La legittimità delle prove fisiche e dei limiti d’eta imposti dalle amministrazioni locali nei concorsi per la Polizia locale alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale.
[Ethica Societas anno 1 n.1]
In ogni pubblica amministrazione l’accesso è subordinato, di regola, al superamento di una prova concorsuale, la cui partecipazione è consentita nei limiti delle condizioni previste dallo specifico bando di selezione.
Tra questi risalta il requisito relativo all’età, indicato da ciascun ente in via del tutto discrezionale, secondo le ritenute esigenze dell’amministrazione medesima. E qui iniziano i problemi, perché la tematica al riguardo è molto controversa.
La nostra giurisprudenza si inquadra complessivamente sulla sentenza della Corte Europea, tanto è vero che dal 2003 sino al 2020 le pronunce dei TAR e della Corte di Cassazione si sono succedute nella emanazioni di sentenze discriminatorie[1].
Alla luce della richiamata sentenza della Corte di Giustizia Europea, anche il TAR Puglia-Sez. Lecce ha dato ragione al ricorrente rilevando i punti deboli del bando indetto dal Comune di Tricase ritenendolo discriminatorio, tanto è vero che la sentenza, ritenuto che: “…nel caso in esame, il bando in esame nonché il presupposto Regolamento locale stabiliscono sic et simpliciter il limite dei 40 anni di età, senza minimamente considerare le effettive condizioni fisiche dei candidati. Per tali ragioni, reputa il Collegio che le relative prescrizioni pur astrattamente legittime, tenuto conto delle finalità sopra illustrate sono, in concreto, sproporzionate, e dunque discriminatorie…”, ha quindi definitivamente accolto il ricorso e annullato per l’effetto gli atti impugnati, quindi bando di concorso e regolamento in quanto atto presupposto, nei limiti dell’interesse fatto valere dal ricorrente[2].
È intervenuto anche il giudice europeo[3] il quale ha stabilito che: “…nulla dimostra che le capacità fisiche particolari richieste per l’esercizio della funzione di agente della polizia locale siano necessariamente collegate ad una fascia di età determinata e non sussistano nelle persone che hanno superato una certa età[4]. Di conseguenza, nulla consente di affermare che il legittimo obiettivo di garantire il carattere operativo e il buon funzionamento del corpo degli agenti della polizia locale richieda di mantenere una certa configurazione delle età al suo interno, imponendo quindi di assumere esclusivamente dipendenti con età inferiore ai 30 anni. Per tale motivo, il limite di età fissato dalla legge delle Asturie costituisce un requisito sproporzionato…”[5].
Alcuni Comuni oltre a insistere nella fissazione di limiti anagrafici per l’assunzione in servizio nella polizia locale, li impongono anche nella mobilità a soggetti già vincitori di concorso, che hanno superato il periodo di prova e che prestano servizio da più di 5 anni, quindi che sono già a conoscenza della tipologia di servizio e delle norme.
Restano grandi dubbi sulla legittimità di tale limite in quanto il contestato limite di età risulti “giustificato” dalla specifica attività che il personale in questione sarà chiamato a svolgere, oppure se si debba ritenere una previsione arbitraria, peraltro introdotta a livello di singolo ente, in violazione dei principi di uguaglianza, di discriminazione nell’accesso al lavoro, e in contrasto con il principio di proporzionalità e ragionevolezza; specie nel caso della mobilità, atteso che l’esperienza e la maturità costituiscono fattori di positività.
Inoltre la nuova legge 28 maggio 2021, n. 76 di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 1 aprile 2021, n. 44 (c.d. decreto Covid) ha introdotto nuove regole nei concorsi, con ’introduzione delle prove digitali e selezioni rapide e trasparenti, in grado di rendere più veloce e semplice lo svolgimento dei concorsi.
In questo modo le Pubbliche Amministrazioni potranno disporre di risorse qualificate e in breve tempo, grazie a procedure concorsuali più snelle. Inoltre consentiranno di premiare il merito e valorizzare i percorsi formativi e i titoli di studio per le figure di alta specializzazione.
Ciò significa che, non possono essere fatte discriminazioni, non possono essere fatte prove differenti da ciò che è stato emanato dal Parlamento e che si vuole premiare chi, pur lavorando nell’ente di appartenenza, ha incrementato la propria preparazione professionale conseguendo titoli superiori a quelli per cui era stato al tempo vincitore di concorso.
In questo contesto normativo e giurisprudenziale appare davvero difficile comprendere la ragione per la quale le amministrazioni locali possano imporre prove fisiche e limiti di età e, altresì, come qualche comune (Massa ad esempio e qualche altro piccolo ente) non abbia ancora provveduto ad adeguare i propri regolamenti sulle assunzioni alla nuova normativa statale.
Non resta che dire Scientia non habet inimicum nisi ignorantem [Unico nemico della sapienza è l’ignorante], che si sottopongono a prove fisiche magari persone dopate, trascurando prove ben più importanti, come la valutazione psicologica/psichiatrica, fondamentale in soggetti che svolgono un lavoro particolarmente stressante e sono muniti anche di arma da fuoco.
Concludo riaffermando la posizione di UPLI-Unione Polizia Locale Italiana (www.unionepolizialocaleitaliana.it), che ha sempre sostenuto la necessità di togliere autonomia normativa agli EE.LL. in tema di Polizia locale, materia che anche nel vigente quadro costituzionale appartiene allo Stato e che è demandata alle Regioni e ai regolamenti comunali in virtù della previsione della L.65/1985 “Legge quadro sulla Polizia municipale”, a favore di un ordinamento nazionale che stabilisca in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale i requisiti di accesso e le modalità di svolgimento dei concorsi.
Nella prospettiva complessiva di una riforma dell’intero settore della sicurezza, partendo dalla ripartizione dei compiti e funzioni e dalla perequazione dei diritti e dei trattamenti economici, assistenziali e previdenziali, siamo stati tra i promotori della Consulta nazionale delle associazioni della Polizia locale d’Italia e confidiamo che il Parlamento e il Governo ci ascoltino sul progetto unitario di riforma che abbiamo elaborato.
NOTE
[1] TAR Cagliari, (Sardegna) sez. II, 05/12/2017, n.768 “…È illegittima la previsione, all’interno di un bando di concorso finalizzato alla predisposizione di una lista di mediatori interculturali, di un limite minimo di età, quale requisito di ammissione dei concorrenti. Una clausola di tale portata, infatti, contrasta con il principio previsto dall’articolo 3 comma 6 della legge 27/1997 che esclude limiti di età per la partecipazione a concorsi indetti da pubbliche amministrazioni, salvo deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni…”.
[2] TAR Puglia-Sez. Lecce, sentenza n.615/2020.
[3] L’imposizione di limiti di età possono essere motivo di annullamento di un bando pubblico secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata a pronunciarsi riguardo un caso di un cittadino spagnolo che aveva presentato ricorso al giudice nazionale avverso un bando statale per l’accesso nelle forze di polizia.
[4] L’Unione Europea ha previsto in tal senso una specifica direttiva, la 2000/78, la quale prevede il divieto di discriminazione basato sull’età quale elemento essenziale per il perseguimento degli obiettivi definiti negli orientamenti in materia di occupazione e la promozione della diversità nell’occupazione. La direttiva prevede comunque che in talune circostanze delle disparità di trattamento in funzione dell’età possono essere giustificate e richiedono pertanto disposizioni specifiche che possono variare secondo la situazione degli Stati membri.
[5] Sentenza C-416/13 Corte di Giustizia europea