E intanto il Legislatore individua altri delitti per tutelare la proprietà immobiliare!
Abstract: La Corte Costituzionale, con la recente sentenza n. 28 del 27.02.2024, conferma la rilevanza penale della condotta di chi occupa abusivamente un immobile, anche se abbandonato da tempo dal legittimo proprietario. Intanto il Legislatore continua ad introdurre nuove fattispecie di reato a tutela della proprietà privata contro chi intenda occupare un immobile per destinarlo a proprio alloggio.
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La Corte Costituzionale recentemente è intervenuta sulla presunta illegittimità dell’art. 633 c.p., rubricato “Invasione di terreni o edifici”1, ipotizzata dal Tribunale di Firenze nell’ambito di un procedimento penale a carico di quattro persone che avevano occupato uno stabile abbandonato da oltre un ventennio, a seguito del fallimento della società proprietaria, e ne avevano ricavato vari alloggi per destinarli ad uso abitativo, per vari gruppi familiari, tra i quali quelli dei quattro imputati.
In fase processuale, oltre all’abbandono totale dello stabile, era emerso anche che il liquidatore della società immobiliare proprietaria, non aveva mai visionato l’immobile e né tantomeno era a conoscenza dell’occupazione abusiva dello stesso da parte degli imputati.
Il Tribunale Monocratico aveva chiesto l’intervento della Corte Costituzionale per presunta illegittimità costituzionale del citato articolo 633 c.p., in riferimento agli articoli 22, 33, 424 e 475 della Costituzione.
Ad avviso del giudice di primo grado lo stato di abbandono degli immobili “appare tanto più irrispettoso della prevista funzione sociale della proprietà privata ove si consideri la persistente emergenza abitativa che connota la realtà italiana“ e poi prosegue affermando che “in tale contesto, se è forse legittimo accordare comunque una tutela sul piano civilistico ai proprietari di immobili lasciati in stato di abbandono contro eventuali occupazioni abusive, appare irragionevole perseguire queste ultime anche penalmente“.
E proprio a causa del notevole lasso di tempo in cui l’immobile risultava abbandonato, il giudice penale riteneva irragionevole incriminare “la condotta di chi, per soddisfare un bisogno fondamentale, oggetto di un diritto inviolabile che il nostro Stato democratico dovrebbe garantire, occupi un immobile (eventualmente anche a destinazione teorica abitativa, come nel caso di specie), ma concretamente lasciato dal proprietario da anni in stato di abbandono.
Prima di analizzare la decisione dei giudici di legittimità appare opportuno evidenziare che già l’Avvocatura Generale dello Stato riteneva che le questioni prospettate dal Tribunale fossero infondate anche interpretando la nozione europea di diritto della casa, di cui all’articolo 8 rubricato “Diritto al rispetto della vita privata e familiare” della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo (CEDU)6, che sembrava tutelare il diritto della conservazione di un alloggio già nella disponibilità dell’interessato, come nel caso di conviventi, e non nel garantire o giustificare l’accesso indiscriminato ad una abitazione. Inoltre l’Avvocatura non concordava nemmeno sull’invocazione della funzione sociale della proprietà come giustificazione della disapplicazione di una norma penale.
La Corte Costituzionale ha respinto la questione di legittimità costituzionale prospettata dal Tribunale toscano sulla base di una serie di ragionamenti, ovviamente, costituzionalmente orientati.
Innanzitutto il Giudice delle Leggi ha ritenuto che il delitto di cui al citato articolo 633 c.p. viene inteso come volto a perseguire una condotta di spoglio funzionale, che sia idonea a comprimere, in tutto o in parte, le facoltà di godimento e destinazione del bene spettanti al titolare dello ius excludendi alios. Inoltre, in relazione allo stato di necessità degli occupanti, afferma che “l’invasione di edifici può essere scriminata dallo stato di necessità conseguente anche alla compromissione di tale diritto, purché l’inevitabilità della condotta e l’attualità del pericolo perdurino per tutto il tempo in cui l’occupazione prosegue“.
Secondo la Corte non può condividersi, quindi, l’idea secondo cui, in virtù del soddisfacimento del diritto all’abitazione, da garantire in un sistema ispirato alla solidarietà economica e sociale e al pieno sviluppo della persona e dell’espandersi della funzione sociale della proprietà, si potrebbe ammettere una limitazione della rilevanza penale della condotta di occupazione abusiva di immobili anche se abbandonati da tempo dal legittimo proprietario.
In relazione al citato articolo 2 Cost., la Corte ne esclude il contrasto prospettato dal Tribunale penale “in quanto il dovere del proprietario di partecipare alla soddisfazione di interessi generali e all’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà economica e sociale non significa affatto che la proprietà, anche se in stato di abbandono, debba soffrire menomazioni da parte di chiunque voglia limitarne la fruizione”.
In relaziona al citato articolo 42 Cost., la Corte ne esclude il contrasto affermando che la fattispecie penalmente rilevante de quo “si appalesa quindi non irragionevole e non lesiva dell’art. 42 Cost., non discendendo dallo stato di abbandono un automatico effetto estintivo dello ius excludendi alios riservato al titolare della situazione di attribuzione del bene, né, pertanto, della pretesa punitiva rivolta alla tutela di quel diritto“.
Infine esclude, parimenti, il contrasto con l’art. 47 Cost. sostenendo che i motivi di contrasto indicati dal Tribunale penale risultano generici e privi di motivazione e considera che il secondo comma del predetto articolo 47, nel disporre che la Repubblica “favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione“, individua una forma di garanzia privilegiata dell’interesse primario ad avere un’abitazione e contiene un principio al quale il legislatore è tenuto ad ispirarsi, ma non rende con ciò legittima l’occupazione di un edificio altrui da parte di chiunque intenda destinarlo a proprio alloggio.
La sacrosanta difesa del diritto di proprietà riconosciuta dalla Corte Costituzionale è certamente condivisa dal nostro Legislatore. Dalla fine degli anni duemila una serie di norme contenute nei vari pacchetti sicurezza susseguitisi a partire dal 2008, sono andate in questa direzione. Da un lato, poco più di un anno fa il Legislatore, intervenuto sul tema, ha inserito l’articolo 633-bis c.p.7, rubricato “Invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumità pubblica”, introdotto con il Decreto Legge 31 ottobre 2022 n. 162 e convertito con modifiche con Legge 30 dicembre 2022 n. 199, per contrastare il fenomeno dei rave party, e dall’altro è in procinto di approvare nuove norme molto severe sul punto.
In riferimento al contrasto ai rave party è noto a tutti che la norma è stata stravolta in sede di conversione, a partire dal numero dell’articolo di riferimento, che dall’articolo 434-bis c.p. (quindi collocato nel titolo VI dedicato ai delitti contro l’incolumità pubblica), approvato con il citato Decreto Legge, è stato modificato nell’articolo 633-bis c.p. (quindi collocato nel titolo XIII dedicato ai delitti contro il patrimonio). Inoltre la versione finale della norma ha escluso la sua applicazione alle manifestazioni studentesche e altri manifestazioni pubbliche ed ha eliminato il numero minimo di partecipanti precedentemente stabilito in cinquanta unità. Novità importante è il fatto che la nuova norma punisce chi organizza e chi promuove, mentre resta l’applicabilità del più volte citato articolo 633 c.p. per i partecipanti.
In riferimento, invece, alle nuove norme in procinto di essere approvate, in un recentissimo disegno di legge, presentato alla Camera lo scorso 9 febbraio, è prevista l’introduzione di un nuovo reato per tutelare la proprietà nei confronti di chi la occupa arbitrariamente, oppure cede l’immobile occupato o ne favorisce l’occupazione. In particolare si ipotizza l’introduzione del delitto di “occupazione arbitraria di immobili destinati a domicilio altrui”, contenuto nell’articolo 634-bis c.p. (articolo 8 disegno di legge in materia di sicurezza pubblica), che punisce con la reclusione da 2 a 7 anni chiunque, con violenza o minaccia, occupa o detiene senza titolo un immobile destinato a domicilio altrui o impedisce il rientro del proprietario o del legittimo detentore nel proprio immobile. La cornice edittale prevista consente l’applicazione della custodia cautelare, anche nella misura massima del carcere, ai sensi dell’articolo 280, comma 2 c.p.p.8, e la possibilità di effettuare intercettazioni telefoniche, ai sensi dell’articolo 266, comma 1, lett. a) c.p.p.9.
Inoltre il provvedimento in esame prevede l’introduzione anche dell’articolo 321-bis c.p.p. per velocizzare le procedure di rilascio delle case occupate. Infatti la norma prevede che, in via ordinaria, il giudice potrà disporre, su richiesta del pubblico ministero, con decreto motivato, la reintegrazione nel possesso dell’immobile. Ma, addirittura, nel caso in cui l’immobile in questione sia l’unica abitazione della persona offesa, è prevista la possibilità che la liberazione dello stesso sia effettuata direttamente dalle forze di polizia che hanno ricevuto la denuncia, fatta salva la successiva convalida dell’Autorità Giudiziaria.
E’ facilmente intuibile che la scelta del Legislatore è finalizzata a potenziare gli strumenti di tutela della propria abitazione e, nel contempo, a rappresentare una efficace deterrenza alle occupazioni abusive, un fenomeno in crescita negli ultimi tempi con l’assurdo che basta andare in vacanza o addirittura allontanarsi per poche ore, magari per fare la spesa, e ci si ritrova con l’abitazione occupata.
Il quadro normativo attuale e quello che si sta delineando nel prossimo futuro, sembra essere rassicurante per le proprietà del cittadino e sembra offrire nuovi strumenti alle autorità competenti per un immediato ripristino della legalità. Certamente un modo per aumentare la fiducia negli strumenti che lo Stato offre a tutti i cittadini al fine di tutelare la proprietà di immobili e terreni. Aspettiamo fiduciosi!
NOTE
- Comma 1. Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 103 euro a 1.032 euro. Comma 2. Si applica la pena della reclusione da due a quattro anni e della multa da euro 206 a euro 2.064 e si procede d’ufficio se il fatto è commesso da più di cinque persone o se il fatto è commesso da persona palesemente armata. Comma 3. Se il fatto è commesso da due o più persone, la pena per i promotori o gli organizzatori è aumentata.
- Articolo 2 Cost. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
- Articolo 3 Cost. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
- Articolo 42 Cost. La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.
- Articolo 47 Cost. La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.
- Articolo 8 CEDU. Comma 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. Comma 2. Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell’esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
- Articolo 633 bis c.p. Chiunque organizza o promuove l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento, è punito con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000, quando dall’invasione deriva un concreto pericolo per la salute pubblica o per l’incolumità pubblica a causa dell’inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti ovvero in materia di sicurezza o di igiene degli spettacoli e delle manifestazioni pubbliche di intrattenimento, anche in ragione del numero dei partecipanti ovvero dello stato dei luoghi. È sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma, nonché di quelle utilizzate per realizzare le finalità dell’occupazione o di quelle che ne sono il prodotto o il profitto.
- Articolo 280 comma 2 c.p.p. La custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive modificazioni.
- Articolo 266 c.p. comma 1 – L’intercettazione, di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione è consentita nei procedimenti relativi ai seguenti reati: a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell’articolo 4; b) (omissis)
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