Quando lo sport è la migliore medicina contro l’invecchiamento a qualsiasi età
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Abstract: Lo sport in età avanzata può essere ancora più utile per migliorare il proprio benessere psicologico, biologico e sociale e per mantenere il fisico giovane e forte anche quando si arriva a una certa età, Oltre questo, può aiutare anche nella realizzazione di sé e far capire far capire l’importanza e i benefici dell’esercizio fisico come Filosofia di vita in età avanzata e correlare la vecchiaia come sinonimo di malattia e non di età.
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Sport e filosofia
La Filosofia dello sport è una disciplina filosofica che indaga il complesso mondo sportivo, cercando di far capire gli effetti metafisici, etico-morali, filosofici, educativi e sociopolitici dell’attività fisica, inteso come attività umana. Anche se la filosofia dello sport è un ambito di studio giovane e ancora in fase di crescita, la connessione tra attività fisica e filosofia è molto antica e profonda ed è stabilita da una condivisione a lungo termine di origine. L’antica Grecia, oltre ad essere stata il teatro del passaggio decisivo dal mythos al logos, è stata protagonista anche dell’istituzionalizzazione dello sport da competizione, ospitando i Giochi Olimpici antichi fin dal 776 a. C.
La Filosofia dello sport non si riduce, però, semplicemente al contesto storico di origine, ma può anche essere applicata come filosofia di vita e può essere applicabile anche in età avanzata.
Per una corretta impostazione pedagogica dell’orientamento sportivo è necessario avere consapevolezza che lo sport interessa tutte le età della vita umana, e in età avanzata può essere ancora più importante perché forma parte di quello che oggi è definito life-wide learning¹, vale a dire la formazione olistica acquisita nella sua pienezza in tutti gli spazi, i momenti ed i contesti vissuti dal soggetto-persona nel quadro temporale della sua esistenza come essere “totale” e non frammentato.
Life wide learning
L’orientamento sportivo più che al concetto di lifelong learning, sembra meglio adattarsi a quello di life-wide learning, perché riguarda più una esperienza di vita, che può essere anche saltuaria o casuale nel caso dello sport competitivo o dei giochi sportivi, da intendersi come uno spazio aperto che si prospetta come olistico, comprensivo e totalizzante, in quanto coinvolge il corpo e le esperienze che esso fa del mondo².
Alla luce di questo quadro dischiuso dal recente concetto di life-wide learning – ancora poco teorizzato in sede pedagogica – possiamo quindi affermare che l’orientamento sportivo rappresenta un insieme di processi educativi/formativi organizzati, formali e non formali, che vengono attuati nel contesto, attraverso e per -inteso come finalità- le attività sportive viste come esperienze che permettono alle persone di arricchire le proprie conoscenze, competenze ed eventualmente qualifiche, come nel caso delle professioni sportive, al fine di realizzare una completa crescita, un perfezionamento personale ed una partecipazione consapevole allo sviluppo culturale ed etico della società in cui vivono³.
La filosofia dello sport
La filosofia dello sport può caratterizzarsi come una disciplina di recente comparsa che si preoccupa delle analisi concettuali di argomenti relativi allo sport, includendo le caratteristiche del fenomeno -la sua natura e le sue finalità come metodi di studio- le questioni etiche ed estetiche in senso molto ampio. Infatti, se osserviamo questo campo di riflessione filosofica con una prospettiva storica più ampia, arriveremo alla conclusione che, sebbene la filosofia dello sport sia già affermata in diversi paesi, si tratta di una disciplina di recente creazione che porta ancora un certo stigma filosofico. In effetti, anche se possiamo trovare riflessioni filosofiche sul corpo o sulle attività, che in maniera generica chiamiamo giochi o prestazioni atletiche, negli autori dell’antichità o della modernità tali approcci filosofici non erano molto favorevoli alle attività fisiche, si pensi ad esempio al dualismo platonico o cartesiano.
Per Platone l’anima deve lottare con le esigenze e le passioni del corpo per ottenere finalmente armonia, moderazione e conoscenza.
Allo stesso modo, per Cartesio era necessario distinguere tra corpo e mente, sebbene entrambe le entità fossero collegate attraverso un problematico punto di giunzione, erano entrambe entità distinte con la fisica di rango inferiore. Tale visione si è mantenuta a grandi linee fino ai giorni nostri e, ciò nonostante, la rilevanza che lo sport ha acquisito nella società contemporanea⁴. Non è quindi strano che uno dei precursori della filosofia del XX secolo, Paul Weiss, si sia sentito perso in un deserto senza alcuna possibilità di orientamento poiché non esistevano praticamente studi accademici sullo sport (López Frías, 2012).
Lo sport nell’avanzamento dell’età
Con il termine età avanzata⁵, si intendono tutti quei cambiamenti fisici e psicologici che si verificano durante la vita di un organismo. A tal proposito, risulta interessante la definizione di invecchiamento attivo fornito dalla World Health Organization nel 2002 riportata in seguito: “L’invecchiamento attivo è definito come un processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, partecipazione e sicurezza per migliorare la qualità della vita delle persone che arrivano alla terza età”. Da questo concetto si evidenzia come esista un legame positivo tra l’adozione di uno stile di vita attivo nell’età avanzata. nell’ambito dell’attività fisica e sociale, e gli effetti positivi sulla salute e il benessere sia per quanto riguarda la condizione fisica sia per quella mentale, compresa la percezione di una migliore qualità e soddisfazione della vita. Per questo lo sport in età avanzata deve essere come una filosofia di vita.
Come può diventare l’attività fisica una filosofia di vita in età avanzata? La lettura pedagogica delle diverse età della vita convalida l’assunto che ogni stagione della vita richiede uno specifico investimento educativo nella continuità dello sviluppo e delle possibilità apprenditive che caratterizzano la persona dalla nascita alla morte. Il cambiamento e il miglioramento del soggetto avvengono infatti in tutto il corso della vita nella ri-definizione e ri-creazione dell’identità personale, senza che tali azioni comportino un tradimento del proprio essere. Quest’ultimo evento può caratterizzare l’anziano⁶ di oggi, il quale, in una società che aspira al perenne mantenimento dei canoni giovanilistici, tenta, a volte in modo patetico, di mascherare il proprio vissuto privando così sé stesso e gli altri della saggezza acquisita, secondo l’espressione usata da Erikson⁷.
Il significato dell’invecchiamento oggi
Nonostante oggi si parli di invecchiamento non più in forma di decadimento ma come riadattamento e realizzazione, sicuramente l’anziano si ritrova a fare i conti con un cambiamento fisico, prima ancora che cognitivo e sociale, e in assenza dell’attività fisica, talvolta può essere inatteso o problematico, che può minare le sue capacità progettuali, il senso di salute e di benessere inteso in maniera olistica. Egli in tal modo ha la possibilità di vivere il tempo e di abitare lo spazio dell’età avanzata evitando l’autoemarginazione attraverso la sola analisi retrospettiva del proprio io mediante la restrizione degli spazi d’azione.
La ricerca di nuove opportunità d’azione e di compimento di sé passa anche attraverso il modo in cui il soggetto in età avanzata avverte il proprio corpo, cioè come insieme di percezioni interiori ed esteriori la cui duplicità si accentua appunto nella terza e quarta età⁸, contrapponendo la coscienza dell’acquisizione di maggior consapevolezza di sé, di forme rinnovate di attivismo e di libertà alla stereotipizzazione del soggetto in età avanzata da parte degli altri con un soggetto passivo, superato, inutile.
Generalizzando, si tende a suddividere l’età avanzata in quattro fasi: quella della tarda adultità, dai 60 ai 69 anni, quella dell’anziano giovane di mezza età, dai 70 ai 79 anni, che oggi comprende la terza età, quella dell’anziano-anziano, dagli 80 agli 89 anni, e quella del grande anziano otre i 90 anni⁹.
L’aumento delle aspettative di vita
È evidente che a mano a mano che aumentano le aspettative di vita cambiano anche le caratteristiche che connotano ogni singola stagione e si realizza un’apertura verso nuovi campi di attività educative.
Le nuove azioni formative possono, pertanto, essere attivate in risposta ai bisogni e alle attese del soggetto in età avanzata e non certo in maniera stereotipata e oggettiva. Inoltre, il mutamento dell’età della vita rinforza l’incertezza del soggetto circa le sue caratteristiche identitarie, anche perché sembra delinearsi una nuova fase che per alcune caratteristiche non partecipa più all’età avanzata ma si avvicina alla tarda adultità. Ci si riferisce alla stagione di vita che va dai 60 agli 80 anni, contraddistinta dell’emancipazione della persona dai vincoli lavorativi e da quelli familiari, della presenza generalmente di una buona salute e dall’esaltazione di una libertà strettamente individuale. Per qualcuno tale periodo costituisce una sorta di restrizione dell’adultità matura e una dilatazione dell’età avanzata appare come una: maturità supplementare, una seconda o anche terza maturità. Nel sentire comune è evidente come questa fase rappresenti diffusamente il punto culminante dell’esistenza: è l’età dell’individuo realizzato prima che sopraggiungano la senescenza e la morte; è il momento della piena indipendenza sottratta a qualsiasi responsabilità sociale, se non quella liberamente assunta e questa è la novità¹⁰.
NOTE:
[1] A. Tuijnman, K. Boström, Changing notions of lifelong education and lifelong learning, «International Review of Education», XLVIII, 1-2, 2002, pp. 93-110.
[2] N. J. Jackson, Lifewide Learning: History of an idea. (Chapter A1), N. Jackson, G.B. Cooper (Eds.), Lifewide Learning, Education and Personal Development, 2012, pp. 1-30, e-book disponibile online all’indirizzo: http://www.lifewideebook.co.uk/. Il concetto life-wide learning applicato a questa ricerca prova a far capire che non c’è una età specifica per imparare a prendersi cura del proprio corpo (anche in età avanzata) attraverso lo sport.
[3] S. Casucci, Tutorship e apprendimento. Per una relazione di qualità, Morlacchi, Perugia 2002, pp. 87-88.
[4] D’altra parte, è stato anche ricorrente che alcuni approcci allo sport sottolineassero che questa attività ha un altro aspetto negativo come la promozione di alcuni tratti caratteriali considerati negativi come la competitività.
[5] In questo articolo la parola: “vecchiaia” sarà solo scritta quando si parla di malattia, in quanto la vecchiaia può essere la madre di tutte le malattie. Fino a che l’anziano è buona salute grazie a una sana attività fisica, possiamo chiamarla: “età avanzata”. Si può definire “vecchio” colui che è malato.
[6] In questa parte si utilizza i termini anziano o soggetto in età avanzata per indicare persone over 65 in buona salute. Lo stesso dicasi per l’uso di espressioni “senescenza” e “vecchiaia”, nonostante alcuni studiosi abbiamo proposto di distinguere i due concetti in quanto la vecchiaia nello specifico, viene “intesa come quell’insieme di modificazioni età associate che si riflettono negativamente sulla funzionalità e sulla capacità di sopravvivenza dell’individuo” (A. Cherubini, R. Rossi, U. Senin, Attività fisica ed invecchiamento. Una guida per la promozione della salute nell’anziano, EdiSES, Napoli 2002, p. 17). Per alcuni biologi e fisiologi, il termine di soggetto anziano non sembra sottendere necessariamente modificazioni peggiorative, ma una serie di cambiamenti che si verificano su di una scala temporale, senza una riduzione obbligatoria delle aspettative di vita dell’individuo. “Se, al contrario, intendiamo far riferimento ad una perdita di funzionalità biologica dell’organismo che avviene nel corso del tempo, il termine più consono da utilizzare è quelli di vecchiaia […]. L’invecchiamento, in ambito fisiologico, ci offre la possibilità di osservare il fenomeno della senescenza” (G.N. Bisciotti, L’invecchiamento. Biologia, fisiologia e strategie anti-aging, Calzetti Mariucci, Ferriera di Torgiano, pp. 12-14).
[7] E. H. Erikson (1982 e 1997), I cicli della vita, Continuità e mutamenti, nuova ed. con capitolo di Joan Erikson, Armando, Roma 1999; E. H. Erikson, H.Q Kivnick (1986), Coinvolgimenti vitali nella terza età. Vivere oggi l’esperienza delle terza età, Armando, Roma 1997.
[8] F. Pinto Minerva, La vecchiaia, Sguardi pedagogici, in M. Baldacci, F. Frabboni, F. Pinto Minerva, Continuare a crescere. L’anziano e l’educazione permanente, Franco Angeli, Milano 2012, p. 49.
[9] G.J. Craig (1982), Lo sviluppo umano, il Mulino, Bologna 1995, pp. 582-583. L’Organizzazione Mondiale della Sanità propone la seguente classificazione dell’età anziana: età anziana, fra i 65 ed i 75 anni; i grandi anziani, compresi tra i 75 e gli 85 anni; i longevi, che superano gli 85 anni di età e spesso necessitano di ricovero o di assistenza infermieristica. (Cfr. G.N. Bisciotti, L’invecchiamento, cit., p. 13).
[10] M. Gauchet (2009), Il figlio del desiderio. Una rivoluzione antropologica, Vita e Pensiero, Milano 2010, p. 27.
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