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IL CONTENZIOSO AMMINISTRATIVO NEL PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO, Chiara Salzano

Il ruolo del partenariato pubblico privato alla luce del nuovo codice dei contratti pubblici, tra gestione del contenzioso amministrativo e strumenti deflativi.

Chiara Salzano

Abstract: Il partenariato pubblico privato, particolarmente valorizzato nel nuovo codice dei contratti pubblici, consente alla PA di collaborare con gli operatori economici privati per realizzare e gestire infrastrutture, o erogare servizi. Tuttavia, le procedure ad evidenza pubblica possono, talvolta, sfociare in forme di contenzioso amministrativo: fondamentale la correttezza degli atti di gara, a partire dal bando e dal disciplinare, sino a giungere alla stipula del contratto, posta la sicura utilità degli strumenti deflativi del contenzioso.

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IL PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO NEL NUOVO CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI, CENNI ANALITICI E FUNZIONI.

Il partenariato pubblico privato, nella sua corrente definizione, è frutto di una attività interfunzionale che si estrinseca nel recepimento congiunto delle direttive europee, delle fonti di diritto primarie, delle indicazioni e dei pareri da parte degli organi a ciò preposti, come nel caso di ANAC, e rappresenta un elemento di fondamentale importanza nel contesto degli appalti pubblici, in quanto consente di realizzare e gestire infrastrutture, o di erogare determinati servizi, operando in un contesto di precipua collaborazione tra la Pubblica Amministrazione e l’operatore economico privato[1].

Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, D. Lgs. 36/2023, definisce, così, il partenariato pubblico privato come un’operazione economica in cui ricorrono congiuntamente alcune caratteristiche, tra cui:

  • tra un ente concedente e uno o più operatori economici privati è instaurato un rapporto contrattuale di lungo periodo per raggiungere un risultato di interesse pubblico;
  • la copertura dei fabbisogni finanziari connessi alla realizzazione del progetto proviene in misura significativa da risorse reperite dalla parte privata, anche in ragione del rischio operativo assunto dalla medesima;
  • alla parte privata spetta il compito di realizzare e gestire il progetto, mentre alla parte pubblica quello di definire gli obiettivi e di verificarne l’attuazione;
  • il rischio operativo connesso alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi è allocato in capo al soggetto privato.

Effettivamente, dunque, si evince il corretto recepimento nell’elaborazione della definizione di partenariato, da parte del legislatore, della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione; della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici; della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori.

Il nuovo Codice, in proposito, intende attuare i principi e criteri stabiliti dalla Legge Delega 21 giugno 2022, n. 78, “Delega al Governo in materia di contratti pubblici” e, in particolare, di quello di cui all’art. 1, comma 2, lett. aa), vale a dire “razionalizzazione, semplificazione, anche mediante la previsione di contratti-tipo e di bandi-tipo, ed estensione delle forme di partenariato pubblico-privato, con particolare riguardo alle concessioni di servizi, alla finanza di progetto e alla locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità, anche al fine di rendere tali procedure effettivamente attrattive per gli investitori professionali, oltre che per gli operatori del mercato delle opere pubbliche e dell’erogazione dei servizi resi in concessione, garantendo la trasparenza e la pubblicità degli atti”.

La Relazione Illustrativa al Codice, utilmente ideata al fine di dirimere alcuni dubbi sugli istituti disciplinati dalle nuove norme, evidenzia che “la scarsa incidenza del PPP sul totale degli investimenti pubblici totali va individuata nella frammentazione e scarsa specializzazione delle amministrazioni aggiudicatici, nella insufficiente pressione concorrenziale, nella complessità e scarsa flessibilità delle procedure di aggiudicazione contrattuale, nell’instabilità del quadro normativo e nella incertezza legata alla ripartizione dei rischi tra il partner privato ed il soggetto pubblico”. Inoltre, poiché “le politiche di bilancio hanno poi incentivato un uso distorto dei PPP, trasformandoli talvolta in strumento per ovviare surrettiziamente alle misure restrittive della finanza pubblica”, uno dei principali obiettivi della nuova norma è quello di “rendere il PPP più attrattivo per amministrazioni, operatori economici ed investitori istituzionali”.

Ed è proprio dalla definizione stessa di partenariato, quale operazione economica, che si evince la volontà del legislatore di incoraggiarne l’utilizzo da parte delle Pubbliche Amministrazioni, le quali possono così avvalersi dei numerosi vantaggi prodotti dalla proficua cooperazione con operatori economici privati, che investono direttamente le proprie risorse, al fine di garantire la gestione di impianti, la fornitura di servizi, la realizzazione di opere.

Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici dedica un intero titolo, il quarto, al solo partenariato pubblico privato, suddividendolo nell’articolo 174 in due macrocategorie: di tipo contrattuale e di tipo istituzionale.

Il partenariato di tipo contrattuale comprende le figure della concessione, della locazione finanziaria e del contratto di disponibilità, nonché gli altri contratti stipulati dalla pubblica amministrazione con operatori economici privati che abbiano i contenuti di cui al comma 1 del summenzionato articolo e siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela.

Di converso, il partenariato pubblico privato di tipo istituzionale si realizza attraverso la creazione di un ente partecipato congiuntamente dalla parte privata e da quella pubblica ed è disciplinato dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, e dalle altre norme speciali di settore.

Appare evidente, quindi, la funzione a spiccata connotazione pubblicistica del partenariato pubblico privato: il ricorso a questa tipologia di procedura può avere una incisiva rilevanza sugli equilibri di bilancio dell’ente locale, per cui sarà sempre necessario analizzarne preventivamente, in modo bilanciato, i vantaggi e gli svantaggi.

L’ALLOCAZIONE DEI RISCHI NEL PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO.

Se, pertanto, da una parte il settore privato è posto nelle condizioni di fornire le proprie capacità manageriali, commerciali ed innovative nella progettazione, finanziamento, costruzione e gestione di infrastrutture di pubblica utilità, ottenendone un ritorno economico, il settore pubblico trae beneficio dalla presenza dei privati, a parità di risorse pubbliche impegnate, per l’ottimizzazione dell’uso delle risorse disponibili capaci di generare un circolo virtuoso tra spesa pubblica e prestazioni di servizi pubblici[2].

La traslazione del rischio operativo a carico dell’operatore economico è, di fatto, elemento fondamentale rispetto alla buona riuscita dell’operazione.

In particolare, la corretta allocazione del rischio, trasferito dall’ente pubblico all’operatore economico privato, consente il pieno soddisfacimento degli interessi della Pubblica Amministrazione, con il concreto conseguimento dell’effettiva utilitas.

Il riscontro normativo risiede nell’art. 174, comma 1, lett. d), del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, con cui è statuito che “il rischio operativo connesso alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi è allocato in capo al soggetto privato” e ancora, all’art. 175, comma 2, è esplicitato come “Il ricorso al partenariato pubblico privato è preceduto da una valutazione preliminare di convenienza e fattibilità. La valutazione si incentra sull’idoneità del progetto a essere finanziato con risorse private, sulle condizioni necessarie a ottimizzare il rapporto tra costi e benefici, sulla efficiente allocazione del rischio operativo, sulla capacità di generare soluzioni innovative, nonché sulla capacità di indebitamento dell’ente e sulla disponibilità di risorse sul bilancio pluriennale. A tal fine, la valutazione confronta la stima dei costi e dei benefici del progetto di partenariato, nell’arco dell’intera durata del rapporto, con quella del ricorso alternativo al contratto di appalto per un arco temporale equivalente”.

Il nuovo testo del Codice degli Appalti ha, inoltre, del tutto caducato le previsioni normative previgenti, in cui l’allocazione del rischio era oggetto di tripartizione.

In buona sostanza, si è trattato di un adeguamento della normativa italiana a quella europea, più in particolare alla Direttiva n. 2014/23/UE che testualmente prevede: “un rischio operativo dovrebbe derivare da fattori al di fuori del controllo delle parti. Rischi come quelli legati a una cattiva gestione, a inadempimenti contrattuali da parte dell’operatore economico o a cause di forza maggiore non sono determinanti”.

L’operatore economico assume, dunque, il rischio operativo legato alla esecuzione dei lavori e alla gestione dei servizi, ossia laddove, in condizioni operative normali, le variazioni relative ai costi e ai ricavi oggetto della concessione indicano sull’equilibrio economico finanziario della stessa: il rischio operativo potrebbe comportare la non garanzia di recupero degli investimenti effettuati per l’esecuzione dei lavori e per la gestione dei servizi.

L’analisi dei rischi, che precede l’allocazione degli stessi, in quanto valutazione preliminare, trae origine dalla procedura di risk allocation, la quale dispiega la propria azione nella promanazione di una serie di elementi funzionali, quali la corretta formulazione delle clausole da apporre al contratto da stipularsi tra ente pubblico e operatore economico, nonché la coerenza con la matrice dei rischi.

Da un punto di vista concreto, come precisato anche dal Consiglio di Stato nella più recente giurisprudenza di merito[3], l’allocazione dei rischi e la sua traslazione dal concedente al concessionario è attuata tramite un importante strumento: il piano economico finanziario.

Il piano economico finanziario[4] è un documento che integra la parte economica con quella finanziaria di un’azienda, delineando previsioni di ricavi, costi, investimenti e flussi di cassa. È uno strumento essenziale per la pianificazione e il controllo della gestione aziendale. Il nuovo codice dei contratti pubblici lo inserisce espressamente, all’art. 185, comma 5, tra i fondamentali criteri per l’aggiudicazione dell’appalto.

Ciò è desumibile dal fatto che un PEF correttamente redatto, consente all’operatore economico di comprendere se vi sia equilibrio economico nella gestione della commessa, per cui i ricavi attesi potranno essere sufficienti a coprire tutti i costi di gestione, oltre a garantire l’equilibrio finanziario.

In alcune circostanze, come nel caso degli affidamenti in house o nella finanza di progetto, il nuovo codice dei contratti pubblici ha previsto l’obbligatoria asseverazione del piano economico finanziario.

D’altro canto, anche l’ente pubblico che intenda procedere all’affidamento in concessione della realizzazione di un’opera o della gestione di un impianto o servizio, grazie al PEF può comprendere i presupposti e le condizioni di base che hanno determinato l’equilibrio finanziario degli investimenti e della connessa gestione.

IL CONTENZIOSO AMMINISTRATIVO IN FASE DI GARA E GLI STRUMENTI DEFLATIVI DEL CONTENZIOSO.

Il contenzioso amministrativo può instaurarsi in qualunque momento della procedura ad evidenza pubblica, in una fase preliminare, come quella della mera pubblicazione del bando, o  in una fase successiva, come accade per la fase di gara, anche prima dell’aggiudicazione definitiva.

L’intento del legislatore, nella stesura del nuovo codice dei contratti pubblici, che dedica al contenzioso una specifica partizione del proprio testo, è fondamentalmente improntato ad una significativa diminutio dell’instaurazione di un contenzioso dall’esito spesso aleatorio, incoraggiando il ricorso a procedure bonarie di risoluzione delle controversie.

I rimedi alternativi, ferma restando la possibilità di proposizione del ricorso alle autorità giurisdizionali competenti, sono particolarmente valorizzati grazie alla diversità di strumenti che il legislatore mette a disposizione delle stazioni appaltanti e, conseguentemente, degli operatori economici: tra questi figurano l’accordo bonario, la transazione, l’arbitrato, il Collegio Consultivo Tecnico.

Tuttavia, nonostante siano stati previsti numerosi strumenti deflativi del contenzioso, volti a dirimere in modo più semplice e veloce le controversie relative alle procedure ad evidenza pubblica, appare ancora notevole il ricorso alla tutela giurisdizionale, sia da parte degli operatori economici che da parte delle amministrazioni procedenti.

In tal senso, occorre preliminarmente esaminare il criterio della ripartizione della giurisdizione e competenza, per l’impugnazione degli atti della procedura di gara, che ad oggi appare assolutamente pacifica.

Gli atti tipici della procedura ad evidenza pubblica sono sempre impugnabili presso il Tribunale Amministrativo Regionale territorialmente competente, entro il termine perentorio di trenta giorni, decorrenti dal momento della pubblicazione dell’atto all’interno dell’albo pretorio dell’ente procedente.

A ciò si aggiunge la pronuncia del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, che, con la sentenza 19 aprile 2021 n. 328 – Pres. de Nictolis, Est. Molinaro, secondo il quale, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a.  statuisce che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo comprende le controversie in materia di pubblici servizi (nella quale è ricompreso il servizio idrico), escluse quelle concernenti indennità, canoni e altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore[5].

L’esclusiva giurisdizione del giudice amministrativo è sorretta, ad ogni modo, in riferimento alle materie nelle quali vi è esercizio, ancorché in via indiretta o mediata, di un potere pubblico[6], così escludendo i “meri comportamenti materiali avulsi da tale esercizio[7].

Si tratta, peraltro, di orientamenti cristallizzati, nel corso del tempo, grazie a numerose pronunce, finanche della Corte Costituzionale.

Dirimente, sul punto, anche una ordinanza nomofilattica delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sentenza n. 24411/2018, oltre a TAR Abruzzo, sentenza del 21 settembre 2023, n. 438.

Ambedue le sentenze[8] confermano l’orientamento prevalente secondo il quale sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1 del cod. proc. amm., sulle controversie relative alla sola fase procedimentale, cioè dall’inizio della procedura sino all’aggiudicazione definitiva estendendosi detta giurisdizione a qualsiasi provvedimento, atto, accordo e comportamento tenuto entro quel lasso temporale, nonché in ogni caso ad eventuali provvedimenti dell’amministrazione di annullamento d’ufficio della stessa aggiudicazione definitiva ai sensi dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 o comunque previsti da norme di legge, in quanto direttamente incidenti sulla stessa genesi dell’aggiudicazione all’atto della sua effettuazione e, dunque, riconducibili alla relativa procedura.

Successivamente all’efficacia dell’aggiudicazione definitiva, e prima del sopravvenire dell’efficacia della conclusione del contratto (ivi compresa la sua anticipata esecuzione), vige il normale criterio di riparto imperniato sulla distinzione fra interesse legittimo e diritto soggettivo.

In sintesi, la posizione dei giudici amministrativi è sempre quella di tutelare il ricorrente dal pregiudizio effettivo e concreto, che consente di radicare l’interesse specifico al ricorso e si ha solo con le fattispecie di esclusione o soccombenza finale nella gara.

Fondamentalmente, le impugnazioni in sede giudiziale avvengono principalmente avverso la manifestazione di interesse, i criteri ivi enunciati e i requisiti minimi previsti per la concessione del servizio oppure avverso la determinazione dirigenziale di affidamento o aggiudicazione definitiva.

Nella prima circostanza, si tratta di una forma di impugnazione, presso il TAR territorialmente competente, volta ad ottenere la rettificazione o l’annullamento della manifestazione di interesse prodotta dall’ente locale per la ricerca di operatori economici effettivamente in grado di svolgere il servizio richiesto, dal punto di vista operativo e della sicurezza, tali da dover necessariamente prevedere un atto prodromico effettivamente esaustivo e rispondente a quanto previsto dalla legge.

In ogni caso, anche al fine di evitare l’incardinazione del contenzioso, all’atto dell’esame delle doglianze proposte dall’operatore economico ricorrente, nel caso di manifesta fondatezza delle stesse, la stazione appaltante può scegliere di procedere alla rettifica del bando, correggendo gli errori materiali, oppure revocare il bando stesso in autotutela e pubblicarne uno nuovo rispondente ai requisiti previsti dalla legge e perfezionati grazie alla giurisprudenza corrente.

Occorre precisare, tuttavia, che è illegittima la deliberazione di ritiro di un’aggiudicazione definitiva in vista del formarsi di un contenzioso giurisdizionale[9]: la ratio è ravvisabile nell’evitare di congestionare le procedure a causa dei reiterati ricorsi, talvolta sinanche infondati, oltre che a causare considerevoli problemi che dispiegano i propri effetti negativi indirettamente sulla cittadinanza, eventualmente privata per lungo tempo dei servizi attesi.

L’atto introduttivo del giudizio, il ricorso, necessita di essere notificato, entro i termini decadenziali previsti dalla normativa vigente, all’amministrazione procedente nella qualità di stazione appaltante e ai controinteressati, ove presenti.

Ciò potrebbe comportare, di fatto, anche uno stravolgimento della procedura ad evidenza pubblica, se ancora in corso, o della aggiudicazione all’operatore economico, che potrebbe essere confermato o escluso sulla scorta delle risultanze dei ricorsi proposti dai controinteressati, come nel caso di errata attribuzione dei punteggi o revisione completa dei criteri di aggiudicazione.

Effettivamente, dunque, la correttezza degli atti di gara, a partire dal bando e dal disciplinare, sino a giungere alla stipula del contratto, rappresentano elementi fondamentali affinché la stazione appaltante possa operare in tempi celeri e soprattutto senza generare esborsi ulteriori, come avviene nel caso della condanna alla refusione delle spese di giudizio o di risarcimento del danno nei confronti di una delle parti.

Sicuramente di nocumento, anzitutto per i cittadini, la dilazione eccessiva dei tempi dettata dalle problematiche giudiziali, annoso problema per la maggior parte delle amministrazioni procedenti.

In definitiva, nel contesto delle nuove prospettive innanzi evidenziate, emerge il principio indiretto di responsabilizzazione degli enti pubblici, cui vengono forniti tutti gli strumenti per prevenire indugi nello svolgimento delle proprie funzioni e rimediare, per tempo, ad ogni eventuale errore materiale o procedurale.

Trattandosi, tuttavia, di processi organizzativi che estrinsecano i propri effetti nel lungo periodo, per constatarne l’efficacia è necessaria una valutazione costante nel tempo.

CONCLUSIONI

Il contenzioso amministrativo, in particolare quello afferente le procedure ad evidenza pubblica, è una materia particolarmente complessa e in continua evoluzione, sottoposta da un lato alle continue sollecitazioni delle stazioni appaltanti e degli operatori economici, dall’altra molto influenzata dalla giurisprudenza di legittimità e di merito che intervengono periodicamente a sostegno dell’una o dell’altra tesi.

A riguardo, infatti, occorre precisare che non vi è una totale uniformità delle pronunce in relazione alla materia degli appalti pubblici: molto spesso può accadere che una casistica, riesaminata in appello, possa essere completamente riformata nel merito.

Certamente un ruolo fondamentale è svolto dagli operatori economici, in quanto tanto più diligente è il loro comportamento, minori sono i problemi che possono insorgere sia in fase di gara sia successivamente all’aggiudicazione definitiva dell’appalto.

Ciò in virtù del fatto che una documentazione completa, precisa e scevra da ogni possibile errore, è una agevolazione per la stazione appaltante ma anche uno scudo nei confronti degli altri partecipanti alla procedura di gara, per cui spesso, in tali circostanze, sono scoraggiati al ricorso giurisdizionale, in quanto potenzialmente infondato.

Altrettanto importante il ruolo svolto dai professionisti legali in supporto all’ente, che possono coadiuvare i funzionari tecnici e fornire pareri circa il comportamento più giusto da tenere nei confronti degli operatori economici, sia in fase di gara che successivamente all’aggiudicazione, al fine di tutelare la posizione dell’ente.


NOTE:

[1] https://press-magazine.it/wp-content/uploads/2023/12/2023_12_27_linee-guida-per-la-redazione-del-piano-economico-finanziario-nelle-procedure-di-ppp.pdf

[2]https://www.programmazioneeconomica.gov.it/it/il-dipe-in-tema-di-partenariato-pubblico-privato/partenariato-pubblico-privato/partenariato-pubblico-privato-e-finanza-di-progetto/

[3] Cons. St., Sez. V, 4 febbraio 2022, n. 795.

[4]https://esperto-business-plan.eu/schema-di-piano-economico-finanziario/#:~:text=Il%20Piano%20Economico%20Finanziario%20%C3%A8,il%20controllo%20della%20gestione%20aziendale.

[5] https://www.leoneassociati.com/risoluzione-anticipata-della-concessione-di-pubblico-serviziorientra-della-giurisdizione-dellago-la-controversia-sui-rapporti-dare-avere/

[6] Corte cost. 6 luglio 2004, n. 204 e 11 maggio 2006, n. 191

[7] Corte cost. 15 luglio 2016, n. 179

[8] https://www.lavoripubblici.it/news/appalti-pubblici-contenziosi-cosa-accade-dopo-aggiudicazione-definitiva-31870

[9] Sentenza del 19 maggio 2016, n. 2095, la Sezione Quinta del Consiglio di Stato, https://www.amministrazioneincammino.luiss.it/2016/07/27/linsorgenza-del-contenzioso-non-legittima-la-stazione-appaltante-a-revocare-la-procedura-di-gara/


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