Si, tranne che per atti coperti da segreto investigativo!
Abstract: Il Consiglio di Stato, con la Sentenza n. 1974 del 29 febbraio 2024, conferma che il diritto di accesso agli atti esercitato da un consigliere comunale è strumentale all’esercizio delle funzioni per la tutela dell’interesse pubblico e che, pertanto, pur non dovendo rappresentare una forma di controllo generalizzato sulle attività dell’Ente, non deve essere motivato ed incontra l’unico limite nella non accessibilità degli atti coperti da segreto investigativo, compiuti dalla Polizia Giudiziaria o dal Pubblico Ministero.
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Dopo aver più volte affrontato negli ultimi mesi la questione dei limiti all’accesso agli atti e, in particolare, del caso in cui il richiedente sia un consigliere comunale, argomento già trattato con un articolo dello scorso 16 settembre 2023, torniamo a discutere del diritto di accesso agli atti amministrativi, anche questa volta esercitato da un consigliere comunale, relativo a controlli edilizi pregressi.
Prima di disquisire su alcuni punti molto interessanti affrontati recentemente dal Consiglio di Stato, occorre premettere i fatti per i quali è stato compulsato.
Un consigliere comunale lucano, con circa quaranta istanze, aveva chiesto agli uffici tecnici e alla polizia municipale l’elenco degli accertamenti relativi alle violazioni del Testo Unico Edilizia1, corredati dalle comunicazioni all’Autorità Giudiziaria competente ed alle consequenziali ordinanze di demolizione delle abusività accertate, limitatamente, però, ad un lasso di tempo di circa quattro mesi, anche al fine di verificare se fosse stato favorita la moglie di un altro consigliere comunale, soggetta, appunto, ad un controllo edilizio.
Nel mese di giugno 2023 il responsabile dell’ufficio tecnico, richiamando anche una nota pregressa del Comando della Polizia Municipale, relativa ad un analogo accesso agli atti del 2022 che vedeva, curiosamente, coinvolta l’attuale ricorrente, comunicava al consigliere comunale l’elenco dei provvedimenti adottati completi di nominativi, ma non gli atti richiesti, in quanto riconducibili ad attività di polizia giudiziaria, coperti da segreto investigativo.
Il consigliere comunale, dopo aver insistito inutilmente con un’istanza di riesame, per risolvere la questione adiva il Tribunale Amministrativo della Basilicata, ricorrendo avverso il parziale silenzio-rigetto.
Il Comune interessato in giudizio deduceva che gli atti richiesti erano coperti da segreto investigativo e che l’istanza del consigliere comunale esorbitava dai poteri di accesso consiliare, espressamente riconosciuto dal T.U.EE.LL.2, in quanto tesa ad un sindacato generalizzato sull’attività del Comune.
Il Tribunale adito respingeva detto gravame richiamando gli orientamenti giurisprudenziali formatisi in materia e rilevando come, nel caso di specie, non vi fossero elementi a comprovare un’effettiva esigenza collegata al mandato consiliare ed, inoltre, rilevava che l’istanza era motivata genericamente e che le numerose richieste di accesso presentate nel ristretto arco temporale di quattro mesi, palesavano la volontà di un controllo generalizzato dell’operato dell’Amministrazione, vietato dall’art. 24, comma 3, della Legge 7 agosto 1990 n. 2413.
Il consigliere comunale impugnava la pronuncia di primo grado con un unico e articolato motivo, ovvero per violazione del predetto articolo 43 T.U.EE.LL. e della già citata Legge n. 241/904, in quanto per i consiglieri comunali non graverebbe alcun particolare onere di motivazione per le richieste di accesso documentale, essendo a loro riconosciuto un non condizionato accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento delle loro funzioni e per aver errato a considerare che l’accesso era finalizzato ad un controllo mirato ad un controllo generalizzato, in quanto limitato a soli quattro mesi.
Nello stesso unico motivo di appello, la parte evidenziava l’errore commesso dal primo giudice nel rigettare il ricorso, anche in considerazione del fatto che con la nota di parziale riscontro resa dal Comune era già stata indicata l’identità dei destinatari dei controlli edilizi effettuati, e della previsione normativa di cui all’art. 31, comma 7, del citato D.P.R. n. 380/20015, a mente del quale il segretario comunale è obbligato a pubblicare mensilmente i dati relativi agli immobili e alle opere realizzati abusivamente, oggetto dei rapporti degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria e delle relative ordinanze di sospensione.
Per quanto sopra premesso, il Consiglio di Stato, II sezione, con la sentenza n. 1974 del 29 febbraio 2024, ha ribaltato la decisione di primo grado affrontando almeno due questioni dirimenti.
Infatti i giudici amministrativi di secondo grado premettono che il diritto di accesso agli atti del consigliere comunale trova un limite nella sua funzione stessa e, cioè, non può affiancarsi alla struttura amministrativa istituendo, di fatto, una nuova figura organizzativa parallela agli uffici comunali.
Ma poi proseguono affermando:
– che l’esercizio del diritto di accesso, riconosciuto dall’articolo 43 T.U.EE.LL., non è soggetto ad alcun onere motivazionale, anche se deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici e non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative o di disturbo;
– che, nel caso in esame, trattasi di un accesso limitato ad un ristretto arco temporale (quattro mesi) e che riguarda una materia, quella della vigilanza edilizia, che rientra fra quelle che presentano un interesse pubblico riconducibile al mandato dei consiglieri comunali;
– che il Comune non poteva invocare esigenze di riservatezza degli interessati in virtù del fatto che, accogliendo parzialmente l’istanza, già aveva comunicato, alla stessa ricorrente, i nominativi delle persone fisiche oggetto dei controlli nei quattro mesi attenzionati.
I giudici, poi, evidenziano che l’unico limite a cui soggiace l’accesso agli atti del consigliere comunale, vincente anche rispetto al dettato normativo del più volte citato articolo 43 T.U.EE.LL., è quello rappresentato dall’impossibilità di consentire la consultazione degli atti di polizia giudiziaria, coperti da segreto d’ufficio, ai sensi dell’articolo 329 codice di procedura penale (obbligo del segreto)6, norma a tutela degli atti compiuti dal pubblico ministero o dalla stessa polizia giudiziaria.
Tra l’altro, lo stesso segreto d’ufficio resiste anche alla previsione normativa del comma 2 dell’articolo 1 (principio generale di trasparenza) del decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33, c.d. “Decreto Trasparenza”7.
Per i principi sopra richiamati, secondo i giudici amministrativi, l’istruttoria del Comune alla base del diniego dell’accesso agli atti formulata dal consigliere comunale, è stata carente nella parte in cui non ha considerato che solo gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dall’obbligo di segreto investigativo, ai sensi del citato art. 329 c.p.p. e non tutti gli atti amministrativi relativi ai controlli edilizi, effettuati ai sensi dell’articolo 27 (vigilanza sull’attività urbanistica edilizia) del già citato D.P.R. n. 380/2001 (c.d. “Testo Unico Edilizia”), che, seppur inviati all’Autorità Giudiziaria, restano atti amministrativi. Evidentemente si tratta delle relazioni tecniche degli uffici tecnici e degli atti correlati, con l’esclusione dei soli atti afferenti ad attività giudiziaria d’iniziativa e delegata dall’Autorità Giudiziaria.
In definitiva, il Consiglio di Stato adito, conclude riformando la sentenza di primo grado, obbligando il Comune a consentire l’accesso agli atti indicati nelle citate istanze, con esclusione di quelli effettivamente svolti nell’esercizio di attività di polizia giudiziaria e, come tali, coperti da segreto investigativo, la cui individuazione non può che essere rimessa, in concreto, ai competenti uffici comunali, eventualmente con il supporto del pubblico ministero, in caso di dubbi interpretativi.
NOTE
- Decreto Legislativo 6 giugno 2001 n. 380 rubricato “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”.
- Decreto Legislativo 18 agosto 2000 n. 267, articolo 43 comma 2 che recita testualmente “I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge”.
- Comma 3. “Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”.
- la Legge 7 agosto 1990, n. 241, nota a tutti come la legge sul procedimento amministrativo, al Capo V (dall’articolo 22 all’articolo 28) contiene la disciplina completa sul c.d. accesso documentale.
- Comma 7. “Il segretario comunale redige e pubblica mensilmente, mediante affissione nell’albo comunale, i dati relativi agli immobili e alle opere realizzati abusivamente, oggetto dei rapporti degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria e delle relative ordinanze di sospensione e trasmette i dati anzidetti all’autorità giudiziaria competente, al presidente della giunta regionale e, tramite l’ufficio territoriale del governo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti”.
- P.R. 22 settembre 1988 n. 477.
- Comma 2. “La trasparenza, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d’ufficio, di segreto statistico e di protezione dei dati personali, concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione. Essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino”.
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