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DIMMI DOVE UCCIDI E TI DIRÒ CHI SEI, Gianluca Lombardi

Il libro “Tracce geografiche criminali. Teoria e tecnica del profilo geografico” di Domingo Magliocca

Gianluca Lombardi

Abstract: Pensare alla scena del crimine solo come il luogo dove il reato si è consumato è riduttivo, c’é sempre una relazione tra il luogo e il crimine che deve essere scoperta e compresa. La recensione del libro “Tracce geografiche criminali. Teoria e tecnica del profilo geografico” di Domingo Magliocca per Primiceri editore, con la prefazione di Asmir Butkovic.

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Non lasciatevi trarre in inganno dalla apparente fantasiosità del titolo, figlio anche di ricordi redazionalgiornalistici, quando a fine giornata occorreva chiudere le pagine e fare i titoli. Chi è del mestiere sa di cosa parlo e delle difficoltà che derivano dal dover centrare senso e ortografia, spazi a disposizione e sintesi. Sostenevo, allora, che per fare un titolo ci volevano almeno tre sigarette: questo me ne è costata qualcuna in più, pur non dovendo badare a tutti i criteri soliti. Perché il libro “Tracce geografiche criminali. Teoria e tecnica del profilo geografico” di Domingo Magliocca per Primiceri editore, con la prefazione di Asmir Butkovic, mi ha intrigato dalle prime righe. Il che, per essere un manuale, è discretamente anomalo. Come anomale risultano quindi queste righe, che non sono e non vogliono essere una recensione: e se lo fosse, sarebbe anomala anch’essa, ma per quelli che conoscono chi scrive non è una grande novità.

È un manuale, dicevamo, e come in tutti i manuali dentro ci troverete schemi e calcoli probabilistici; leggerete di curva di decadimento della distanza e raggio di operatività, indicatori di commutazione e ipotesi a cuneo. In un mondo ormai governato dagli algoritmi, quanto di più attuale, insomma. E non rimarranno, alla fine delle lettura, solo teoriche nozioni: l’ultimo capitolo è dedicato ad illustrare l’applicazione del profiling geografico ad alcuni casi pratici, noti e meno noti, in Italia ed in Europa. Dal caso del “mostro di Firenze” a quello di “unabomber”, dai “rapinatori del Pollino” allo “stupratore di Valladoid”, passando per diversi altri.

In poche e povere parole: nel manuale Magliocca spiega come sia riduttivo pensare alla scena del crimine solo come il luogo dove il reato si è consumato, ad un contenitore fisico dove sono contenute le tracce e di come invece deve essere considerato un riferimento spaziale, che gioca da titolare e dal primo minuto nella complessa partita dell’analisi della scena del crimine. Una “quarta dimensione” del crimine, dopo la legge, il criminale e la vittima, che può fornire informazioni utili per risalire anche alla possibile area di residenza del criminale.

E poi, per arrivare a descrivere le emozioni che mi ha provocato la lettura del libro, non posso non sottolineare come l’autore illustri con estrema competenza l’ipotesi circolare di David Canter, da molti considerato il padre indiscusso della psicologia investigativa, ed agli studi di Kim Rossmo, per la cui spiegazione rimando al manuale di Magliocca.

Vengo al punto, quindi: dietro tutto, anzi prima di tutto, c’è sempre l’Uomo. Che pensa, che immagina, che elabora, che (appunto) si muove. Termino con l’immagine che mi hanno restituito le parole del prologo del libro, laddove Magliocca spiega di come, da studente lavoratore raggiungeva Forlì per sostenere gli esami universitari. Immaginate un ragazzo (nel senso di giovane uomo) che esce dalla stazione ferroviaria, cammina per le strade che portano al suo punto di ancoraggio, osserva la gente, i negozi, il traffico, la fermata dell’autobus. Pensa a quanto tempo ha a disposizione, a dove trascorrere qualche momento libero, a dove quindi andare e dove no. E traduce tutto questo (detto così sembra semplice, ma parliamo di competenze professionali d’eccellenza) in un profilo geografico.

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