Nessuna condanna per chi rifiuta l’alcoltest
Abstract: La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n° 5894 del 13/02/2023, ha stabilito che la particolare tenuità del fatto può essere applicata alla condotta penalmente rilevante del rifiuto di sottoporsi all’alcoltest, previa verifica della condotta e dell’esiguità del danno e del pericolo.
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L’ art. 131-bis del codice penale, introdotto dal Legislatore nel 20051, disciplina l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto. La previsione normativa è finalizzata, da un lato, ad escludere la punibilitàdel colpevole per fatti costituenti reato con un grado di offensività particolarmente tenue ed in assenza dell’abitualità del comportamento e, dall’altro, a ridurre i carichi giudiziari.
Il nuovo istituto, applicabile nella giustizia dei Tribunali Ordinari, ma già conosciuto da tempo nell’ambito dei processi minorili, ex art. 32 DPR 22 settembre 1988, n. 448, e per i reati di competenza del Giudice di Pace, ex art. 34 D. lgs. 28 agosto 2000, n. 274, certamente ha diminuito il carico e l’ingolfamento delle aule giudiziarie ma, di contro, rappresenta un pericoloso “non deterrente” per chi ha una condotta comunque penalmente rilevante.
Con l’introduzione della particolare tenuità del fatto si ritiene che il Legislatore abbia creato una sorta di “ibrido” ovvero ha previsto una causa di improcedibilità durante le indagini preliminari e una causa di non punibilità dopo l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero.
Proprio in riferimento a tale istituto giuridico sono state emanate due recentissime pronunce sicuramente di notevole interesse, anche perché affrontano due questioni di diritto distinte afferenti il predetto istituto.
Andiamo per ordine. Con una sentenza del mese di febbraio2 è stata affrontata la questione dell’applicabilità dell’istituto de quo al “rifiuto di sottoporsi al controllo del tasso alcoolemico”, ex art. 186, comma 7 CdS3.
Secondo la Cassazione, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-bis c.p., è compatibile con il reato di rifiuto di sottoporsi al test alcoolemico, come già sancito dalle SS.UU. nel 20164, un anno dopo l’introduzione del nuovo istituto.
Secondo i Giudici una volta accertata la situazione pericolosa e dunque l’offesa, resta pur sempre uno spazio per apprezzare in concreto, alla stregua della manifestazione del reato, ed al solo fine della valutazione della gravità dell’illecito, quale sia lo sfondo fattuale in cui la condotta si inscrive e quale sia, in conseguenza, il possibile impatto pregiudizievole per il bene tutelato.
Pertanto nel caso affrontato dalla Corte risultava legittima l’applicazione della particolare tenuità del fatto, valutate le circostanze in cui il conducente/indagato veniva fermato da una pattuglia in transito mentre parcheggiava improvvisamente sul ciglio della strada.
Tale conclusione favorevole per l’indagato è scaturita dal fatto che la condotta illecita non abbia generato un contesto concretamente e significativamente pericoloso con riguardo ai beni indicati. Il giudizio sulla tenuità del fatto richiede, quindi, una valutazione complessa in relazione alle modalità della condotta e all’esiguità del danno o del pericolo e richiede una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità del caso concreto.
Gli Ermellini hanno ritenuto illegittimo il rifiuto, da parte dei giudici di primo e secondo grado, di applicare l’istituto della particolare tenuità del fatto, ex art. 131-bis c.p., richiesta dall’indagato, in quanto avevano omesso di indicare nella motivazione del diniego la valutazione complessiva e contestuale del fatto che, nella richiamata giurisprudenza apicale di legittimità, è indispensabile nello scrutinio della qualificabilità o meno del fatto medesimo come particolarmente tenue, ai fini della configurabilità della causa di non punibilità.
In definitiva secondo la Cassazione la particolare tenuità del fatto può essere applicata alla condotta penalmente rilevante del rifiuto di sottoporsi all’alcoltest, previa verifica della condotta e dell’esiguità del danno e del pericolo.
A corollario si segnala una sentenza di fine marzo5 con la quale è stato sancito che, in caso di rifiuto di sottoporsi al controllo, non vi è l’obbligo di dare avviso al conducente di farsi assistere da un difensore di fiducia che, come noto, è indispensabile, a pena di nullità, nel caso dell’effettivo controllo.
Rispetto alla seconda questione, prima solo accennata, con una recentissima Ordinanza del Tribunale di Patti6, è stata affrontata la possibilità dell’indagato di poter opporre veto alla richiesta di archiviazione, per particolare tenuità del fatto ed in mancanza di comportamento abituale, formulata dal pubblico ministero.
In sostanza il Giudice per le Indagini Preliminari ha affermato che “le prerogative costituzionalmente garantite al pubblico ministero in punto di esercizio dell’azione penale, l’argomento sistematico, la natura giuridica (ibrida) della non punibilità per particolare tenuità del fatto e i più recenti arresti giurisprudenziali inducono ad escludere che l’indagato possa vantare un diritto di veto in ordine alla richiesta di archiviazione ai sensi dell’art. 131-bis c.p.
In altri termini, l’indagato non può rinunciare all’archiviazione del procedimento a suo carico per particolare tenuità del fatto e non può imporre al pubblico ministero l’esercizio dell’azione penale per dimostrare la propria innocenza in sede dibattimentale“.
Ovviamente avverso la richiesta di archiviazione formulata per particolare tenuità del fatto, l’indagato può proporre opposizione ai sensi del comma 1bis dell’art. 411, c.p.p.7; inoltre l’indagato può argomentare e chiedere che il procedimento a suo carico sia archiviato per insussistenza del fatto, per assenza dell’elemento soggettivo, per estraneità alle condotte e in generale per infondatezza della notizia di reato e potrà indicare e chiedere, a tali fini, delle investigazioni suppletive.
In definitiva può opporsi, ex art. 411 c.p.p., dopo l’esercizio dell’azione penale, ma non può pretendere, invece, attraverso il proprio dissenso, che il G.I.P. trasmetta gli atti al P.M. affinché eserciti l’azione penale.
Da non dimenticare, poi, l’ulteriore rimedio previsto dal nostro ordinamento avverso qualsiasi provvedimento giurisdizionale, ovvero il ricorso per cassazione per violazione di legge, ex art. 111, comma 7, della Costituzione.
NOTE
- D. lgs. 18 marzo 2015, n. 28, come recentemente modificato dalla riforma “Cartabia”.
- Cassazione penale, sez. IV, sentenza n. 5894 del 13 febbraio 2023.
- Codice Penale, art. 186 cds (Guida sotto l’influenza dell’alcool) «7 -“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di rifiuto dell’accertamento di cui ai commi 3, 4 o 5, il conducente è punito con le pene di cui al comma 2, lettera c). La condanna per il reato di cui al periodo che precede comporta la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo da sei mesi a due anni e della confisca del veicolo con le stesse modalità e procedure previste dal comma 2, lettera c), salvo che il veicolo appartenga a persona estranea alla violazione. Con l’ordinanza con la quale è disposta la sospensione della patente, il prefetto ordina che il conducente si sottoponga a visita medica secondo le disposizioni del comma 8. Se il fatto è commesso da soggetto già condannato nei due anni precedenti per il medesimo reato, è sempre disposta la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI».
- SS.UU., sentenza n. 13682 del 25 febbraio 2016.
- Cassazione penale, sezione IV, sentenza n. 13271 del 30 marzo 2023.
- Tribunale di Patti, sezione GIP, Ordinanza n. 85/2022 del 20 marzo 2023;
-
Codice Penale, art. 411 c.p.p. (altri casi di archiviazione) «1-bis Se l’archiviazione è richiesta per particolare tenuità del fatto, il pubblico ministero deve darne avviso alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa, precisando che, nel termine di dieci giorni, possono prendere visione degli atti e presentare opposizione in cui indicare, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta. Il giudice, se l’opposizione non è inammissibile, procede ai sensi dell’articolo 409, comma 2, e, dopo avere sentito le parti, se accoglie la richiesta, provvede con ordinanza. In mancanza di opposizione, o quando questa è inammissibile, il giudice procede senza formalità e, se accoglie la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato. Nei casi in cui non accoglie la richiesta il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero, eventualmente provvedendo ai sensi dell’articolo 409, commi 4 e 5».
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