Tra sociologia e markenting com’è cambiato il rapporto con la dimensione spirituale umana
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Abstract: Diventata oggetto del desiderio di molti, la Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma si vede protagonista di un fenomeno singolare: si è riscontrata un’affluenza massiccia di giovani e turisti, tutti in preda alla smania di accaparrarsi il selfie migliore grazie all’utilizzo di uno specchio.
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Chiara Dragone, Copywriter e Social Media Manager, studentessa di Lettere e Beni culturali presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
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SACRO E PROFANO
Può sembrare assurdo che una moltitudine di persone arrivino a visitare la chiesa non per il soffitto affrescato da Andrea Pozzo, o per l’idea di entrare in connessione con una spiritualità che ha il profumo dell’eternità, bensì per uno specchio posto al di sotto della navata centrale. Un semplice oggetto che nell’uso quotidiano restituisce un’immagine mortale, ma in questo contesto è artefice di un’aura imperitura. Trovandosi in un punto strategico, lo specchio offre un gioco di prospettiva intrigante. Posizionato opportunamente per apprezzare maggiormente l’effetto prospettico della volta, ora è diventato solo spettacolo, anzi, un grottesco rito.
Le persone sono disposte ad affrontare anche un’ora di fila pur di entrare nella chiesa e, noncuranti del patrimonio artistico che li circonda, camminano spediti verso il loro obiettivo, lo specchio, non interessati ad alzare minimamente lo sguardo verso le opere d’arte. Come automi, una volta raggiunta la destinazione sfoderano il telefono, come se fosse un’arma, e si preparano a immortalare il loro riflesso incorniciato da questo bagliore dorato.
Viene di conseguenza naturale riflettere sulla mutazione che avviene nel tempo dell’utilizzo previsto originariamente di determinati luoghi, fenomeno che va di pari passo con lo sviluppo sociologico.
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IL VALORE DELL’ARTE
I papi, i cardinali e le élite religiose commissionavano opere d’arte straordinarie per esprimere la loro autorità e ricchezza, e per fare ciò veniva utilizzato anche l’oro: simboleggiava la divinità e l’eternità, un’impronta terrestre su un qualcosa di ultraterreno.
Un tempo questa ostentazione artistica aveva lo scopo di avvicinare i fedeli e di imporre la propria posizione sulla gerarchia sociale e spirituale, utilizzando la chiesa stessa come un mezzo per veicolare un potere temporale.
Oggi quei luoghi non hanno più quegli obiettivi. Si sono tramutati in un mero palcoscenico, dove l’opulenza fa da sfondo in una quotidianità ormai vissuta in rete. L’esigenza di elevazione si è spostata progressivamente dal sacro al sociale, il potere virtuale è simbolizzato dal numero di like, commenti e follower che si ottengono.
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LA FORZA DEI SOCIAL
Dietro questa trasformazione c’è però una costante, fulcro della debolezza umana: il desiderio di elevazione, che si mostra ora come un bisogno di visibilità e validazione sociale.
Pubblicando foto e contenuti, le persone non si limitano a tenere aggiornato il proprio profilo, ma comunicano un messaggio su chi sono, che valori rappresentano e tracciano un disegno ben delineato del modo in cui vogliono apparire agli occhi dei più.
L’immagine di sé che si costruisce sui social è frutto di un processo lungo e minuzioso, volto a creare una versione “migliore” e idealizzata dell’individuo. Questa visibilità sociale diventa così un modo per nutrire l’elevazione di sé stessi, una debolezza che sancisce la nostra umanità.
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