La legittimità dell’arresto del reo che si è dato alla fuga ai sensi dell’art.189 CdS.
[Ethica Societas anno 1 n.1]
In via preliminare per la trattazione dell’argomento occorre evidenziare che la Legge n. 41/2016 ha introdotto, tra gli altri, gli articoli 589/ter[1] e 590/ter[2] del Codice Penale, con i quali il Legislatore ha introdotto due specifiche circostanze aggravanti, quando in caso di sinistro stradale mortale o con lesioni stradali gravi o gravissime, il responsabile si dia alla fuga. In particolare, la pena è aumentata da un terzo a due terzi e, a ogni modo, non può essere inferiore a cinque anni nel caso di omicidio stradale e a tre anni nel caso di lesioni stradali.
Sempre in via preliminare occorre evidenziare che prima dell’introduzione delle nuove fattispecie di omicidio stradale (artt. 589/bis e ss. c.p.) e di lesioni stradali gravi o gravissime (artt. 590/bis e ss. c.p.) il Codice della Strada prevedeva due tipologie di reato omissivo di pericolo che già puniva il reato di fuga[3] e il reato di omissione di soccorso[4], che presentano degli aspetti similari con le predette circostanze aggravanti inserite nel 2016.
In particolare il delitto di “fuga” si configura nel caso di incidente con danno alle persone senza l’omissione di soccorso previsto dal comma successivo. La sussistenza della fattispecie prevista a carico dell’obbligato sussiste quando il sinistro sia comunque collegabile al suo comportamento (per esempio chi frena bruscamente e causa un tamponamento a catena senza essere lui stesso tamponato). Se invece il sinistro non è conseguenza del suo comportamento, per “l’utente della strada” residua l’obbligo di cui all’art. 593 c.p. non oggetto della presente disamina.
Il successivo comma 7 prevede invece il delitto di “omissione di soccorso” nel caso di incidente con danno alle persone che concorre quasi sempre con quello di fuga. Infatti il “non” prestare assistenza non assorbe il “non” fermarsi in caso di incidente con danni alle persone[5]; mentre il fermarsi è finalizzato all’esatta identificazione dell’autore del fatto e all’accertamento delle modalità del sinistro, il soccorso occorrente soddisfa, invece, l’esigenza di etica morale e di solidarietà sociale.
Per quello che qui rileva occorre poi leggere attentamente i due commi successivi dell’articolo 189 codice della strada.
Il comma 8 recita testualmente: “Il conducente che si fermi e, occorrendo, presti assistenza a coloro che hanno subito danni alla persona, mettendosi immediatamente a disposizione degli organi di polizia giudiziaria, quando dall’incidente derivi il delitto di lesioni personali colpose, non è soggetto all’arresto stabilito per il caso di flagranza di reato”.
Il comma 8/bis6 recita testualmente: “Nei confronti del conducente che, entro le ventiquattro ore successive al fatto di cui al comma 6, si mette a disposizione degli organi di polizia giudiziaria, non si applicano le disposizioni di cui al terzo periodo del comma 6”[6].
In estrema sintesi, con l’introduzione del comma 8/bis dell’articolo 189 cds, si prevede la non applicabilità delle disposizioni di cui al terzo periodo del comma 6, cioè di procedere all’arresto facoltativo, ai sensi dell’art. 381 c.p.p. per tutti coloro che, dopo essersi dati alla fuga, si pongano a disposizione della polizia giudiziaria entro le ventiquattro ore successive al fatto.
Quindi, il comma 8 e successivamente il comma 8/bis dell’articolo 189 cds sono stati introdotti dal Legislatore proprio al fine di contrastare ed ostacolare il triste fenomeno della pirateria stradale e, nel contempo, ha assunto una politica di tipo “premiale” per l’utente della strada che si ferma e presta la dovuta assistenza del caso.
Da quanto appena illustrato l’arresto fuori flagranza per il reato di cui all’articolo 189 comma 6 (e, dunque, nel caso di incidente con danno alle persone) appare consentito non solo all’interno delle ventiquattro ore se non si presenta spontaneamente alla polizia giudiziaria, ma anche successivamente.
Sembra che il Legislatore abbia previsto in questi casi uno stato di quasi flagranza per così dire “perenne”. Quindi, in tutti i casi di fuga dopo un sinistro stradale con esito mortale o con lesioni gravi o gravissime, l’arresto sarà sempre permesso, qualora le ricerche della Polizia giudiziaria, iniziate subito dopo la commissione del reato, si siano protratte senza interruzione fino al rintraccio dell’autore del reato. Infatti ragionando diversamente e richiedendo per la sussistenza della condizione di flagranza che gli operanti abbiano una diretta percezione del sinistro stradale e della conseguente fuga del responsabile, si priverebbe di ogni significato il disposto normativo introdotto dall’art. 189, comma 8/bis cds nel 2003.
Su questo punto, si osserva che l’inseguimento del reo, utile per definire il concetto di quasi flagranza, deve essere inteso in senso più ampio di quello strettamente etimologico di attività di chi corre dietro, tallona e pressa, a vista, la persona inseguita. Infatti, il concetto è comprensivo anche dell’azione di ricerca, immediatamente eseguita, anche se non immediatamente conclusa, purché protratta senza soluzione di continuità, sulla base delle ricerche immediatamente predisposte sulla scorta delle indicazioni delle vittime, dei correi o di altre persone a conoscenza dei fatti. In sintesi, l’inseguimento può avvenire anche dopo un periodo di tempo, necessario alla polizia giudiziaria per giungere sul luogo del delitto, acquisire notizie utili e iniziare le ricerche.
La nozione di inseguimento a opera della forza pubblica include ogni singola attività di indagine e di ricerca che viene finalizzata alla cattura dell’indiziato di reità, a condizione che la predetta attività non subisca interruzioni dopo la commissione del reato, anche se si protragga per più tempo[7].
Ragionandoci sopra sembrerebbe che l’intenzione del Legislatore fosse quella di mantenere ferme le nuove e più severe norme sull’arresto obbligatorio o facoltativo, rispettivamente previste dagli articoli 589 bis c.p. e 590 bis, comma 1, c.p. e che, pertanto, in tutti i casi di fuga dopo un incidente stradale con esito mortale o con lesioni gravi o gravissime, l’arresto è sempre consentito, qualora le ricerche della polizia giudiziaria, iniziate subito dopo la commissione del reato, si siano protratte ininterrottamente fino al rintraccio dell’autore del reato, in considerazione del fatto che il reato di fuga in caso di incidente con danno alle persone, di cui al comma 6 dell’art. 189 cds è un reato omissivo di pericolo e si configura istantaneamente nel tempo in cui il conducente del veicolo investitore viola l’obbligo di fermarsi, ponendo in essere, con il semplice allontanamento, una condotta contra ius.
Lo stesso ragionamento non è applicabile alla condotta di cui al comma 7 dello stesso articolo in quanto nel caso di incidente con ferimento di persone, all’obbligo di fermarsi, già coevo alla fattispecie dell’art. 189 comma 6 c.d.s., si associa quello di dare temporaneamente assistenza, ma, diversamente dal primo, l’effettività dell’obbligo di prestare assistenza è subordinata ad un reale stato di bisogno della vittima dell’incidente.
A questo punto, dopo una breve disamina della normativa di riferimento, per rispondere al quesito iniziale bisogna analizzare la giurisprudenza più recente per avere certezze sulla portata degli articoli 589/ter e 590/ter c.p. introdotti nel 2016, un anno dopo la citata sentenza del 2015.
Sicuramente si tratta di aspetti controversi che hanno indotto la Cassazione ad intervenire più volte sul punto.
Nel 2017, un anno dopo la Legge n.41, almeno tre sentenze sono di sicuro interesse per le questioni aperte. Con la prima sentenza la Corte ha stabilito che “In caso di incidente stradale con danno alle persone l’esclusione dell’arresto del conducente che si metta a disposizione della polizia giudiziaria nelle ventiquattr’ore, previsto dall’art. 189, comma 8 bis cds, non contraddice la sussistenza delle condizioni di quasi flagranza di cui all’art. 382 c.p.p., ma le dà per presupposte; affinché, quindi, possa procedersi all’arresto in esito al delitto di fuga o di omissione di soccorso, devono ugualmente sussistere tutte le condizioni di flagranza o di quasi flagranza, in presenza delle quali il responsabile potrà evitare l’arresto, ponendosi a disposizione della polizia giudiziaria entro le ventiquattro ore”[8].
Con la seconda sentenza, a distanza di un mese dalla prima, la stessa Cassazione ha in qualche modo ribadito quanto stabilito in precedenza sostenendo che “è illegittimo l’arresto in flagranza operato dalla polizia giudiziaria sulla base delle informazioni fornite dalla vittima o da terzi nell’immediatezza del fatto, poiché, in tale ipotesi, non sussiste la condizione di ‘quasi flagranza’, la quale presuppone la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi proceda all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato”[9]. In questo caso l’arresto era stato eseguito all’esito di investigazioni durate circa ventuno ore, con assunzione di sommarie informazioni e verifiche sui veicoli coinvolti.
Certamente le statuizioni della Cassazione appena citate sembrano far venir meno la portata innovativa e derogatoria del più volte citato comma 8/bis cds, introdotto dal Legislatore nel 2003.
A fine del 2017 la Suprema Corte interviene nuovamente sull’argomento stabilendo che in tema di arresto in flagranza, “l’integrazione dell’ipotesi di c.d. ‘quasi flagranza’ costituita dalla ‘sorpresa’ dell’indiziato ‘con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima’ non richiede – a differenza del caso dell’inseguimento – che la polizia giudiziaria abbia diretta percezione della commissione del reato, essendo sufficiente l’immediata percezione delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato”[10]. Nella circostanza la Corte aveva ritenuto che legittimamente la polizia giudiziaria avesse proceduto all’arresto in flagranza dei reati di omicidio stradale e di fuga dopo un incidente stradale, di due soggetti che, sulla base delle indicazioni fornite da alcuni testimoni, erano stati sorpresi, quattro ore dopo i fatti, uno ancora a bordo dell’autovettura con un asciugamano intriso di sangue e l’altro presso l’ospedale mentre ricorreva alle cure mediche per le lesioni riportate. Insomma, non basta individuare il fuggiasco sulla base della descrizione fornita dai testimoni, ma occorre che l’autore al momento della sua individuazione sia sorpreso con le tracce che lo riconducano all’incidente.
Effettivamente anche questa sentenza in qualche modo ribadisce che per effettuare l’arresto per quasi flagranza in caso di fuga dopo un sinistro stradale con feriti c’è bisogno della concomitanza di più fattori, non essendo bastevole la sola descrizione dei testimoni.
Nel 2019 un’altra sentenza della Suprema Corte complica ancora di più il quadro giurisprudenziale formatosi. Infatti è stato ritenuto legittimo l’arresto dell’autore del reato di cui all’articolo 590/bis c.p. nonostante lo stesso si fosse fermato e rimanendo a disposizione della polizia giudiziaria[11]. I giudici hanno ritenuto giustificato l’arresto in flagranza sulla base della gravità del fatto e della pericolosità del soggetto, desunte dalle circostanze rappresentate nel verbale di arresto, da cui risulta che il ricorrente si era posto alla guida del veicolo avendo assunto sostanze alcoliche e sostanze stupefacenti, che stava parlando al telefono cellulare al momento del fatto, che percorreva la strada, in orario notturno, tenendo una velocità non adeguata allo stato dei luoghi.
I giudici in questa circostanza hanno ritenuto che il riferimento all’art. 189, comma 8, cds sostenuto dalla difesa, è inconferente. Il fatto che il ricorrente si sia fermato dopo l’incidente e abbia prestato assistenza, non esclude la legittimità dell’arresto in relazione alla ipotizzata fattispecie di cui all’art. 590-bis c.p. Gli ermellini hanno ritenuto che nel ricorso si sia prospettato un erroneo ampliamento dei casi di esclusione di arresto che travalica il dettato normativo dell’art. 189, comma 8, cds e che si pone in evidente contrasto con la previsione di cui all’art. 381, comma 2, lett. m-quinquies c.p.p. che contempla l’arresto facoltativo in flagranza in caso di lesioni colpose stradali gravi e gravissime.
Quindi l’orientamento della Cassazione è sicuramente non univoco esaminando le tre sentenze del 2017 che andavano in un senso (molti limiti per l’arresto senza flagranza o quasi flagranza) e quella appena citata del 2019 che va nel senso diametralmente opposto (addirittura consente l’arresto anche per chi si sia fermato e abbia prestato assistenza).
Per concludere è interessante esaminare una ultima e recentissima sentenza della S.C.[12] con la quale quest’ultima ribadisce che, nel caso di arresto avvenuto in ipotesi di c.d. quasi flagranza, la necessità dell’esistenza di un rapporto di contestualità tra la condotta in cui si sostanzia l’illecito e il fatto percettivo dell’ufficiale o agente di polizia giudiziaria che interviene procedendo all’arresto. La Corte ha esaminato il ricorso di un Procuratore della Repubblica che aveva ricorso avverso l’ordinanza con la quale il GIP non convalidava l’arresto eseguito nei confronti dell’indagato, in relazione ai reati di omicidio colposo stradale aggravato dalla fuga ex art. 589 bis e ter c.p., nonché di fuga ed omissione di soccorso ex art. 189 cds commi 6 e 7, ritenendo insussistenti gli estremi della c.d. quasi flagranza. Infatti il GIP aveva osservato che l’arrestato veniva fermato solo a seguito di attività investigativa della polizia giudiziaria e dunque in assenza delle condizioni alternative dell’inseguimento o della sorpresa dell’arrestato con cose o tracce del reato che ne consentissero il collegamento inequivocabile con lo stesso. Il PM, a sostegno della legittimità dell’arresto, oltre a invocare la nozione di quasi flagranza di cui all’art. 382 c.p.p., adduceva la circostanza che l’art. 189 comma 8 bis cds, nell’indicare come il conducente che entro ventiquattro ore si metta a disposizione degli organi di polizia giudiziaria si sottragga all’arresto, sarebbe rappresentativo della possibilità di procedere all’arresto in quasi flagranza anche in condizioni di non immediatezza.
Sulla base della ricostruzione degli eventi, secondo la Corte risultava evidente che l’arrestato fosse stato identificato il giorno successivo all’incidente. Pertanto, in disparte ogni valutazione circa il corretto esercizio della facoltà dell’arresto, giustificata in alternativa dalla gravità del fatto ovvero dalla pericolosità del soggetto, ai sensi dell’art. 381 c.p.p., nel caso che occupa l’arresto è avvenuto al di fuori del paradigma tracciato dall’art. 382 c.p.p. Sul punto, la Suprema Corte ricorda l’eccezionalità dei poteri d’arresto in flagranza (o quasi flagranza) di cui all’art. 380 c.p.p. e ss., poteri conferiti alla polizia giudiziaria in deroga ai principi generali in materia, che esprimono la garanzia della riserva di giurisdizione, la quale trova matrice nella previsione di cui all’art. 13 comma 3 Costituzione.
Prosegue la Corte sostenendo che, la nozione di quasi flagranza deve essere rigorosamente interpretata e perimetrata, tenendo presente che, in generale, essa è configurabile ogniqualvolta sia possibile stabilire un particolare nesso tra il soggetto ed il reato, il quale presuppone un rapporto di contestualità tra la condotta in cui si sostanzia l’illecito e il fatto percettivo dell’ufficiale o agente di polizia giudiziaria che interviene procedendo all’arresto. Non può invece configurarsi l’arresto in quasi flagranza nelle ipotesi nelle quali l’arresto avvenga in seguito ad un’attività investigativa, sia pure di breve durata, attraverso la quale la polizia giudiziaria raccolga elementi, valutati i quali ritenga di individuare il soggetto da arrestare.
La Corte nel citare una sentenza delle SS.UU. affermava che ritenere il contrario porterebbe ad una torsione del sistema e delle garanzie costituzionali che lo sorreggono.
La Corte respingeva il ricorso sostenendo che “affinché si possa affermare la presenza di una ‘quasi flagranza’, è necessaria l’immediata ed autonoma percezione, da parte di chi procede all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato”.
Quest’ultima sentenza prosegue nel solco più rigido tracciato con le sentenze dell’anno 2017 respingendo, di conseguenza, l’orientamento più permissivo riscontrato nella sentenza del 2019, che sembra di fatto orientamento minoritario.
A questo punto la domanda nasce spontanea: ma che portata ha il comma 8/bis cds soprattutto dopo la riforma avvenuta con la Legge n. 41/2016 con la quale sono state inserite nuove ipotesi delittuose legate all’omicidio stradale e alle lesioni stradali gravi o gravissime? Certamente la giurisprudenza non aiuta in quanto non vi è un orientamento univoco, ma sicuramente bisogna prestare attenzione nel limitare la libertà personale di chi, datosi alla fuga, venga successivamente individuato, magari confrontandosi nell’immediatezza con l’Autorità Giudiziaria competente per territorio.
NOTE:
[1] Art. 589/ter c.p. Fuga del conducente in caso di omicidio stradale: “Nel caso di cui all’articolo 589 bis, se il conducente si dà alla fuga, la pena è aumentata da un terzo a due terzi e comunque non può essere inferiore a cinque anni”.
[2] Art. 590/ter c.p. Fuga del conducente in caso di lesioni personali stradali: “Nel caso di cui all’articolo 590 bis, se il conducente si dà alla fuga, la pena è aumentata da un terzo a due terzi e comunque non può essere inferiore a tre anni”.
[3] Art. 189 comma 6 cds: “Chiunque, nelle condizioni di cui al comma 1, in caso di incidente con danno alle persone, non ottempera all’obbligo di fermarsi è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre anni, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI. Nei casi di cui al presente comma sono applicabili le misure previste dagli articoli 281,282,283 e 284 del cpp, anche al di fuori dei limiti previsti dall’articolo 280 del medesimo codice, ed è possibile procedere all’arresto, ai sensi dell’articolo 381 del cpp, anche al di fuori dei limiti di pena ivi previsti”.
[4] Art. 189 comma 7 cds: “Chiunque, nelle condizioni di cui al comma 1, non ottempera all’obbligo di prestare l’assistenza occorrente alle persone ferite è punito con la reclusione da uno a tre anni. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo non inferiore ad un anno e sei mesi e non superiore a cinque anni, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI.
[5] Cassazione penale-sez. IV, sentenza n° 13731 del 05.03.2003.
[6] Introdotto con la Legge n° 72 del 9 aprile 2003.
[7] Cassazione penale, sezione IV, sentenza n° 34712 del 10 agosto 2015 “In caso di incidente stradale con danno alle persone, la polizia giudiziaria può procedere all’arresto facoltativo in flagranza del conducente che non ha ottemperato all’obbligo di fermarsi, in relazione al reato previsto dall’art. 189, comma sesto, codice della strada, anche dopo il decorso di oltre ventiquattro ore dal sinistro, avendo il legi slatore configurato per detta fattispecie incriminatrice uno stato di quasi flagranza temporalmente dilatato ed esteso”.
[8] Cassazione penale, Sez. IV, n° 29759 dell’8 marzo 2017.
[9] Cassazione penale, Sez. IV, n° 23162 del 13 aprile 2017.
[10] Cassazione penale, Sez. IV, n° 53553 del 26 ottobre 2017.
[11] Cassazione penale, Sez. VI, n° 2267 del 24 ottobre 2019.
[12] Cassazione penale, Sez. VI, n° 36169 del 5 ottobre 2021.