L’ART.93 C.1-BIS DEL CDS È IN CONTRASTO CON LE NORME EUROPEE E QUINDI I GIUDICI DEVONO DISAPPLICARLE E ANNULLARE LE MULTE AI FURBETTI DELLA TARGA ESTERA (Tribunale Latina sentenza 12/05/2022 in riforma GdP Latina)
Abstract: Il Tribunale di Latina ha accolto il ricorso di un cittadino italiano che circolava con un’auto immatricolata all’estero, in appello della sentenza del Giudice di Pace che aveva confermato l’obbligo del divieto di circolazione dei veicoli con targa estera e la conseguente snzione prevista dall’art. 93 comma 1 bis del CdS, dichiarato illegittimo dalla Corte di Giustizia dell’UE poiché in violazione della sovraordinata normativa europea e in particolare dell’art. 63 del Testo sul Funzionamento dell’UE (TFUE) sicché non può ritenersi legittimamente irrogata una sanzione sulla base di una norma valutata non conforme al diritto comunitario. Inoltre ha compensato le spese poiché l’Amministrazione appellata ha applicato la disciplina vigente poiché il potere di disapplicazione della norma interna in contrasto con il diritto comunitario è consentito soltanto all’autorità giudiziaria e non anche alla pubblica amministrazione.
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IL FATTO
Un automobilista sanzionato per aver circolato con targa straniera nonostante fose residente in Italia e al quale era anche stato sequestrato il veicolo in data 20/02/2019, ricorreva al Giudice di Pace di Latina che discuteva l’udienza in data 30/10/2019 e quindi il 08/01/2020 depositava la sentenza n. 1289 con la quale rigettava il ricorso e confermava la sanzione principale e quella accessoria.
Avverso tale decisione proponeva ricorso al Tribunale di Latina, II sezione civile, in data 30/06/2020 contro la quale si costituiva la Prefettura di Latina, con comparsa del 16/12/2020, tramite l’Avvocatura dello Stato.
Con sentenza del 12/05/2022 il Tribunale ordinario di Latina ha accolto il ricorso, riformando la sentenza del Giudice di Pace e annullando la sanzione a carico del ricorrente.
LA POSIZIONE DEL RICORRENTE
L’automobilista sanzionato per la circolazione con targa estera, benché residente in Italia, deduceva che la norma contestata nel verbale si poneva in contrasto con il diritto comunitario, laddove vieta limiti alla circolazioni di
beni e persone, ed inoltre che era munito di delega alla conduzione del veicolo rilasciato dal proprietario ai sensi dell’art. 93 comma 1 ter[1] cds non adeguatamente considerata dagli operanti e poi dal giudice del primo grado.
Riproponeva inoltre la questione di costituzionalità già sollevata nel primo grado della norma contestata sotto vari profili.
LA POSIZIONE DEL RESISTENTE
La Prefettura di Latina sosteneva la legittimità del provvedimento contestato poiché l’appellante, essendo residente in Italia da oltre sessante giorni, conduceva il veicolo Audi A6 con targa estera commettendo l’infrazione di cui all’art. 93, commi 1bis[2] e 7bis[3] del Cds.
Rilevava inoltre la Prefettura che non ricorrevano neppure le condizioni di cui all’art. 93 comma 1ter, poiché al momento del controllo l’appellante non aveva prodotto idonea documentazione comprovante contratto di leasing, locazione senza conducente e comodato.
LA DECISIONE E LE MOTIVAZIONI
Il Tribunale ha ritenuto che la norma posta a base dell’infrazione contestata non è più vigente, essendo stata abrogata dalla legge 23 dicembre 2021 n. 238 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 17 gennaio 2022 in vigore dal 18 marzo 2022 a seguito della sentenza della Corte di Giustizia Europea pronunciata in data 16 dicembre 2021 (C–274/2020) che ha dichiarato che l’art. 93 comma 1 bis[2] viola le normative europee ed in particolare l’art. 63 del TFUE laddove stabilisce che “sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali di Stati membri” costituendo il prestito trasfrontaliero di autovetture movimento di capitali e proprio a seguito di detta pronuncia l’Italia ha introdotto nel codice della strada l’art. 93 comma 1 bis[2].
Quantomeno alcune di dette norme tuttavia – secondo la CGUE l’obbligo di reimmatricolazione in Italia sarebbe come una tassa sul comodato d’uso trasfrontaliero che favorisce quello nazionale – si pongono, come le precedenti, in contrasto con il Trattato dell’unione ed in particolare con l’art. 63 paragrafo uno che recita: “1. Nell’ambito delle disposizioni previste dal presente capo sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi”.
Già il trattato di Maastricht (TUE) aveva infatti introdotto la libera circolazione dei capitali tra le libertà sancite dai trattati e attualmente l’articolo 63 TFUE vieta tutte le restrizioni ai movimenti di capitali e ai pagamenti tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi.
Le sole restrizioni giustificate ai movimenti di capitali in generale, inclusi i movimenti all’interno dell’UE, sono stabilite dall’articolo 65 TFUE e comprendono: le misure necessarie per impedire violazioni della legislazione nazionale (in particolare nel settore fiscale e in materia di vigilanza prudenziale sui servizi finanziari, le procedure per la dichiarazione dei movimenti di capitali a fini amministrativi o statistici e le misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. In questo senso le nuove disposizioni contenute nell’art. 93 bis del CDS, non paiono potersi ricondurre ai casi previsti di deroghe e pertanto non risultano del tutto compatibili con il diritto comunitario così come interpretato nella citata sentenza CGUE del 16 dicembre 2021.
Pertanto, per non sollevare la questione innanzi alla Corte costituzionale, dovrebbe disattendersi il diritto dell’Unione Europea come interpretato della sentenza della Corte di giustizia UE.
Ciò non è tuttavia consentito dalla Legge 117/1988 e dalla giurisprudenza costituzionale, secondo cui proprio le sentenze delle Corti europee costituiscono la fonte interpretativa del diritto europeo, interposto tra la Costituzione e la legislazione ordinaria, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione. Come è noto, l’unica eccezione è quella di un contrasto insanabile tra la Costituzione e la normativa europea (cfr. Corte Costituzionale 49/2015),
ma nella specie un tale contrasto non appare in alcun modo ravvisabile poiché la disciplina previgente, in forza della quale è stato emesso il verbale opposto è già stata giudicata non conforme al diritto comunitario e la disciplina attuale riformula il divieto: i veicoli con targa estera di proprietà di residenti in Italia possono circolare per tre mesi da quando l’interessato ha preso la residenza in Italia.
Quindi c’è un mese in più per adeguarsi ma le sanzioni scattano anche se guida un residente all’estero perché conta chi è proprietario.
Tra l’altro, come è noto, l’art. 2 della L. 117/1988 prevede che la violazione manifesta del diritto dell’Unione Europea da parte del Giudice si abbia in caso di “contrasto dell’atto o del provvedimento con l’interpretazione espressa dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea”.
Pertanto in caso di conflitto della norma nazionale con norma comunitaria immediatamente efficace ed esecutiva sussiste l’obbligo di disapplicazione della norma interna in favore di quella U.E., interpretata nel senso vincolativamente indicato dalle sentenze della C.G.U.E. e detta disapplicazione avrebbe quindi dovuto procedere il Giudice del primo grado.
Nel caso in esame quindi tale ultima considerazione e la non ravvisabile continuità della condotta sanzionata tra quanto previsto dalla disciplina previgente e quanto previsto dalla attuale impone la riforma della sentenza e l’annullamento del verbale per intervenuta parziale “abolitio criminis” siccome dettata da quanto stabilito dalla sentenza della CGUE 16 dicembre 2021 (C–274/2020) che ha dichiarato che l’art. 93 comma 1 bis, già posto a base della contestazione, viola le normative europee ed in particolare l’art. 63 del TFUE sicché non può ritenersi legittimamente irrogata una sanzione sulla base di una norma valutata non conforme al diritto comunitario.
Le ragioni decisorie impongono la compensazione delle spese di lite anche per il presente grado del giudizio poiché l’Amministrazione appellata ha applicato la disciplina vigente e pertanto non ha dato causa al contenzioso poiché il potere di disapplicazione della norma interna in contrasto con il diritto comunitario è consentito soltanto all’autorità giudiziaria e non anche alla pubblica amministrazione.
P.Q.M.
il Tribunale di Latina, monocraticamente e definitivamente pronunciando nella causa n. 3071/2020 , ogni diversa domanda rigettata così provvede:
- accoglie l’appello e in riforma della sentenza n. 1289 del 30.10.2019 emessa dal Giudice di Pace di Latina annulla il verbale n. 976567328 e il verbale di sequestro amministrativo del veicolo;
- compensa le spese del giudizio per entrambi i gradi del giudizio.
Latina, 12 maggio 2022
IL GIUDICE
dott. Stefano Fava
NOTE:
[1] D.Lgs. 30 aprile 1992 n.285, Nuovo Codice della Strada, art. 93 (Formalità necessarie per la circolazione degli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi) comma 1–ter «Nell’ipotesi di veicolo concesso in leasing o in locazione senza conducente da parte di un’impresa costituita in un altro Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo che non ha stabilito in Italia una sede secondaria o altra sede effettiva, nonché nell’ipotesi di veicolo concesso in comodato a un soggetto residente in Italia e legato da un rapporto di lavoro o di collaborazione con un’impresa costituita in un altro Stato membro dell’Unione europea o aderente allo Spazio economico europeo che non ha stabilito in Italia una sede secondaria od altra sede effettiva, nel rispetto delle disposizioni contenute nel codice doganale comunitario, a bordo del veicolo deve essere custodito un documento, sottoscritto dall’intestatario e recante data certa, dal quale risultino il titolo e la durata della disponibilità del veicolo. In mancanza di tale documento, la disponibilità del veicolo si considera in capo al conducente.».
[2] D.Lgs. 30 aprile 1992 n.285, Nuovo Codice della Strada, art. 93 (Formalità necessarie per la circolazione degli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi) comma 1–bis «Salvo quanto previsto dal comma 1–ter, è vietato, a chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre sessanta giorni, circolare con un veicolo immatricolato all’estero».
[3] D.Lgs. 30 aprile 1992 n.285, Nuovo Codice della Strada, art. 93 (Formalità necessarie per la circolazione degli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi) comma 7–bis «Alla violazione delle disposizioni di cui al comma 1–bis si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro712 a euro 2.848. L’organo accertatore trasmette il documento di circolazione all’ufficio motorizzazione civile competente per territorio, ordina l’immediata cessazione della circolazione del veicolo e il suo trasporto e deposito in luogo non soggetto a pubblico passaggio. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 213. Qualora, entro il termine di centottanta giorni decorrenti dalla
data della violazione, il veicolo non sia immatricolato in Italia o non sia richiesto il rilascio di un foglio di via per condurlo oltre i transiti di confine, si applica la sanzione accessoria della confisca amministrativa ai sensi dell’articolo 213».
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