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Codice della Strada Diritto Luigi De Simone NOTIZIE

RICHIESTE DI RISARCIMENTO DANNI, EX ARTICOLI 2051 E 2054 CODICE CIVILE, DERIVANTI DA INCIDENTI STRADALI, Luigi De Simone

Il punto di vista della Cassazione.

Luigi De Simone

AbstractLa Corte di Cassazione, si è recentemente pronunciata in più occasioni sulla corretta applicazione degli artt. 2051 e 2054 codice civile, stabilendo alcuni principi fondamentali, anche in termini di responsabilità oggettiva.

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Con questa breve disamina, analizzeremo tre Ordinanze della Corte di Cassazione afferenti la corretta applicazione degli articoli 20511 e 20542 del codice civile sulla richiesta di risarcimento danni, rispettivamente per danno causato da cosa in custodia, a seguito di sinistro stradale, e danno causato da veicoli in circolazione.

Esaminiamo per primo il caso affrontato dalla Cassazione con una recentissima Ordinanza, pubblicata lo scorso mese di luglio3.

Il fatto: nel 2001 un centauro perdeva la vita dopo che con lo scooter finiva con la ruota anteriore in una buca (di otto centimetri di profondità) presente sul manto stradale in un Comune campano e, successivamente, ne perdeva il controllo arrestando la corsa contro un palo della pubblica illuminazione.

Il risarcimento danni richiesto dai familiari della vittima all’Ente Comunale, per legge tenuto alla manutenzione e alla vigilanza delle strade, non veniva riconosciuto dal Tribunale di primo grado, nè, tantomeno, dalla Corte di Appello, sul presupposto che la condotta imprudente del centauro, che aveva guidato di notte, ad elevata velocità nonostante il vento forte e indossando un casco non omologato, aveva rappresentato un’incidenza causale esclusiva nella produzione dell’evento, escludendo ogni tipo di responsabilità a carico del Comune citato in giudizio.

I familiari ricorrevano in Cassazione eccependo l’errata applicazione dell’art. 2051 codice civile e del principio della responsabilità oggettiva, per la cui configurazione era sufficiente la sola dimostrazione del nesso causale tra la condizione della strada in custodia e l’evento dannoso, anche in considerazione del fatto che dalla CTU era emerso che proprio il dislivello di otto cm esistente sul manto stradale aveva avuto la funzione di “trampolino di lancio” per lo scooter condotto dallo sfortunato centauro.

La Suprema Corte ribaltava i due giudizi di merito, riconoscendo il risarcimento del danno patito, sul presupposto che doveva essere il Comune a mostrare in giudizio la prova liberatoria, nel momento in cui il danneggiato aveva dimostrato il nesso di causalità tra la cosa in custodia e l’evento dannoso4, non essendo a suo carico la dimostrazione, anche, della diligenza e della prudenza utilizzate nel relazionarsi con la cosa oggetto di custodia (la strada in questo caso). Inoltre il giudice di legittimità non riteneva che il Comune,  semplicemente evidenziando il forte vento in occasione del sinistro mortale, avesse assolto all’onere di dimostrare il caso fortuito, previsto dalla norma come causa di esclusione di responsabilità.

Le altre due Ordinanze citate, invece, si riferiscono a richieste di risarcimento danni, ex articolo 2054 codice civile, articolo dal quale sorge l’obbligo di assicurare i veicoli di cui all’articolo 1, comma 1, lettera rrr), del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 2095, e la cui mancanza è punita dall’articolo 193 del Codice della Strada6.

La prima Ordinanza, in ordine cronologico, tratta anch’essa di un sinistro stradale, con esito mortale, avvenuto nel 2002 tra un motociclo e un autoveicolo7. Nello scontro persero la vita entrambi gli occupanti del motociclo e il conducente del secondo veicolo.

La compagnia assicurativa del motociclo, convenuta in giudizio dai danneggiati, formulò domanda di regresso nei confronti del proprietario del motociclo in quanto il conducente deceduto era privo di patente, elemento che nel rapporto interno tra assicurato ed assicuratore avrebbe legittimato, a termini di polizza, l’eccezione di inoperatività della copertura assicurativa.

Il Tribunale di Gela, nel 2011, accolse la domanda di regresso formulata dalla compagnia assicurativa nei confronti del proprietario del motociclo, il quale impugnò la predetta sentenza fondando il ricorso sul fatto che il motociclo era stato affidato al figlio regolarmente patentato, al quale era stato proibito di farlo utilizzare da terzi e che, quindi, si sarebbe configurato un utilizzo contrario alla volontà del proprietario. Nel 2019, la Corte di  Appello di Caltanissetta, rigettò il ricorso sostenendo che il mero divieto verbale di utilizzare un veicolo a motore non bastava ad integrare l’ipotesi di circolazione prohibente domino.

Anche questa statuizione veniva impugnata dal proprietario del motociclo davanti alla Suprema Corte, sostenendo che l’utilizzo del motociclo era avvenuto contro la sua volontà e  che, tra l’altro, il ricorrente non era presente al momento del fatto. Il ricorso veniva considerato manifestatamente infondato in quanto secondo la Corte la formula della legge (“contro la volontà”), per pacifico orientamento consolidato della stessa Cassazione, va interpretata nel senso che per escludere la responsabilità del proprietario non basta dimostrare il suo dissenso, ma va, invece, interpretata nel senso che il proprietario di un veicolo a motore, per essere esente da ogni responsabilità, deve dimostrare di avere adottato ogni concreta misura per impedirne di fatto la circolazione. Addirittura la Cassazione si spinge oltre affermando che nemmeno il furto del veicolo può escludere la responsabilità del proprietario se egli non abbia adottato idonee misure per prevenirlo.

In conclusione, la responsabilità del proprietario non è affatto esclusa dalla circostanza che quest’ultimo, affidando il proprio veicolo a terzi, siano essi parenti, dipendenti o amici, accetta il rischio che il mezzo possa essere concesso in uso dall’affidatario ad altre persone.

Sarebbe esente da responsabilità solo nel caso in cui veicolo sia stato sottratto dalla disponibilità dell’affidatario senza colpa di quest’ultimo, ovvero  quando questi abbia adottato tutte le misure concrete, esigibili alla stregua dell’ordinaria diligenza, intese a prevenire, appunto, la circolazione del mezzo.

Concludiamo questa breve disamina approfondendo l’Ordinanza della Cassazione n. 164048 che tratta il caso dell’ennesimo sinistro stradale, fortunatamente non mortale, che vedeva coinvolto un ciclomotore, urtato da un’autovettura proveniente in senso opposto, che invadeva la corsia, e il cui conducente, a seguito della collisione, cadeva e riportava lesioni personali.

Il centauro ferito chiedeva il risarcimento danni rivolgendosi al Giudice di Pace competente che, invece, statuiva che entrambi i conducenti avessero concorso in pari misura e riconosceva, pertanto, solo parte del risarcimento. Il centauro ricorreva in quanto doveva dichiararsi l’incompetenza per valore del Giudice di Pace adito, dopo che la CTU medico legale, quantificava la somma richiesta a titolo di risarcimento del danno in oltre 49 mila euro e che, inoltre, si doveva dichiarare la esclusiva responsabilità della conducente dell’autovettura. Il Tribunale rigettava entrambe le censure. Il danneggiato non si arrendeva e ricorreva in Cassazione, la quale dichiarava inammissibile il ricorso per due motivi: per quanto riguarda la determinazione del valore della causa, fa fede la pretesa indicata nell’atto introduttivo del giudizio ma, soprattutto, in riferimento alla presunzione di colpa di entrambi i conducenti, ex articolo 2054 cc., la circostanza che l’autovettura avesse invaso completamente l’opposta corsia, non sarebbe stata ex se sufficiente a vincere la presunzione di colpa di cui all’art. 2054 cod. civ., essendo necessario, a tal fine, accertare che il conducente ferito fosse pienamente rispettoso delle norme sulla circolazione stradale e a quelle di comune prudenza tali da dimostrare che avesse fatto tutto il possibile per evitare l’incidente. Forse nel caso concreto si è contestato il fatto che il ciclomotore non viaggiasse accosto al margine destro della strada? Qualche perplessità resta.

Da quanto scritto ed analizzato, è evidente che il diritto al risarcimento del danno ha diverse angolazioni e innumerevoli sono le ripercussioni sulla vita di tutti i giorni, come in caso di incidenti mortali con coinvolgimento di altri veicoli, oppure per insidie stradali o per lesioni personali, con interessi economici non solo delle parti lese, ma anche delle compagnie assicurative chiamate a risarcire danni ingenti, a volte anche in termini di perdite di vite umane. Certamente occorre individuare un responsabile (o anche più di uno) anche se semplicemente imputabile di responsabilità oggettiva. Questo perché è sacrosanto il diritto al risarcimento dei danni patiti e perché il sistema italiano è strutturato in modo da non lasciare nessuno senza ristoro del danno subito9, a meno che non si sia contribuito in maniera esclusiva alla causazione dello stesso.


NOTE

  1. Articolo 2051 cc. (danno cagionato da cosa in custodia). Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
  2. Articolo 2054 cc. (circolazione dei veicoli). Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. – Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli. – Il proprietario del veicolo, o, in sua vece, l’usufruttuario o l’acquirente con patto di riservato dominio, è responsabile in solido col conducente, se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà. – In ogni caso le persone indicate dai commi precedenti sono responsabili dei danni derivati da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo.
  3. Cassazione, sezione III civile, Ordinanza n. 18518 del 7 febbraio 2024 e pubblicata l’8 luglio 2024.
  4. Vedi anche Cassazione, sezione III, sentenza n. 11152 del 27 aprile 2023, cassazione, sezione III, sentenza n. 26142 del 7 settembre 2023.
  5. Decreto rubricato “Codice delle Assicurazioni private”.
  6. Articolo rubricato “Obbligo dell’assicurazione di responsabilità civile”.
  7. Cassazione, sezione III civile, Ordinanza n. 15237 del 22 febbraio 2024 e pubblicata il 30 maggio 2024.
  8. Cassazione, sezione III civile, Ordinanza n. 16404 del 21 marzo 2024 e pubblicata il 12 giugno 2024.
  9. Soprattutto il Titolo IX del libro IV del codice civile (artt. 2043-2059).

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