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NOTIZIE Roberto Castellucci

C’È TROPPA FROCIAGGINE, Roberto Castellucci

La comunicazione al contrario

Roberto Castellucci

Abstract: la dichiarazione di Papa Francesco sull’eccessiva presenza di omosessuali tra i seminaristi, fatta trapelare dall’incontro a porte chiuse del 20 maggio scorso, per lui che sin dall’inizio del pontificato si è contraddistinto per l’apertura verso tutti gli esclusi e gli emarginati, potrebbe non essere solo una svista ma una precisa azione per smantellare la lobby omosessuale interna al Vaticano, più che i sacerdoti o seminaristi gay.

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Fa ancora eco lo “scivolone” del Papa durante un incontro a porte chiuse con i vescovi italiani, il 20 maggio scorso, con i vescovi della CEI in Aula Paolo VI riportato dai media italiani.

Papa Francesco parlando dell’ammissione dei seminaristi e invitando i convenuti a non ammettere quelli dichiaratamente omosessuali, avrebbe commentato così: “C’è già troppa frociaggine“.

L’informazione è trapelata probabilmente da un alto prelato presente all’incontro e si è avuta la conferma della veridicità dalla successiva comunicazione, questa sì ufficiale, con la quale la Sala Stampa vaticana ha dichiarato che «Papa Francesco è al corrente degli articoli usciti di recente circa una conversazione, a porte chiuse, con i vescovi della Cei. Come ha avuto modo di affermare in più occasioni: nella Chiesa c’è spazio per tutti, per tutti! Nessuno è inutile, nessuno è superfluo, c’è spazio per tutti. Così come siamo, tutti. Il Papa non ha mai inteso offendere o esprimersi in termini omofobi, e rivolge le sue scuse a coloro che si sono sentiti offesi per l’uso di un termine, riferito da altri».

Fin qui si sono esposti i “fatti” ma, dietro questi, che cosa ci potrebbe essere? È noto il tentativo del Papa, sin dall’inizio del pontificato, di attuare una “politica” di inclusione: una tra le sue prime esternazioni fu “Chi sono io per giudicare (i gay, ndr)?”.

Seguirono poi la censura dei vescovi che non condannavano la criminalizzazione dell’omosessualità, l’approvazione delle unioni civili, i frequenti incontri con persone LGBT e la benedizione di coppie gay. Perché, dopo tutto questo, il Papa profferisce tale parola romanesca, volgare e offensiva?

Da qualche parte si è ipotizzato che il pontefice, di madrelingua argentina, non conoscesse il significato della parola o non ne fosse consapevole. Personalmente non credo in questa versione, il Papa si è sempre dimostrato lungimirante e molto fine nelle sue esternazioni più “politiche”.

È probabile invece che il suo obiettivo, pur con mezzi “boccacceschi”, fosse colpire la lobby omosessuale interna al Vaticano, più che i sacerdoti o seminaristi gay.

Quanto alla preferenza di genere dei prelati, il Papa si è sempre espresso verso la non spettacolarizzazione della tendenza, cercando da una parte di contenere il fenomeno e dall’altra di evitare scandali. Ma questo, occorre dirlo, anche verso i preti eterosessuali.

Un aspetto, invece, che spesso viene trascurato della comunicazione dei pontefici, è il loro riconoscimento di aver sbagliato e le consequenziali scuse. In questo caso il Papa interviene subito dopo il caso, con un suo comunicato che non lascia spazio, a parere dello scrivente, a interpretazioni ambigue. In questo modo il pontefice che si “serve” delle scuse esalta il suo aspetto umano, il suo “sporcarsi” nelle faccende terrene, il suo non nascondersi dietro un’infallibilità autoreferenziale, presuntuosa e arrogante (che non è quella canonicamente riconosciuta esclusivamente per le definizioni solenni dei concili ecumenici, imposta il 18 luglio 1870 da Papa Pio IX).

Linguisticamente, poi, lo scivolone del papa offre l’occasione per sdoganare momentaneamente una parola che fino a qualche lustro fa non avrebbe suscitato grande scandalo ma che poi, con la richiesta di attenzione da parte di associazioni, movimenti e anche semplici cittadini, sta orientando la comunicazione istituzionale, giornalistica e politica verso uno stile più “sostenibile” eticamente, moralmente e umanamente. E non “al contrario”…


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