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LA RESISTENZA DELLA POLIZIA LOCALE, IL PRIMO ECCIDIO NAZISTA di Francesco e Massimiliano Mancini

LA STRAGE DI BARLETTA, PRIMO ECCIDIO NAZISTA, TRUCIDÒ I VIGILI URBANI

Abstract: nella ricorrenza della festa nazionale di liberazione del 25 aprile 2022, il ricordo della prima strage nazista. L’eccidio di Barletta è stato il primo atto di rappresaglia compiuto dai nazisti sul territorio italiano. All’arrivo delle truppe naziste a Barletta, la guarnigione italiana di stanza nella città reagì opponendovisi, ma non arrivando rinforzi i pochi soldati dovettero arrendersi e furono fatti prigionieri e il loro comandante, il colonnello Grasso, deportato in un campo di concentramento mentre nella piazza principale furono fucilati 11 vigili urbani e due netturbini.

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di Francesco Mancini
e di Massimiliano Mancini

L’armistizio

Il 3 settembre 1943 l’Italia firmò la resa incondizionata [nota come armistizio corto o Armistizio] agli Alleati angloamericani a Cassibile, frazione di Siracusa in Sicilia, ma non l’annuciò pubblicamente, nel rispetto di una clausola del patto che prevedeva che esso entrasse in vigore dal momento del suo annuncio pubblico, mentre si organizzava la fuga della famiglia reale da Roma.

Il pomeriggio dell’8 settembre 1943 alle ore 17:30 (18:30 per l’Italia) Radio Algeri trasmise il proclama in lingua inglese per bocca del generale statunitense Dwight Eisenhower e, costretto dagli eventi, alle 19:42 italiane il primo ministro generale Pietro Badoglio lo annunciò dai microfoni dell’EIAR [con quello che sarà noto come Proclama Badoglio].

I primi scontri dell’11 settembre presso Barletta

In seguito alla dichiarazione dell’armistizio ì tedeschi si diressero contro le truppe italiane, intimandogli di consegnare le armi e attaccando chi si rifiutava, mentre i fascisti si riorganizzavano per continuare a combattere al fianco dei nazisti.

I militari italiani di stanza a Barletta, con pochi uomini e poche armi, decidero di non piegarsi alle belve naziste e di non proseguire accanto ai fascisti a supportarli e si opposero con ogni sforzo, ben coscienti della sorte che li avrebbe attesi e questo loro eroico patriottismo è la ragione del conferiomento della medaglia d’oro al valor militare [1] concessa il 7 luglio 2003 alla città di Barletta;

«L’8 settembre 1943, il presidio di Barletta, modestamente armato, ma sorretto dallo spontaneo e fattivo sostegno dei cittadini, volle proseguire sulla via dell’onore e della fedeltà alla patria, opponendosi strenuamente alle agguerrite unità tedesche e infliggendo loro notevoli perdite. Soltanto il 12 settembre, dopo l’arrivo di soverchianti rinforzi tedeschi, il presidio, provato dalle perdite subite e sotto la minaccia della distruzione della città, fu costretto alla resa. Le truppe nemiche, occupata Barletta, per ritorsione trucidarono barbaramente 13 inermi cittadini che unirono così il loro sacrificio al valore dei militari in un comune anelito di libertà. La città di Barletta, fulgido esempio delle virtù delle genti del meridione d’Italia, consegna alle generazioni future il testimone dei valori scaturiti dalla rinascita della patria e dalla conquista della democrazia e della pace. Barletta 8-13 settembre 1943»

L’11 settembre le truppe naziste arrivarono alle porte di Bartletta e verso le ore 13.00 in loicalità Giussano vi fu uno scontro tra i soldati italiani e un’avanguardia tedesca che ebbe la peggio e furono fatti prigionieri quattro nazisti, catturato l’automezzo blindato e due mitragliatrici.

Alla stessa ora una motocarrozzetta con quattro soldati a bordo proveniente da Cerignola forzò il Caposaldo Cittiglio ma presso il Macello comunale uno dei quattro occupanti fu colpito e ucciso in un conflitto a fuoco con i soldati italiani, mentre gli altri tre sfuggirono e uccisero un giovane di 15 anni e si scontrarono nuovamente con soldati italiani di guardia alla Cabina Elettrica Galileo. Uno cadde sotto i colpi degli italiani un secondo gravemente ferito cercò scampo in uno spaccio di carni ove fu finito tra la folla inferocita.

Verso le 14:00 un altro automezzo tedesco penetrò in città e fu affrontato dal tiro dei fucilieri italiani che inferiori in numero e armamenti non poterono evitare il sabotaggio della linea Barletta-Bari.

La presa di Barletta

La sera dell’11 settembre, il feldmaresciallo Kesselring, preoccupato per la resistenza del Presidio Militare di Barletta, richiamò il maggiore Walter Gericke che il giorno precedente  si era scontrato vittoriosamente a Monterotondo (RM) con i soldati italiani della Divisione Piave, catturando quindici ufficiali e duemila uomini, per inviarlo a Barletta.

Il mattino del giorno 12, Gericke e i paracadutisti della II Divisione, furono rapidamente aviotrasportati a Barletta per supportare le forze tedesche che non riuscivano a occupare la città.

All’alba della domenica del 12 settembre, alle ore 7 gli italiani furono svegliati dal rombo di aeroplani nemici, che iniziarono la vendetta mitragliando edifici e chiese mentre le truppe naziste penetravano nelle strade della città con i carri uccidendo chiunque si trovasse lungo il loro percorso e sparando verso qualsiasi porta o finestra aperta o che venisse chiusa al loro passaggio.

Barletta fu attaccata dal II battaglione del 1º reggimento paracadutisti e dalla 2ª, 5ª, nonché dalla 6ª compagnia del 1º reparto cacciatori anticarro paracadutato per complessivi 1800 uomini scelti. Ii generali tedeschi riconobbero che nonostante l’inferiorità numerica e lo scarso armamento, la guarnigione italiana si arrese solo dopo «dura lotta» che comprendeva «combattimenti ravvicinati e nelle strade» [2].

 

La feroce barbaria nazista

I nazisti saccheggiarono i magazzini di tessuti e le oreficerie, rubando orologi, oggetti di valore e stoffe e, con il pretesto di cercare i soldati italiani, entrano anche nelle abitazioni private per imporre ai civili inermi la consegna della biancheria e dei loro risparmi.

Quando il presidio militare che difendeva la città si arrese, i militari furono internati e torturati, il comandante, colonnello Francesco Grasso, fu deportato nel campo di concentramento di Tschenstockau in Polonia e liberato solo alla fine della guerra patendo la fame e le torture.

L’occupazione della città, che durò sino al 24 settembre, si caratterizzò per la sanguinosa vendetta ai danni della popolazione civile con uccisione anche di vecchi, donne e bambini[3].

La barbaria nazista è la motivazione della medaglia d’oro al merito civile conferita alla città di Barletta l’08 maggio 1998[4]:

«Occupata dalle truppe tedesche all’indomani dell’armistizio la città si rese protagonista di una coraggiosa e tenace resistenza. Oggetto di una feroce e sanguinosa rappresaglia contò numerose vittime tra i militari del locale presidio e i civili che inermi e stremati dalle privazioni furono in molti casi passati per le armi sul luogo ove attendevano alle quotidiane occupazioni. Splendido esempio di nobile spirito di sacrificio ed amor patrio. Barletta 12 – 24 settembre 1943»

Foto di propaganda di guerra. Autore “Benschel”, fonte “Deutsches Bundesarchiv”.

 

L’eccidio dei vigili urbani

La caserma delle Guardie municipali era nell’angolo di via De Nittis e via Cappuccini nei pressi del Monumento ai Caduti, in due stanzette a pian terreno, quel 12 settembre vi erano presenti undici vigili urbani e due spazzini.

Quando arrivò la pattuglia di soldati tedeschi che circondò il comando con i carri armati, i vigili, che erano disarmati, furono fatti uscire dal loro ufficio e spinti contro il muro dell’Ufficio delle Poste e Telegrafi.

Mentre erano ritti spalle al muro, Benschel, il fotoreporter tedesco, li fotografò mentre guardavano le belve naziste che montavano la mitragliatrice di fronte a loro, hanno atteso il loro destino connquesya ulteriore sofferenza e quindi una prima raffica, una seconda, un’altra ancora e i tredici caddero in un groviglio di corpi squarciati con il sangue arrossava le pietre. Erano le ore 9:30 circa.

Nella fotografia si vede il gruppo dei vigili urbani e di netturbini nel più completo lo sbigottimento dei più, i vigili Antonio Falconetti e Pasquale Del Re che stanno apostrofando il tedesco che li minaccia con la pistola e, accanto a loro, con le le mani alzate, tesi a seguire ciò che viene detto e urlato sono Luigi Gallo, Vincenzo Paolillo, Gioacchino Torre, Francesco Paolo Falconetti e, tra i netturbini, Luigi Iurillo e Nicola Cassatella, accanto ci sono Pasquale Guaglione, Michele Spera e Francesco Gazia.

Foto di propaganda di guerra. Autore “Benschel”, fonte “Deutsches Bundesarchiv”.

 

I colleghi salvarono con i propri corpi il più giovane dei vigili urbani

Benschel dopo l’esecuzione riprende i cadaveri riversi sul marciapiede, il mucchio dei corpi che hanno fatto scudo al più giovane, Francesco Paolo Falconetti, che sarà ritrovato gravemente ferito ma vivo da  Addolorata Sardella e Lucia Corposanto, due popolane di Barletta, che coraggiosamente si avvicinarono al groviglio dei cadaveri e lo salvarono, venendo decorate di medaglia di bronzo al valor civile alla memoria.

L’episodio di Barletta fu uno dei primi eccidi che i tedeschi misero in atto nel nostro Paese, subito dopo l’armistizio.

I segni di quel giorno sono ancora visibili, nel muro sinistro dell’Ufficio Postale: i buchi lasciati dai proiettili, infatti, non sono mai stati ricoperti a perenne ricordo e memoria di quel tragico avvenimento.

Quello stesso giorno Mussolini fu liberato dai nazisti dalla prigionia sul Gran Sasso e iniziò la guerra di liberazione

Operazione Quercia era il nome in codice dell’operazione militare organizzata dai nazisti per liberare Mussolini dalla prigionia sul Gran Sasso (in tedesco Fall Eiche) fu il nome in codice di un’operazione militare durante la seconda guerra mondiale portata a termine il 12 settembre 1943 dai paracadutisti del Lehrbataillon comandati dal maggiore Harald-Otto Mors e dalle dalle SS comandate dal capitano Otto Skorzeny, che alla fine se ne attribuì totalmente il merito, spalleggiato in questo dalla propaganda nazista.

Atterrarono con degli alianti nel piano antistante l’albergo del Gran Sasso e senza alcuna reazione da parte delle guardie italiane, presero in consegna il duce e lo portarono a Monaco ad incontrare il Fuhrer.

Qualche giorno dopo Mussolini rientrò in Italia e fondò la Repubblica Sociale Italiana, i nazisti annetterono l’Alto Adige e inizio la guerra civile in Italia.

«Mussolini è stato liberato dai nazisti sul Gran Sasso, ciò vuol dire che ora egli sarà un vero e proprio fantoccio nelle loro mani, e se prima ha dovuto approvare la discriminazione razziale, contribuire alla deportazione degli ebrei aprendo anche campi di concentramento, entrare in questa maledetta guerra, ora immaginiamoci cosa potrà e dovrà fare. D’altronde già prima il Re lo aveva sbeffeggiato, rivelando che in Germania il duce era definito il ‘Gauleiter per l’Italia’, come riportato dal nobile tedesco Corrado di Baviera! … Ti rendi conto che ora persino i fascisti non sono più padroni, anzi dittatori, a casa loro? Ora inizierà la fase peggiore della guerra, gli italiani si uccideranno tra loro e i fascisti saranno più spietati, se possibile, dei loro capi nazisti. La morte e la distruzione saranno sovrane nel regno delle tenebre!”.»[5].

 

Il ricordo e la celebrazione del 25 aprile dell’UPLI-Unione Polizia Locale Italiana

[1] https://www.quirinale.it/onorificenze/insigniti/466.

[2] Schreiber Gerhard, La vendetta tedesca 1943-1945 Le rappresaglie naziste in Italia. Mondadori Milano 2000.

[3] Luigi Di Cuonzo (a cura di) La Memoria Settembre 1943: Antologia di Testimonianze e Saggi critici I Quaderni dell’Archivio n. 1.

[4] https://www.quirinale.it/onorificenze/insigniti/466.

[5] Massimiliano Mancini, L’altra faccia della luna, Frosinone 2017.

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