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PER LA SUSSISTENZA DELLA MINACCIA E’ SUFFICIENTE LA PROSPETTAZIONE DI UN INDETERMINATO MALE INGIUSTO?, Luigi De Simone

La Cassazione ha detto di si! (sentenza n. 31830/2024)

Luigi De Simone

Abstract: Secondo la Corte di Cassazione la condotta di chi minaccia un male ingiusto, anche se indeterminato, assume rilevanza penale se astrattamente idonea ad intimorire la vittima.

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La recente pronuncia della Cassazione n. 318301 ha di fatto ampliato le ipotesi di sussistenza della condotta penalmente rilevante riconducibile alla minaccia, punita dall’articolo 612 c.p.notoriamente formulato come reato di pericolo.

Veniamo ai fatti.

In realtà la Cassazione ha affrontato il ricorso di un condannato per il delitto di rapina impropria dal Tribunale di Pescara il 9 marzo 2023, con sentenza poi confermata dalla Corte di Appello de L’Aquila, per aver sottratto, unitamente ad un complice, la borsa della vittima ed essere scappato in bicicletta. La derubata riusciva a raggiungere i due ladri presso un esercizio commerciale, dove reclamava la restituzione della borsa, cosa non gradita da parte di uno dei due malviventi, che la minacciava di farle del male se non avesse desistito dalla richiesta. La derubata, spaventata, si chiudeva in auto e allertava le FF.P. che procedevano all’arresto del malvivente, mentre l’altro si era dato a precipitosa fuga non appena raggiunto dalla vittima all’interno del predetto esercizio.

Dopo la doppia condanna (primo e secondo grado) il condannato proponeva ricorso in Cassazione sul presupposto che il delitto commesso doveva essere considerato come furto in quanto insussistente la minaccia3 che, invece, aveva “trasformato” quella condotta di furto, ex articolo 624 c.p.4, in rapina impropria, ex articolo 628 comma c.p.5, in quanto, appunto, la minaccia era stata posta in essere successivamente alla sottrazione, da parte di uno dei due malviventi, al fine di assicurarsi l’impunità.

Secondo la Cassazione, in via generale, nel delitto di minaccia, l’elemento essenziale è rappresentato dalla limitazione della libertà psichica mediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato dall’autore alla vittima, senza che sia necessario che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente in quest’ultima, essendo sufficiente la sola attitudine della condotta ad intimorire, mentre è irrilevante l’indeterminatezza del male minacciato, purché questo sia ingiusto e possa essere dedotto dalla situazione contingente. Aggiungeva, poi, che il delitto di minaccia, nel caso concreto assorbito nel delitto complesso di rapina, in base all’articolo 84 c.p.6, è infatti un reato di pericolo, per la cui integrazione non è richiesto che il bene tutelato sia realmente leso, mentre la valutazione dell’idoneità della minaccia a realizzare la finalità intimidatoria va fatta avendo di mira un criterio di medialità che rispecchi le reazioni dell’uomo comune e costituisce un accertamento fattuale riservato al Giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità ove congruamente giustificato.

A tal proposito la S.C. evidenziava che la derubata, dopo la minaccia, per lo spavento e il pericolo percepito come concreto ed effettivo, si rifugiava nella sua auto e chiamava le FF.P., che giungevano sul posto di lì a poco.

Per tale motivazione i Giudici di Piazza Cavour respingevano il ricorso confermando la precedente condanna per rapina impropria.


NOTE

  1. Corte di Cassazione, sezione II penale, sentenza n. 31830 del 4 luglio e depositata il 5 agosto.
  2. Articolo 612 c.p. “Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 1.032 euro. Comma 2 – Se la minaccia è grave o è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno. Comma 3 – Si procede d’ufficio se la minaccia è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339, ovvero se la minaccia è grave e ricorrono circostanze aggravanti ad effetto speciale diverse dalla recidiva, ovvero se la persona offesa è incapace, per età o per infermità”.
  3. La rapina si differenzia dal furto proprio in ragione dell’elemento della violenza o della minaccia alla persona, le quali però devono essere riconducibili all’impossessamento, diversamente infatti si considerano la violenza e la minaccia come fattispecie autonome di reato.
  4. Articolo 624 c.p. “Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516. Comma 2 – Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l’energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico. Comma 3 – Il delitto è punibile a querela della persona offesa. Si procede, tuttavia, d’ufficio se la persona offesa è incapace, per età o per infermità, ovvero se ricorre taluna delle circostanze di cui all’articolo 625, numeri 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e 7-bis)”.
  5. Articolo 628 comma 1 “Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 927 a euro 2.500”.
  6. Articolo 84 c.p. “Le disposizioni degli articoli precedenti non si applicano quando la legge considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti di un solo reato, fatti che costituirebbero, per se stessi, reato. Comma 2 – Qualora la legge, nella determinazione della pena per il reato complesso, si riferisca alle pene stabilite per i singoli reati che lo costituiscono, non possono essere superati i limiti massimi indicati negli articoli 78 e 79”. In questo caso le autonome fattispecie di reato sono quelle di cui agli articoli 612 (minaccia) e 624 (furto) c.p.

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