Anche se il parcheggio condominiale è riconducibile a più proprietari
Abstract: Commette il reato di violazione di domicilio chi parcheggia il proprio veicolo in un’area condominiale senza l’autorizzazione dei proprietari della predetta area.
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Commette il reato di violazione di domicilio, ex art. 614 comma 11 c.p., chi parcheggia il proprio veicolo in un’area condominiale senza l’autorizzazione dei proprietari della predetta area.
Gli Ermellini sono giunti a tale conclusione in quanto l’area di parcheggio condominiale rientra tra le “appartenenze”, di cui al primo comma dell’articolo 614 c.p., ed è irrilevante se il sito sia di uso comune ad una molteplicità di persone.
Vi è di più. Ogni proprietario, seppur di una singola abitazione, ma afferente l’area condominiale adibita a parcheggio, ha un autonomo diritto di esclusione da quei luoghi.
Questo è quanto è stato deciso con la sentenza della Corte di Cassazione, sez. V, n. 31700 del 5 maggio e depositata il 20 luglio 2023.
La vicenda processuale nasce da una condanna del Tribunale adito, poi confermata nel 2022 dalla Corte d’Appello di Napoli, nei confronti di un uomo che era stato dichiarato colpevole, per l’occupazione prolungata dello spazio di un parcheggio condominiale, del delitto di violazione di domicilio, oltre che per il delitto di invasione di terreni, ex art. 633 c.p..
L’imputato ricorreva in Cassazione per cinque motivi, eccependo, tra l’altro, il fatto che l’occupazione di un’area condominiale non poteva integrare il reato di violazione di domicilio, poiché un cortile condominiale non poteva ritenersi un domicilio non essendo qualificabile tale spazio antistante all’edificio come abitazione o dimora della vittima. La parte insisteva aggiungendo che si trattava di un’ampia area paragonabile ad una piazza, alla quale accedevano liberamente soggetti diversi dai condomini; la parte specificava, inoltre, che nella predetta area insistevano anche due istituti scolastici e che, pertanto, non vi poteva essere stata un’interferenza nella vita domestica del querelante.
La S.C., facendo addirittura riferimento ad una sentenza delle SS.UU. del 20172, rispetto al concetto di pertinenzialità per un caso di furto in abitazione, ex art. 624 bis comma 1 c.p.3, evidenziava come l’area condominiale in questione fosse da ritenere a tutti gli effetti pertinenza del condominio e rientrasse quindi nel concetto di privata dimora tutelato dalla disposizione di cui all’art. 614 c.p., che non richiede la disponibilità esclusiva del proprietario, bensì che si tratti “semplicemente” di luogo non aperto al pubblico, ovvero che si tratti di luogo che, nel caso di specie, non sia accessibile a terzi senza il consenso del titolare, anche se i terzi siano coloro che vi accedono per lo svolgimento di attività lavorativa o professionale.
La Corte concludeva, pertanto, dichiarando inammissibile il ricorso e condannando il ricorrente a 3.000 euro di spese processuali in favore della Cassa delle Ammende.
Sentenza interessante ed attuale per fatti ricorrenti nella vita di tutti i giorni. Ma una domanda nasce spontanea. E se per la stessa area condominiale il diritto di esclusione di un singolo condomino si scontrasse con l’autorizzazione di un altro condomino, magari a favore di un amico o di un parente? Sarebbe un esimente? Verrebbe meno l’elemento soggettivo?
NOTE
- 614 c.p. (Violazione di domicilio). Comma 1 . “ Chiunque s’introduce nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s’introduce clandestinamente o con inganno, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.”
- Cassazione SS.UU., sentenza 31345 del 23/03/2017;
- 624 bis c.p. (Furto in abitazione e furto con strappo). Comma 1. “Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per se’ o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da quattro a sette anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500.”
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