In tanti da tanti luoghi remoti per celebrare il 27 gennaio perché la Shoah è sempre attuale e non è come tante altre stragi
Abstract: Si è svolto presso l’Università di Roma Tre, promosso dall’Osservatorio Laboratorio Tutela Rispetto Emozionale Età Evolutiva (O.L.T.R.E.E.E.) della stessa università, da UPLI-Unione Polizia Locale Italiana e dalla nostra testata il convegno su “Odio razziale e terrorismo religioso“. Sono intervenuti in tanti, in presenza o collegati in remoto, per ricordare ancora ciò che è stata la follia della “soluzione finale” e per comprendere come quell’odio sia ancora attuale e pertanto si debba svolgere una costante azione di vigilanza e informazione.
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I relatori
Il convegno si è aperto con i saluti del prof. Matteo Villanova, direttore dell’Osservatorio O.L.T.R.E.E.E., docente presso l’Università di Roma Tre e socio UPLI, che ha introdotto il problema dell’odio verso il diverso e dell’atavico ruolo del popolo ebraico come “capro espiatorio”, proprio nel senso originario del termine, di tutte lecolpe dell’umanità. Il recupero del senso più vero della espressione ebraica lashon hara [in ebraico: לשון הרע?; “maldicenza“], condannata sia dalla legge ebraica così come in tutti gli altri contesti culturali, per distruggere il clima di denigrazione che alimenta il circuito dell’odio razziale/religioso è fondamento di una società democratica e civile.
Laura Crapanzano, criminologa e presidente nazionale UPLI, nel suo saluto ha posto l’accento sull’importanza della rete di vigilanza su queste forme insidiose e subdole di odio che genera violenza in forme variegate, dalle aggressioni private al terrorismo, dalle violenze verbali verbali -che ha sottolineato uccidono come la spada- agli attacchi fisici, specificando che la prevenzione non è un’attività meramente di polizia repressiva ma soprattuto basata su azioni educative.
Massimiliano Mancini, direttore della rivista Ethica Societas e segretario generale UPLI, ha posto l’accento sul valore delle parole, come ricordava Michelle Focault ne Le parole e le cose, che attribuiscono senso e significato alle cose anzi le caratterizzano, infatti nel Libro della Genesi, primo libro della Torah del Tanakh ebraico e della Bibbia cristiana, si afferma che Dio attribuisce il nome all’uomo e alla donna e a tutto il creato essendo sue creature. Per questa ragione ha stigmatizzato l’utilizzo del termine “razza” che non ha nemmeno un valore zoologico ma puramente zootecnico, infatti esso si utilizza non per classificare tutti gli animali ma unicamente quelli creati artificiealmente attraverso incroci e selezioni, infatti si parla di razze riferendosi agli animali da cortile, ai cavalli, ai cani, esseri viventi che non esistono in natura e non sono in grado di sopravvivere selvaticamente. Se Le parole sono pietre come dice l’opera di Carlo Levi, contestare e contrastare l’odio razziale serve ad alimentarlo e occorre quindi parlare di odio religioso o, al massimo, di odio etnico. D’altronde se si facesse riferimento alle presunte razze originarie derivate da Mosé, l’antisemitismo dovrebbe colpire anche le popolazioni arabe che lo sono anch’esse, derivando dal gruppo etnico linguistico semita. Infine ha posto l’accento sulle nuove forme di negazione della Shoah che hanno assunto una forma debole ma subdola, che porta a banalizzare questa tragedia, equiparandola a qualsiasi altra strage, quando essa invece ha una sua esclusiva unicità, ma addirittura ridicolizzando il termine per utilizzarlo persino nelle proteste antiscientifiche dei no-vax.
Jacopo Reale, dottore di ricerca dell’Università di Roma Tor Vergata, ha illustrato le forme che ha assunto nel corso dei secoli le forme dell’odio e delle violenze nei confronti degli ebrei. Dalle persecuzioni dei Romani, seguite alle rivolte dopo la conquista, alle accuse di deicidio da parte dei Cristiani, culminate con la segregazione nei ghetti a seguito dellì’editto di Papa Paolo IV del 1555. L’antisemitismo nazifascista, teorizzato nel Mein Kampf di Adolf Hitler e iniziato in Italia nel 1938 con le Leggi razziali, culminato con lo sterminio scientifico e metodico della “soluzione finale” per eliminare tutti gli ebrei dal mondo. L’odio antisemita ha contraddistinto anche la storia comunista, dopo le segregazioni imposte dagli zar, la rivoluzione bolscevica prima contrastò l’ebraismo in nome dell’ateismo di Stato e quindi si acuì con la campagna Stalinista contro gli ebrei russi definiti “cosmopoliti senza radici” che provocò uccisioni sommarie, processi farsa e licenziamenti di massa. Queste forme storiche di odio verso gli ebrei sono state oggi quasi offuscate dalle violenze islamiche antigiudaiche.
Renato Coen, caporedattore esteri di SkyTG24, dando una visione d’insieme del panorama europeo sul piano culturale e politico, organica seppur sintetica, appprofondita sebbene in termini semplici, spiegando come sia ancora attuale e strisciente l’antisemitismo in Europa e negli stati democratici e civili, prendendo forme subdole e striscianti, che sono strumentalizzate spesso per cavalcare il disagio sociale. Ha concordato sul rischio di banalizzazione della Shoah, richiamando quanto aveva già stigmatizzato Massimiliano Mancini, ribadendo cheè un fenomeno unico, una vera e propria ferita che colpisce l’intera umanità e non si deve credere che possa essere confinata a un periodo passato, rendendosi necessario mantenere sempre viva la memoria e il dibattito perché, come diceva Primo Levi: «Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre».
Gli interventi del pubblico
Gli interventi dei relatori hanno suscitato un ampio dibattito tra il pubblico presente nella sala conferenze e gli altri spettatori collegati in remoto. Ci sono stati anche momenti di garbata polemica allorquando c’é stata una domanda che ha riproposto un parallello tra l’odio antisemita e la Shoah e le politiche di esclusione dei cittadini e dei lavoratori che hanno scelto di non vaccinarsi. Il direttore Massimiliano Mancini, ribadendo quanto aveva già espresso nel suo intervento, ha stigmatizzato queste posizioni ritenute offensive di quanti hanno perso la vita nei lager nazisti. Anche altri relatori hanno rifiutato di porre qualsiasi assimilazione o similitudine con la Shoah.
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