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Diritto Luigi De Simone NOTIZIE

WHISTLEBLOWING: COPIOSA GIURISPRUDENZA SU PIU’ FRONTI, Luigi De Simone

….ma a volte è contrastante!

Luigi De Simone

AbstractNumerose, spesso contrastanti tra di loro sono, state le pronunce delle Autorità Giudiziarie di ogni ordine e grado, relative all’istituto del whistleblowing, fondamentale per combattere la corruzione sempre più dilagante nel nostro Paese. La conseguenza è che una pericolosa confusione si è creata sul tema della tutela del segnalatore rispetto a comportamenti ritorsivi attuati dalle Amministrazioni “segnalate”

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Come anticipato su questa testata lo scorso 14 giugno, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC)1, ha recentemente presentato la relazione annuale riferita al 2023. E’ evidente che come affermato su questa testata, fondamentale per combattere la corruzione, sempre più dilagante nel nostro Paese, è l’istituto del whistleblowing2, ovvero il meccanismo attraverso il quale si favoriscono le segnalazioni di illeciti e, nel contempo, si tutelano i segnalatori da possibili ritorsioni da parte della stessa Pubblica Amministrazione di appartenenza.

Sul tema un impulso è arrivato dal Decreto Legislativo 10 marzo 2023 n. 24 che obbliga gli Enti pubblici e privati a creare un’apposita sezione del loro sito istituzionale dedicata al whistleblowing, ove deve essere indicata anche la procedura di gestione delle segnalazioni, l’informativa privacy per i segnalanti e i riferimenti normativi dell’istituto giuridico.

Dalla prima legge sul whistleblowing del 20173, si è sviluppata una copiosa giurisprudenza a favore della tutela dei segnalanti detti anche whistleblower, quando questi subiscono ritorsioni in seguito ad una segnalazione. Dalla lettura delle sentenze,  emerge una trasversalità delle autorità coinvolte, con pronunce di Tribunali ordinari di primo grado (Giudice del lavoro), per la tutela del segnalante verso reazioni ritorsive del datore di lavoro, di Tribunali amministrativi contro provvedimenti sanzionatori dell’ANAC e di Tribunali penali in relazione alla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, come prevista ai sensi del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n.  231, proprio a dimostrazione della multidisciplinarità dell’istituto.

Iniziamo questa rapida rassegna giurisprudenziale analizzando due sentenze del Tribunale amministrativo di primo grado che ha annullato altrettante sanzioni amministrative irrogate dall’ANAC per condotte ritorsive nei confronti, rispettivamente, di un dirigente sanitario4 e di un segretario comunale5.

Nel primo caso il TAR Lazio tratta la vicenda di un dirigente medico di un’azienda sanitaria locale che segnalava alcune irregolarità amministrative riferite all’assunzione della moglie del Direttore della stessa struttura sanitaria, utilizzando il canale esterno di segnalazione, istituito direttamente presso l’ANAC, ai sensi dell’articolo 7 del citato Decreto Legislativo n. 24/236. Prima ed in concomitanza della segnalazione si avviavano tre procedimenti disciplinari nei confronti del segnalante, intrapresi dallo stesso Direttore, venuto a conoscenza della segnalazione in occasione del colloquio davanti al Collegio di disciplina, di cui era lui stesso il Presidente. Il segnalante destinatario del trasferimento per incompatibilità ambientale chiedeva l’intervento dell’ANAC che irrogava al Direttore una sanzione amministrativa pari ad euro 5.000, per aver adottato una misura discriminatoria. Incredibilmente il Tribunale adito dal Direttore annullava la sanzione irrogata dall’ANAC, in quanto riteneva superficiale l’istruttoria della stessa ANAC e, nel contempo, riteneva non ritorsivo il trasferimento, in quanto necessario per esigenze derivate dall’incompatibilità di tipo ambientale a seguito di un alterco con un’altra dipendente che aveva dato origine al terzo ed ultimo procedimento disciplinare a suo carico.

Nel secondo caso lo stesso Tribunale amministrativo tratta la vicenda di una segnalazione presentata da un dipendente comunale che lamentava di essere stato assegnato, in modo illegittimo, a mansioni superiori da parte del superiore gerarchico e richiedeva all’Amministrazione di sospendere, anche temporaneamente, la nomina dello stesso superiore gerarchico, in quanto soggetto non facente parte del comparto di riferimento. La segnalazione veniva inoltrata anche al Sindaco che ne riscontrava la infondatezza, incaricando il Segretario Comunale di effettuare le opportune valutazioni di carattere disciplinare. Quest’ultimo in sede disciplinare comminava, in un primo tempo, la sospensione dal servizio per dieci giorni e, successivamente, addirittura decretava il licenziamento disciplinare con preavviso, sul presupposto che il segnalante aveva posto in essere una grave violazione dei doveri professionali, aggravata dall’atteggiamento di totale indisponibilità. L’A.N.AC., su input del segnalatore licenziato, appurava la natura ritorsiva dei provvedimenti disciplinari della sospensione e del licenziamento con preavviso dello stesso dipendente comunale ed, in virtù del potere sanzionatorio riconosciuto, sanzionava con una sanzione amministrativa di euro 5.000,00 il Segretario Comunale, che si rivolgeva al Tribunale Amministrativo, il quale annullava anche in questo caso la sanzione irrogata dall’ANAC in quanto riteneva che la segnalazione del dipendente aveva finalità e volontà di avvantaggiare un mero interesse personale anziché l’integrità della Pubblica Amministrazione. Infatti la salvaguardia di un interesse personale attraverso l’istituto giuridico del whistleblowing è riconosciuta, purché vi sia anche un interesse della Pubblica Amministrazione, che nel caso concreto non veniva riscontrato.

Passiamo ora ad evidenziare due sentenze a favore del segnalatore. In particolare trattasi  di due Ordinanze del mese di agosto 2023, rispettivamente emesse dal Tribunale di Milano7 e dal Consiglio di Stato8.

La prima riguarda la segnalazione di una vendita in nero di biglietti e abbonamenti di un’azienda di trasporti locale. L’illegittima condotta di alcuni dipendenti fu segnalata all’azienda e al Comune della Città dal segnalatore che, successivamente, fu destinatario di quattro procedimenti disciplinari e, addirittura, di due procedimenti penali, di un demansionamento, di una sospensione dal servizio e di un licenziamento con destituzione dal servizio, tutti provvedimenti poi impugnati. Il Giudice del lavoro, interessato da una richiesta di provvedimento, ex articolo 700 codice di procedura civile,  ravvisava la sussistenza del fumus bonis iuris e del periculum in mora in ordine a quanto prospettato dal ricorrente, accogliendo il ricorso e ordinando la sospensione della delibera di destituzione dal servizio e di tutti gli atti conseguenziali, in quanto misure discriminatorie adottate successivamente alla segnalazione.

Il secondo caso riguarda, invece, una sentenza emessa cinque giorni dopo, ma dall’Autorità giudiziaria amministrativa di secondo grado. Il caso riguarda la illegittima condotta della vendita di diamanti ad un prezzo maggiorato da parte di istituti di credito, segnalata da un funzionario preposto all’attività di vigilanza di un noto istituto bancario, sanzionato per pratica commerciale illecita. Il segnalante veniva destituito dal servizio e, sulla richiesta di un ricorso cautelare, il Tribunale amministrativo di primo grado riteneva che non ci fossero i presupposti di un danno grave e irreparabile per sospendere il provvedimento di destituzione, mentre il Consiglio di Stato, valutava lesiva la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio e la sospensione dalla retribuzione, accogliendo il ricorso in continuità con la statuizione del Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, di cinque giorni prima, a tutela dei segnalanti.

Anche la questione del nesso di causalità tra segnalazione e provvedimento ritorsivo ha interessato numerose sentenze, ma con orientamenti divergenti.

Nel mese di gennaio 2023 il Tribunale di Salerno9 ha ritenuto che l’onere della prova del nesso causale ricade sul datore di lavoro che ha posto in essere la misura “ritorsiva”, obbligato a dimostrare la mancanza di collegamento della misura organizzativa messa in campo, con la segnalazione. Nel mese di marzo 2023 la Corte di Appello di Milano10 ha affermato, invece, che incombe su entrambi i soggetti, segnalante e datore di lavoro, l’onere di dimostrare, il primo che la misura discriminatoria costituisce seguito della segnalazione e il secondo che la misura adottata non costituisce conseguenza della segnalazione, bensì di esigenze ulteriori. Infine, a fine 2023 il Tribunale di Milano11 ha ritenuto, discostandosi dalle due precedenti statuizioni già divergenti tra loro, che l’onere della prova ricade solo sul segnalante. Insomma un po’ di confusione sul punto è evidente e pericolosa.

Proprio sull’illegittimità del licenziamento decretato come “ritorsione” ad una segnalazione, esaminiamo due sentenze che hanno appunto decretato l’esistenza del nesso tra segnalazione e misura adottata dal datore di lavoro.

La prima, del mese di gennaio 202212, ha affrontato il caso di un lavoratore, che dopo aver segnalato un utilizzo improprio del telefono aziendale da parte di colleghi, veniva colpito con la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per un periodo pari a sette giorni poiché, secondo il datore di lavoro, era stato inadempiente e successivamente veniva addirittura licenziato per un ulteriore addebito.  L’organo giudicante annullava i due provvedimenti sanzionatori comminati disponendo il reintegro dello stesso nel posto di lavoro.

La seconda, del mese di maggio 2024, emessa dalla Corte di Cassazione13, ha riguardato il caso del licenziamento per giusta causa di un dipendente che aveva segnalato l’omessa impugnativa di un avviso di accertamento di un importo rilevante (quattro milioni di euro) da parte di soggetti apicali di un ente in controllo pubblico locale, per la quale l’ANAC e la Corte dei Conti avevano accertato anche la  sussistenza di un danno erariale. I primi due gradi di giudizio avevano visto soccombere il whistleblower, mentre la Cassazione ha decretato la natura ritorsiva emessa a carico del predetto segnalatore.

La stessa Corte di Cassazione, nel mese di marzo 202314, aveva già affrontato un’altra questione. In tale circostanza la suprema Corte aveva stabilito che il regime di protezione previsto per il whistleblower, non può essere utilizzato come esimente dallo stesso, al fine di escludere la propria responsabilità rispetto a fatti illeciti che lui stesso commette sia da solo che in concorso con altri dipendenti.

Per quanto riguarda, invece, la responsabilità di una persona giuridica, ex decreto legislativo  8 giugno 2001, n. 23115,  l’adozione di un adeguato MOG 23116, con l’indicazione del canale di segnalazione, esclude la responsabilità amministrativa della stessa persona giuridica in quanto si è attivata per far emergere condotte non lecite. Questa è stata la decisione del Tribunale di Milano, II sezione penale, ad inizio 202417.

Come anticipato l’istituto del whistleblowing è multidisciplinare e coinvolge l’Autorità giudiziaria in maniera trasversale, con pronunce di Tribunali ordinari civile di primo grado (Giudice del lavoro), con pronunce dell’Autorità amministrativa di primo e di secondo grado e anche della Corte di Cassazione, senza dimenticare l’Autorità giudiziaria penale, la stessa Autorità Nazionale Anticorruzione e la Corte dei Conti. Tante componenti del sistema statale in campo che però potrebbero creare orientamenti divergenti come nel caso dell’onere di dimostrare il nesso causale tra la segnalazione ed il provvedimento ritorsivo.


NOTE

  1. L’ Autorità nazionale anticorruzione, in acronimo ANAC, è un’ Autorità amministrativa indipendente italianacon compiti di tutela dell’integrità della pubblica amministrazione, contrasto dell’illegalità, lotta alla corruzione, attuazione della trasparenza e di controllo sui contratti pubblici, introdotta dalla legge 6 novembre 2012, n. 190, poi modificata prima dal Decreto Legge 31 agosto 2013, n. 101, come convertito in Legge 30 ottobre 2013, n. 125 e poi definitivamente denominata ANAC, ai sensi del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 e convertita in Legge 11 agosto 2014 n. 114.
  2. Si ricorda il Decreto Legislativo 10 marzo 2023 n. 24 rubricato “Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali”, che sostituisce le disposizioni in materia previste dalla Legge n. 30 novembre 2017, n. 179 per il settore pubblico e dal Decreto Legislativo 8 giugno 2001, 231 per il settore privato.
  3. Legge n. 30 novembre 2017, n. 179.
  4. TAR Lazio, sezione I quarter, sentenza del 6 giugno 2023 e depositata il 18 settembre 2023.
  5. TAR Lazio, sezione I quarter, sentenza n. 236 dell’11 ottobre 2022 e depositata il 7 gennaio 2023.
  6. 7 (Canali di segnalazione esterna) – “comma 1. L’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) attiva un canale di segnalazione esterna che garantisca,  anche  tramite  il  ricorso  a strumenti  di  crittografia,  la  riservatezza  dell’identità  della persona  segnalante,  della  persona  coinvolta   e   della   persona menzionata  nella   segnalazione,   nonchè   del   contenuto   della segnalazione e della relativa documentazione. La stessa riservatezza viene garantita  anche  quando  la  segnalazione  viene   effettuata attraverso canali diversi da quelli  indicati  nel  primo  periodo  o perviene a personale diverso da quello addetto al  trattamento  delle segnalazioni, al quale viene in ogni caso trasmessa senza ritardo. – Comma 2. Le segnalazioni esterne sono effettuate in forma scritta tramite la piattaforma informatica oppure in forma orale attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica vocale ovvero, su richiesta della persona segnalante, mediante un incontro diretto fissato entro un termine ragionevole. – comma 3. La segnalazione esterna presentata ad un soggetto diverso dall’ANAC è trasmessa a quest’ultima, entro sette giorni dalla data del suo ricevimento, dando  contestuale  notizia  della  trasmissione alla persona segnalante”.
  7. Tribunale di Milano, sezione Lavoro, ordinanza del 20 agosto 2023.
  8. Consiglio di Stato, sezione VI, ordinanza n. 3381 del 25 agosto 2023.
  9. Tribunale di Salerno, sezione Lavoro, sentenza n. 13 del 10 gennaio 2023.
  10. Corte di Appello di Milano, sentenza n. 252 del 3 marzo 2023.
  11. Tribunale di Milano, sezione Lavoro, sentenza n. 3854 del 13 dicembre 2023.
  12. Tribunale di Bergamo, sezione Lavoro, sentenza n. 2 del 7 gennaio 2022.
  13. Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza n. 12688 del 9 maggio 2024.
  14. Corte di Cassazione, sezione Lavoro, ordinanza n. 9148 del 31 marzo 2023.
  15. Rubricato “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”.
  16. Il Modello Organizzativo e di Gestione (MOG), ex Lgs. n. 231/2001, è un insieme di protocolli, che regolano e definiscono la struttura aziendale e la gestione dei suoi processi sensibili che può ridurre anche il rischio di commissione di illeciti penali.
  17. Tribunale di Milano, sezione II penale, sentenza n. 1070 del 25 gennaio 2024.

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