini perdano di efficacia contro nuove e imprevedibili varianti. Perché il virus non conosce confini e quindi, contro di esso, siamo tutti dalla stessa parte della barricata.
Ma lo sforzo affinché ciò accada, non dimentichiamolo, ci vede tutti protagonisti.
NOTE:
[1] Il documento è disponibile all’indirizzo: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorveglianza-integrata-COVID-19_12-gennaio-2022.pdf.