Fortunatamente no! Prevale la c.d. “teoria monistica”
Abstract: La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21183 depositata il 18 maggior 2023, ha stabilito che la particolare tenuità del fatto non può essere applicata nei confronti del concorrente nel reato che, con la propria condotta, abbia recato un contributo minimo alla sua perpetrazione, anche in virtù del fatto che è stata accertata la responsabilità penale a titolo di concorso.
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In riferimento all’istituto dell’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, ex art. 131-bis c.p., sempre più attuale a seguito della Riforma Cartabia1, recentemente è stata affrontata la questione della sua applicazione rispetto al co-autore del reato che ha contribuito solo minimamente, e non materialmente, alla perpetrazione dello stesso reato.
Infatti la Corte di Cassazione2 ha trattato il caso di una lesione non minimale del bene-interesse tutelato dalla norma, ritenendo che l’applicabilità della causa di non punibilità de quo, è preclusa anche nei confronti del concorrente nel reato che, con la propria condotta, abbia recato un contributo minimo alla sua perpetrazione, anche in virtù del fatto che è stata accertata la responsabilità penale a titolo di concorso, ex art. 110 c.p.3.
Il caso affronta il ricorso per cassazione del condannato dal Tribunale di Piacenza, a titolo di concorso, per gestione illecita di rifiuti, ex art. 256 D. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, avendo prestato il veicolo per la raccolta illecita di materiale ferroso. Il secondo dei tre motivi addotti dal ricorrente lamentava la mancata applicazione dell’istituto della particolare tenuità del fatto.
La S.C. avendo escluso la semplice connivenza nella condotta del ricorrente ha fondato l’inammissibilità del ricorso sulla c.d. teoria “monista” secondo la quale, indipendentemente dal limitato apporto del correo, il Legislatore, in caso di concorso di persone nel reato, ritiene attribuire l’evento a carico di tutti i concorrenti, considerando il reato di tutti e di ciascuno di quelli che vi prendono parte e che ne hanno voluto la realizzazione e, di riflesso, considerando il risultato della comune cooperazione morale e materiale.
Fatta questa considerazione, gli Ermellini hanno concluso ritenendo corretta la decisione del Tribunale di Piacenza anche in considerazione della considerevole entità ponderale del materiale ferroso illecitamente trasportato, pari a ben oltre una tonnellata, deponente per una non minimale lesione del bene giuridico tutelato dalla norma.
A parere di chi scrive è ben accetta questa pronuncia della Cassazione che pone freni ad una massiccia applicazione, invece, della causa di non punibilità de qua, diminuendo senza dubbio il carico nelle aule giudiziarie ma, di contro, diminuendo la capacità punitiva dello Stato per condotte penalmente rilevanti.
NOTE
- D. lgs. 18 marzo 2015, n. 28, come recentemente modificato dalla riforma “Cartabia”.
- Cassazione penale, sez. IV, sentenza n. 5894 del 13 febbraio 2023.
- Codice della Strada, art. 18 (Guida sotto l’influenza dell’alcool) «7. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di rifiuto dell’accertamento di cui ai commi 3, 4 o 5, il conducente è punito con le pene di cui al comma 2, lettera c). La condanna per il reato di cui al periodo che precede comporta la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo da sei mesi a due anni e della confisca del veicolo con le stesse modalità e procedure previste dal comma 2, lettera c), salvo che il veicolo appartenga a persona estranea alla violazione. Con l’ordinanza con la quale è disposta la sospensione della patente, il prefetto ordina che il conducente si sottoponga a visita medica secondo le disposizioni del comma 8. Se il fatto è commesso da soggetto già condannato nei due anni precedenti per il medesimo reato, è sempre disposta la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI.»
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